Cnr, dalla cannabis una nuova arma contro il cancro alla prostata

«Nei modelli preclinici il Cbd, quando opportunamente combinato con altri fitocannabinoidi, è particolarmente efficace nel ridurre la crescita del cancro alla prostata refrattario agli ormoni»

[16 Febbraio 2023]

Si amplia lo spettro delle possibili applicazioni mediche della cannabis, e in particolare del Cbd, un suo componente non psicoattivo.

Grazie alla ricerca Cannabidiol alters mitochondrial bioenergetics via VDAC1 and triggers cell death in hormone-refractory prostate cancer; pubblicata su Pharmacological research a valle di uno studio che ha visto la ricercatrice del Cnr Alessia Ligresti come coordinatrice, è stato dimostrato come il Cbd sia in grado di contrastare la fase in cui il carcinoma prostatico diventa refrattario alla terapia ormonale.

I cannabinoidi di origine vegetale sono stati usati per molti decenni come agenti palliativi per i malati di cancro, ma negli ultimi anni diversi composti simili e farmaci a base di cannabinoidi sono stati oggetto di intense ricerche per la loro potenziale attività antitumorale.

«Il nostro studio dimostra come, nei modelli preclinici, il Cbd (approvato dalla Fda e già prescritto per trattare le convulsioni associate a diverse forme di epilessia infantile), quando opportunamente combinato con altri fitocannabinoidi non psicoattivi, sia particolarmente efficace nel ridurre la crescita del cancro alla prostata refrattario agli ormoni, prendendo di mira i mitocondri», spiega Ligresti.

Come argomenta la ricercatrice, una delle proteine ​​chiave che regolano la funzione mitocondriale, e che è responsabile sia del metabolismo cellulare che della via di segnalazione della morte/sopravvivenza cellulare, è VDAC1: «Legandosi al VDAC1, il Cbd determina un’accelerazione del metabolismo della cellula tumorale, innescando meccanismi di compensazione che attivano la cosiddetta morte programmata o apoptosi».

Lo studio fa luce sull’importanza di utilizzare queste molecole in combinazioni ottimali per sfruttare appieno il loro potenziale terapeutico come agenti antitumorali: «La speranza – conclude Ligresti – è che questi risultati favoriscano studi futuri, compresi studi clinici, sul possibile uso di cannabinoidi non psicotropi come coadiuvanti per il trattamento del cancro alla prostata».