Venturina, brucia il negozio Jia Jia Mai e torna (sempre in ritardo) la paura amianto

Le discariche dove smaltire in sicurezza l’amianto sono oggetto di contestazioni, mentre il pericolo sta nell’amianto non controllato (e presente ovunque sul territorio)

[6 Luglio 2020]

Nel primo pomeriggio di venerdì 3 luglio è divampato a Venturina Terme uno spaventoso incendio – di cui ancora non si conosce la natura – che ha completamente distrutto il negozio Jia Jia Mai: le fiamme hanno causato solo lievi sono i danni alle persone (riportati da due dipendenti dell’attività e da due vigili del fuoco) ma la paura è tanta, e continua a causa del rischio amianto.

La sindaca Alberta Ticciati si è immediatamente recata sul luogo dell’incendio insieme allo staff di protezione civile; una volta ricevuto il rapporto stilato da parte dei Vigili del fuoco Arpat e i responsabili della Azienda sanitaria Usl Toscana nord ovest, d’intesa con le altre autorità intervenute, ha preso atto della necessità di far evacuare in via precauzionale gli abitanti residenti a sud del fabbricato andato a fuoco. Circa 147 persone di 58 nuclei familiari hanno quindi dovuto abbandonare le proprie abitazioni, recandosi nella maggior parte dei casi da parenti ed amici e circa 15 persone presso due strutture ricettive che avevano disponibilità di alcune camere.

Il giorno successivo, con l’ordinanza n. 36 del 4 luglio, la sindaca ha disposto il  divieto di utilizzo della frutta e verdura raccolta nei terreni ricadenti all’interno dell’area interclusa tra la SS 398, il Fosso Corniaccia, il percorso pedonale di Via Pantalla e Via Indipendenza (è inoltre raccomandato un lavaggio accurato prima del consumo dei prodotti ortofrutticoli raccolti nella fascia di terreno di 500 metri oltre la stessa area).

«Dai primi accertamenti effettuati risulta probabile nel fabbricato andato a fuoco – spiegano infatti dal Comune – la presenza di componenti costruttivi in fibra di amianto e pertanto risulta opportuno, nelle more degli esiti dei campionamenti effettuati da Arpat, ordinare per la pubblica incolumità tutte le misure precauzionali e di messa in sicurezza dell’area e degli edifici limitrofi».

È un terrore ormai antico quello per l’amianto, messo al bando nel nostro Paese da oltre un quarto di secolo con la legge 257/1992, ma che dorme costantemente sotto le ceneri. Pronto a riaffiorare solo dopo un nuovo incendio oppure a causa del ritrovamento di pezzi di eternit in qualche discarica abusiva.

Le cose andrebbero probabilmente diversamente se ne avessimo paura sempre, e non solo dopo l’ultimo caso di cronaca. L’amianto è infatti nascosto ovunque intorno a noi: nel corso dei decenni è stato utilizzato come isolante termico nei frigoriferi, come materiale di coibentazione su treni, autobus e navi. Può essere presente in forni, stufe, ferri da stiro, tendaggi, tappezzerie e tessuti per abbigliamento. E, naturalmente, all’interno di fabbricati ed edifici (molti pubblici, compresi circa 250 ospedali e 2400 scuole).

La soluzione per rimuovere alla radice il rischio amianto è realizzare le bonifiche, che però non si fanno anche perché non abbiamo impianti a sufficienza dove smaltire in sicurezza in conseguenti rifiuti. Non a caso Legambiente, nel dossier sulle priorità nazionali d’intervento nell’ambito del Green deal europeo presentato a inizio anno, mette in evidenza «la necessità di avere discariche per il corretto smaltimento dell’amianto».

Un problema cui anche in Toscana dobbiamo farci carico. Ci sono almeno 2 milioni di tonnellate di amianto ancora da bonificare in Toscana, che da sempre non sappiamo dove smaltire: già il Piano regionale rifiuti redatto nel 1999 metteva in guardia contro «una strutturale carenza di impianti per lo smaltimento».

Carenza che non fa che aggravarsi, dato che anche i pochi siti disponibili si vogliono chiusi e di nuovi non se ne vogliono. Sta accadendo per la discarica de La Grillaia a Chianni, nonostante il parere positivo arrivato (anche) dall’Arpat, e non lontano dal luogo dell’incendio a Venturina è accaduto per Rimateria, che avrebbe potuto gestire in sicurezza rifiuti contenenti amianto. Ma quando si parla di amianto (e non solo) si ha più paura delle soluzioni possibili che del problema stesso.