Trovate microplastiche sulla vetta dell’Everest

Identificate fibre di plastica in campioni di neve raccolti a 8.440 metri sul livello del mare

[24 Novembre 2020]

Il team di scienziati britannici, nepalesi e statuinitensi che ha pubblicato su One Earth lo studio “Reaching new heights in plastic pollution – preliminary findings of microplastics on Mount Everest” ha identificato le microplastiche trovate più in alto sulla Terra: a 8.440 metri, vicino alla vetta del Monte Everest.

All’università di Pymouth che ha guidato la ricerca  spiegano che «I campioni raccolti sulla montagna e nella valle sottostante hanno rivelato quantità sostanziali di fibre di poliestere, acrilico, nylon e polipropilene, materiali che sono sempre più utilizzati per realizzare l’abbigliamento outdoor ad alte prestazioni comunemente usato dagli scalatori, così come le tende e le corde da arrampicata utilizzate nei tentativi di scalare la montagna».

Per questo i ricercatori pensano che le fibre mai trovate così in alto sull’Everest potrebbero essere prodotte dalla frammentazione di oggetti più grandi durante le spedizioni alpinistiche per raggiungere la vetta più alta del mondo. Ma ipotizzano anche che la microplastica possa essere stata trasportata sul tetto del mondo  dalle altitudini inferiori a causa dei venti estremi che spazzano regolarmente i pendii più alti della montagna.

La ricerca, pubblicata su One Earth, è stata guidata dai ricercatori dell’International Marine Litter Research Unit dell’Università di Plymouth, in collaborazione con colleghi del Regno Unito, degli Stati Uniti e del Nepal. È stato supportato dalla National Geographic Society e da Rolex.

La principale autrice dello studio, Imogen Napper, ricercatrice dell’International Marine Litter Research Unit dell’università di Plymouth e esploratrice di National Geographic, spiega che «Le microplastiche sono prodotte da una serie di fonti e molti aspetti della nostra vita quotidiana possono portare le microplastiche a entrare  nell’ambiente. Negli ultimi anni, abbiamo trovato microplastiche in campioni raccolti in tutto il pianeta, dall’Artico ai nostri fiumi e alle profondità marine. Con questo in mente, trovare microplastiche vicino alla cima del Monte Everest ci ricorda tempestivamente che dobbiamo fare di più per proteggere il nostro ambiente».

I campioni sono stati raccolti ad aprile e maggio 2019, nell’ambito del National Geographic e del Perpetual Planet Everest Expedition di Rolex, e poi analizzati in strutture specializzate a Plymouth. Dei 19 campioni di alta quota raccolti dalla regione del Monte Everest per l’analisi della microplastica, 11 erano neve del campo base dell’Everest e raccolta in alto nella Death Zone vicino alla cima della montagna, e 8 acqua di ruscelli che scorrono lungo i percorsi di trekking vicino al ghiacciaio Khumbu.

I ricercatori sottolineano che «Le quantità più elevate (79 fibre microplastiche per litro di neve) sono state trovate al Campo Base, dove si svolgono le spedizioni in vetta per periodi fino a 40 giorni. Tuttavia, evidenze sono state trovate anche nei Campi 1 e 2 della via di arrampicata, con 12 fibre microplastiche per litro di neve registrate nel Balcony».

Nei corsi d’acqua che scendono dall’Everest nel Sagarmatha National Park c’erano quantità inferiori di microplastiche e per gli scienziati questo potrebbe essere dovuto al flusso continuo di acqua creato dai ghiacciai della regione.

La prima conquista della vetta confermata dell’Everest nel 1953 ha coinciso con l’ascesa globale della plastica e del suo utilizzo globale. Dopo gli anni ’50, durante i quali c’erano pochissimi visitatori, il Sagarmatha National Park (che include l’Everest) nel 2016 era stato invaso da più di 45.000 visitatori, mentre nel 2019 sono stati rilasciati permessi di arrampicata per l’Everest in Nepal.

Durante questo periodo, la versatilità dei materiali plastici ha portato a un aumento sostanziale del loro utilizzo, che a livello globale è passato da 5 milioni di tonnellate negli anni ’50 agli oltre 330 milioni di tonnellate nel 2020.

Richard Thompson, a capo dell’International Marine Litter Research Unit dell’università di Plymouth, ha concluso: «Dagli anni ’50, le materie plastiche sono state sempre più utilizzate in tutti i tipi di prodotti a causa della loro praticità e durata. Tuttavia, sono quelle qualità che stanno, in gran parte, creando la crisi ambientale globale che stiamo vedendo oggi. Ora c’è il riconoscimento globale della necessità di agire, con lo stesso Nepal che impone regolamenti sulle spedizioni di arrampicata per cercare di arginare i problemi ambientali creati dai rifiuti. Questo studio e la nostra continua ricerca sottolineano solo l’importanza di progettare materiali che abbiano i vantaggi della plastica senza la sua eredità duratura e dannosa».