Diffuso l'ultimo aggiornamento dello studio Sentieri

Terra dei fuochi, arrivano nuovi dati ma a mancare sono sempre gli impianti per i rifiuti

Esemplare anche il caso dell’amianto: da ieri è protagonista di un nuovo processo, ma non sappiamo dove metterlo

[12 Gennaio 2016]

L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore della sanità (Iss), “Mortalità, ospedalizzazione e incidenza tumorale nei Comuni della Terra dei Fuochi in Campania” è stato nuovamente aggiornato anche lo studio Sentieri, una fase conclusasi in realtà nel maggio 2014. Nello studio epidemiologico si concentra l’attenzione su 55 comuni in Provincia di Napoli e Caserta, definiti ormai anche nel corpo legislativo statale (con la Legge 6/2014) come “Terra dei fuochi”.

«Il quadro epidemiologico della popolazione nei Comuni della terra dei fuochi – come riassume il Servizio studi della Camera dei deputati – è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità, dell’incidenza tumorale e dell’ospedalizzazione per diverse patologie, che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a inquinanti emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani. Si osservano in particolare eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori e eccessi di tumori del sistema nervoso centrale, questi ultimi anche nella fascia 0-14 anni. L’analisi evidenzia alcuni Comuni nei quali si sono rilevati specifici segnali che richiedono ulteriori e cogenti approfondimenti. Queste osservazioni concorrono a motivare l’implementazione del risanamento ambientale e l’immediata cessazione delle pratiche illegali di smaltimento e combustione dei rifiuti».

Con questo aggiornamento, il progetto Sentieri raggiunge dunque nuove vette di dettaglio sullo stato di salute dei cittadini che abitano la Terra dei fuochi, ma il quadro generale e le azioni incoraggiate dall’Iss sono purtroppo note da decenni. Da parte della scienza c’è la dovuta cautela nel collegare in rapporto di causa- effetto il dramma delle malattie con le deleterie condizioni ambientali dell’area, ma quanto sappiamo basta e avanza per suggerire azioni decise di risanamento. Il punto è che, nonostante tutti gli studi, la fase dell’azione ancora non è arrivata.

Era il 1998 quando la Terra dei fuochi venne riconosciuta come Sin (Sito d’interesse nazionale) da bonificare – poi derubricato a Sir, di competenza cioè regionale – nel 2013. Dopo lustri d’ignavia, nel febbraio 2014 il Senato ha approvato il già citato decreto legge per arginare l’eterna emergenza della Terra dei fuochi. Da allora non è cambiato molto, tanto che nella legge di Stabilità 2016 del governo Renzi si prevede l’istituzione di un (nuovo) Fondo «finalizzato ad interventi di carattere economico, sociale e ambientale nei territori della terra dei fuochi». La dotazione promessa ammonta a 150 milioni di euro per il 2016 e altrettanti per il 2017, ed è ampiamente insufficiente (lo stesso premier Renzi, in una prima versione della legge di Stabilità annunciava risorse per 450 milioni di euro).

Soprattutto, ancora non c’è traccia di un approccio concreto al problema di fondo: oltre alla mafia, all’illegalità e al malaffare, sulla Terra dei fuochi grava la mancanza di impianti adeguati – e legali – per il trattamento e lo smaltimento di quei «rifiuti pericolosi» evidenziati dall’Istituto superiore della sanità. Una grave mancanza, questa, che a dire il vero non interessa solo la Campania ma l’intero territorio nazionale. Una lacuna la cui ombra troneggia dietro ad altre mille “emergenze ambientali”, non ultima quella dell’amianto, tornato per l’ennesima volta protagonista nella cronaca giudiziaria italiana con il processo Olivetti aperto ieri a Ivrea.

Ad oggi, come certifica l’Ispra nell’ultimo rapporto dedicato ai rifiuti speciali: ne esportiamo in un anno 3,4 milioni di tonnellate, destinazione prediletta la Germania, che possiede gli impianti adatti (dietro lauto pagamento) per trattare i suoi e i nostri rifiuti. Questo per quanto riguarda i flussi legali, ovviamente. Per il resto la “soluzione” più comoda diventa la Terra dei fuochi, et similia. Lo scempio nel napoletano e nel casertano, infatti, non è certo opera dei soli campani. Anzi. Come documenta Legambiente, «dal 1991 al 2013 sono state censite ben 82 inchieste per traffico di rifiuti che hanno incanalato veleni da ogni parte d’Italia per seppellirli direttamente nelle discariche legali e illegali della Terra dei Fuochi, gestite della criminalità organizzata casertana e napoletana; inchieste concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, coinvolgendo ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia».

Per questi rifiuti, vale quanto sottolineato dallo stesso Cigno verde in relazione “all’emergenza amianto”. In Italia si conta 32 milioni di tonnellate di questo materiale, che nessun dovuto processo potrà – da solo – mai cancellare. Servono le bonifiche (per le quali il Collegato ambientale prevede alcuni incentivi), ma dopo i materiali da qualche parte vanno messi: «Per uscire da questo stallo – scrive ancora Legambiente – occorre attuare un’adeguata pianificazione per la realizzazione di una impiantistica di trattamento e smaltimento a supporto delle operazioni di bonifica». Ma gli impianti sul territorio, anche quando previsti da indirizzi di legge, non vengono fatti – e spesso anche a causa di esplicita contrarietà da parte dei cittadini, che mostrano paura e diffidenza nell’accogliere questi impianti. Con la conclusione che i rifiuti interrati illegalmente nelle campagne, magari già presenti da anni sui territori, continuano bellamente a proliferare anziché essere smaltiti in sicurezza.

Commentando la pubblicazione dei dati dell’Ispra, Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania, ha detto: «Sono bastate poche ore e tra contrapposizioni, speculazioni politiche si passa dal catastrofismo al negazionismo. E ancora una volta il solo a pagare è il popolo inquinato. Sono bastate 24 ore per assistere ad un copione già visto, con le solite speculazioni sul dramma di una popolazione. E nella contrapposizione di dati, studi, teorie in poche ore si passa dalla drammaticità al negazionismo creando ancora più confusione. E nonostante le rassicurazioni dell’ultim’ora, i rischi sanitari sono sempre più evidenti e ancora una volta i soli a pagare sono i cittadini. Le bonifiche di questo territorio sono tutte al palo: degli oltre 2000 siti inquinati censiti all’interno del perimetro dell’ex sito di interesse nazionale,Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano, solo per lo 0,2% sono stati fatti o sono in corso le attività di bonifica, solo il 21,5% è stato caratterizzato e analizzato, mentre per circa il 74% non è stata ancora svolta nessuna attività. Davanti a questi dati, una cosa è chiara ed inconfutabile il popolo inquinato e la parte sana dell’economia non possono più aspettare».