La biologia sintetica usata per limitare la crescita batterica e coordinare la distribuzione di medicinali

Batteri per la lotta contro il cancro (VIDEO)

Ricercatori Usa hanno programmato E. coli per distruggere le cellule tumorali

[22 Luglio 2016]

I ricercatori del Massachusetts institute of technology (MIT) e dell’università della California – San Diego (UCSD) hanno reclutato nuovi soldati nella lotta contro il cancro: i batteri. Nello uno studio  “Synchronized cycles of bacterial lysis for in vivo delivery”, pubblicato su Nature, gli scienziati statunitensi descrivono come hanno programmato ceppi innocui di batteri per consegnare carichi tossici e Anne Trafton spiega su MIT News che «Se distribuiti insieme ad un tradizionale farmaco contro il cancro,  i batteri hanno ridotto aggressivi  tumori al fegato nei topi, molto più efficacemente rispetto alla loro solo  trattamento».

Il nuovo approccio, ancora a livello sperimentale di laboratorio, sfrutta la naturale tendenza dei batteri ad accumularsi nelle zone malate. Al MIT spiegano che «Alcuni ceppi di batteri prosperano in ambienti con bassi livelli di ossigeno, come i tumori, e la soppressione del sistema immunitario dell’ospite crea anche le condizioni favorevoli per prosperare per i batteri».

Sangeeta Bhatia, che insegna scienze della salute, ingegneria elettrica e computer science al MIT e fa parte del Koch institute for integrative cancer research e dell’Institute for medical engineering and science del MIT, conferma: «I tumori possono essere ambienti friendly per far crescere i batteri e stiamo approfittando di questo».

Bhatia e Jeff Hasty, un professore di bioingegneria dell’UCSD, sono i principali autori dello studio che ha coinvolto anche Omar Din e Tal Danino, un team che ha cominciato ad esaminare la possibilità di sfruttare i batteri per combattere il cancro diversi anni fa. In uno studio pubblicato nel 2015, i ricercatori si erano concentrati  sulla diagnosi di cancro,ed avevano progettato un ceppo di batteri probiotici (simili a quelli che si trovano nello yogurt) per realizzare un circuito genetico che producesse un segnale luminescente, rilevabile con un semplice test delle urine, che mostra se è presente un cancro al fegato.

«Questi ceppi innocui di E. coli  – scrive la Trafton su MIT News – , che possono essere sia iniettati che  consumati per via orale, tendono ad accumularsi nel fegato perché uno dei processi del fegato è quello di filtrare i batteri dal flusso sanguigno».

Il nuovo studio evidenzia che i ricercatori hanno “potenziato” i batteri con circuiti genetici artificiali che permettono ai microbi di uccidere le cellule tumorali in tre modi diversi: «Un circuito produce una molecola chiamata emolisina, che distrugge le cellule tumorali danneggiandone le membrane cellulari. Un’altra produce un farmaco che induce la cellula a un suicidio programmato, e il terzo circuito rilascia una proteina che stimola il sistema immunitario del corpo per attaccare il tumore».

Per evitare potenziali effetti collaterali di questi farmaci, i ricercatori hanno aggiunto un altro circuito genetico che permette alle cellule di rilevare quanti altri batteri sono nel loro ambiente, attraverso un processo noto come quorum sensing e spiegano che «Quando la popolazione raggiunge il livello dell’obiettivo prestabilito, le cellule batteriche si autodistruggono, rilasciando il loro contenuto tossico tutto in una volta. Alcune delle cellule sopravvivono per iniziare di nuovo il ciclo, il che richiede circa 18 ore, permettendo un rilascio ripetuto dei farmaci». La  Bhatia aggiunge: «Questo ci permette di mantenere il peso dei batteri su tutto l’organismo ad un livello basso e di mantenere il pompaggio dei farmaci solo nel tumore».

I ricercatori hanno testato i batteri in topi con una forma molto aggressiva di tumore del colon che si diffonde al fegato. I batteri accumulati nel fegato hanno cominciato il loro ciclo di crescita e rilascio del farmaco, riducendo leggermente la crescita del tumore, ma in combinazione con il farmaco chemioterapico 5-fluorouracile, spesso utilizzato per trattare il cancro al fegato, hanno ottenuto una drastica riduzione delle dimensioni del tumore,  molto più estesa di quando il farmaco è stato usato da solo.

«Questo approccio ben si adatta a tumori epatici – dice la Bhatia –  perché i batteri assunti per via orale hanno elevata esposizione proprio lì. Se si volesse trattare i tumori al di fuori l’intestino o del fegato con questa strategia, allora avremmo bisogno di somministrare una dose più elevata, iniettando direttamente nel tumore o aggiungendo homing strategies addizionali».

In studi precedenti, i ricercatori hanno scoperto che i batteri ingegnerizzati che sfuggono dal fegato vengono  cancellati dal sistema immunitario e che tendono a crescere solo in ambienti tumorali, il che dovrebbe contribuire a ridurre al minimo i potenziali effetti collaterali.

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  • Programmed cycles of bacterial drug delivery