Sos fiumi italiani: abbondano microplastiche e rifiuti

Salviette umidificanti, frammenti di plastica e polistirolo, mozziconi di sigaretta tra i rifiuti più trovati

[12 Luglio 2021]

In occasione del  Big Jump 2021, organizzato ogni anno da Legambiente in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla qualità delle acque, per il recupero della balneabilità nei grandi corsi d’acqua e per tutelare la salubrità dei fiumi, il Cigno Verde  ha presentato, nell’ambito del progetto Zero plastica in mare realizzato in collaborazione con BNL Gruppo BNP Paribas, i risultati del primo monitoraggio nazionale delle microplastiche nei fiumi e dei rifiuti lungo le sponde (prima edizione)  realizzato in collaborazione con ENEA.

Il progetto Zero plastica in mare ha l’obiettivo quello di liberare mare e fiumi da almeno 15 tonnellate di plastica, l’equivalente di oltre 340mila bottiglie e contenitori. Il progetto prevede anche attività di citizen science, di pulizia, volontariato ambientale lungo 4 fiumi monitorati e attività di Fishing for Litter in 4 porti di Lazio, Campania, Marche e Emilia-Romagna.  A questo si aggiunge anche un’azione specifica di raccolta e riciclo legati alla dispersione di retine utilizzate negli allevamenti di mitili in mare, uno dei rifiuti più comuni nell’alto Adriatico.

Il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, ha evidenziato che «I dati che emergono dai nostri monitoraggi ci dimostrano ancora una volta l’importanza e l’urgenza di tenere alta l’attenzione anche sui fiumi e sui corsi d’acqua, su cui pesa sempre di più anche il problema dell’inquinamento da microplastiche e dei rifiuti abbandonati lungo le sponde. Per questo l’ 11 luglio, siamo tornati in diversi fiumi italiani con l’iniziativa Big Jump per chiedere una seria e concreta politica di tutela dei corsi d’acqua. Quest’anno abbiamo dedicato l’appuntamento al problema dell’inquinamento da microplastiche e rifiuti nei fiumi, molto diffuso e tema importante ma ancora non monitorato perché le norme sui controlli nelle acque interne non lo prevedono. I nostri dati sono i primi ad essere raccolti e pubblicati, con un’azione di citizen science straordinaria, che vuole fare da apripista per chiedere di considerare questo tipo di inquinamento nei monitoraggi istituzionali, come avviene per il mare e le coste, a livello europeo e nazionale. Sui fiumi inoltre continuiamo anche con il tuffo del 2021 a chiedere piani strategici che puntino ad eliminare gli scarichi inquinanti e a ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici, implementare la rete dei controlli ambientali e ricorrere a misure come la riqualificazione dei corsi d’acqua e il miglioramento del servizio di depurazione».

Dal monitoraggio realizzato si 11 fiumi emerge che «Microplastiche e rifiuti abbandonati non risparmiano neanche i fiumi italiani». Osservati speciali per la presenza di microplastiche sono stati il Volturno, in Campania, il Tevere nel tratto laziale, il Lambro in Lombardia e l’Isonzo in Friuli-Venezia Giulia.  Ne è risultato che «Il Tevere è quello che presenta una densità di microparticelle maggiore, pari a 1,14 microparticelle/m3; Lambro e Volturno registrano rispettivamente una densità pari a 0,51 e 0,56 microparticelle/m3, mentre l’Isonzo (SO) risulta quello meno concentrato, 0,02 microparticelle/m3. I numeri delle concentrazioni medie possono sembrare esigui, ma se consideriamo la portata media dei fiumi oggetto della campagna possiamo immaginare la quantità di microplastiche che vengono trasportate fino a mare, laghi o altri fiumi: nel Tevere ogni secondo passano in media 230 m3, per l’Isonzo la portata è di 172 m3/s, per il Volturno arriviamo a 82 m3/s mentre per il Lambro la portata media ammonta a 5,8 m3/s».

Il campionamento delle microplastiche nei quattro fiumi monitorati è avvenuto da stazioni fisse (ponti) e utilizzando la rete “manta”, ossia una rete costituita da un corpo metallico, costruito appositamente per rimanere sulla superficie dell’acqua, da cui si diparte il cono di rete a maglia ultrafine da 300 micrometri e un bicchiere raccoglitore finale. Questa rete permette di filtrare grandi volumi d’acqua (misurati attraverso un flussimetro), trattenendo il materiale solido, che si accumula nel bicchiere finale dal quale viene poi recuperato. Tornando ai dati del monitoraggio, in generale, per ogni fiume si osserva un incremento nel numero delle particelle raddoppiato, triplicato fino a quadruplicato, tra i primi campioni prelevati a monte e gli ultimi a valle. Se però si guarda il dettaglio e l’andamento dei dati all’interno dello stesso corso d’acqua sono evidenti differenze tra i diversi campioni, con un incremento nelle stazioni poste a valle di zone densamente popolate o con presenza di importanti impianti di depurazione (come nel caso del Lambro e del Tevere) o di attività agricole (come nel caso del Volturno). Per quanto riguarda la composizione, la forma maggiormente presente in ciascun fiume è il frammento: rappresenta infatti l’82% delle microplastiche rinvenute nel Tevere, il 70% di quelle nel Volturno, il 66% nel Lambro e il 38% nell’Isonzo. Maggiori differenze si osservano invece nella distribuzione delle altre forme, ad esempio i pellet risultano particolarmente presenti nel Lambro, dove rappresentano il 19% delle particelle presenti, probabilmente legati alla forte vocazione industriale dell’area. Per quanto riguarda i polimeri che compongono le microparticelle di plastica, si conferma una presenza predominante dei due polimeri maggiormente prodotti a livello industriale: polipropilene (PP) e polietilene (PE). Nel Lambro troviamo il 44% delle microplastiche in polipropilene e il 43% in polietilene; nel Tevere il 45% in polietilene e il 37% in polipropilene, nel Volturno il 50% in polietilene, il 22% in polipropilene, con l’aggiunta del 15% di particelle in polistirene (PS), e nell’Isonzo il 33% di polietilene e l’11% di polipropilene.

Oltre alle  microplastiche, preoccupa anche lo stato di salute di altri 7 fiumi monitorati: Picentino (Campania), Po e del Panaro (Emilia Romagna), Noncello e Tagliamento (Friuli Venezia Giulia), Tevere (sponda laziale e umbra) ed Esino (Marche). Gli ambientalisti spiegano che «Qui su un’area campionata totale di circa 27600 mq sono stati trovati 5.892 rifiuti, con una media di 589 rifiuti ogni 100 metri lineari e ancora una volta la plastica (76%) si conferma il materiale più trovato seguita, a lunga distanza, da vetro/ceramica (6%), metallo (6%), carta/cartone (5,8%), tessili (3,8%), gomma (1,1%). Il restante 1,1% è costituito da legno trattato, materiale Covid, oggetti in materiali misti, prodotti chimici/sintetici, bioplastiche, rifiuti da cibo. Nella top five dei rifiuti più trovati: le salviettine umidificate in TNT (17%), i frammenti di plastica (14%), seguiti da quelli in polistirolo (10%), da mozziconi di sigarette (9%) e per finire bottiglie e contenitori per bevande in plastica (6%). Salviette umidificate, mozziconi e bottiglie e contenitori per bevande sono tra i rifiuti che rientrano nella Direttiva SUP e dunque saranno presto sottoposti alle misure individuate dalla nuova norma».

Il protocollo utilizzato per il censimento de  rifiuti nei 7 fiumi segue quello del monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge (beach litter) e utilizza le stesse categorizzazioni dei rifiuti (lista standardizzata proposta dal Gruppo tecnico sui rifiuti marini della Commissione Europea per l’implementazione della Direttiva Marine Strategy): vengono considerati 100 metri lineari sulla sponda di un fiume e categorizzati e contati tutti i rifiuti (più grandi di 2,5 cm) presenti all’interno dell’area, dal fiume fino al confine della sponda che può essere costituito da vegetazione fitta, strada, costruzioni. Vengono considerati anche i rifiuti che si trovano sulla vegetazione o sugli alberi a causa di piene.

Tornando ai dati del monitoraggio, altro dato interessante riguarda la fonte dei rifiuti trovati. Il 22% sono imballaggi in vari materiali (plastica, carta, metallo, vetro); il 19% sono legati a igiene e cura personale, ossia salviette umidificate, assorbenti, bastoncini cotonati, pannolini, guanti usa e getta e mascherine; il 10% sono rifiuti derivanti da abitudini dei fumatori (principalmente mozziconi di sigaretta, ma anche accendini, pacchetti di sigarette e loro imballaggi).

Alice De Marco, direttrice di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, conclude: «Come testimoniano i dati di Arpa Piemonte, della Regione e quelli di Goletta dei Laghi che abbiamo appena pubblicato, il raggiungimento dell’obiettivo di buono stato ecologico nella totalità delle acque dei corsi d’acqua del Piemonte è ancora lontano il 37% delle acque superficiali piemontesi sia in classe Sufficiente, mentre il 16% nelle classi Scarso e Cattivo. E’ necessaria un’accelerazione decisa, è necessario adottare piani per ridurre i prelievi e i carichi inquinanti, rispettando il deflusso minimo vitale delle acque e ricorrendo anche a misure come la riqualificazione e la rinaturalizzazione delle sponde rendendo i fiumi sempre più veri corridoi ecologici naturali».