Rimateria, il Comune di Piombino ha chiesto un incontro all’assessore Monni

Dall’amministrazione comunale ribadiscono la contrarietà alla presenza della discarica, senza però offrire alcuno scenario di gestione alternativo

[20 Novembre 2020]

Il sindaco e l’assessore all’Ambiente di Piombino, rispettivamente Francesco Ferrari e Carla Bezzini, hanno chiesto al neo assessore regionale all’Ambiente – Monia Monni – un «incontro urgente perché deve essere informata sul fatto che Piombino è profondamente contraria al progetto di costruzione di nuove discariche sul territorio. Non vorremmo che l’assessore creda all’idea che Rimateria riveste un ruolo strategico nel quadro regionale della gestione dei rifiuti o a quella che possa rappresentare un presidio per le bonifiche di questo territorio».

Ferrari e Bezzini sottolineano che la discarica «opera semplicemente nel libero mercato dei rifiuti speciali, importandoli da tutta Italia», apparentemente dimenticando che la Toscana stessa – che produce 9,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali l’anno – ne esporta per l’equivalente di oltre 8mila tir l’anno, con gravi impatti ambientali (si pensi solo a quelli legati al trasporto) ed economici, in termini di costi aggiuntivi per le imprese toscane. Si tratta dello stesso paradosso che ha portato nel 2015 a far salpare da Piombino 1.888 ecoballe, dirette in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso; si tratta di quelle a bordo della motonave Ivy, 56 delle quali sono finite in mare. Di queste 24 sono ancora lì, mentre quelle recuperate con gran dispendio di risorse pubbliche – stimate in 4 milioni di euro – dalle operazioni avviate in estate dal ministero dell’Ambiente risulta siano state smaltite in sicurezza proprio alla discarica Rimateria.

«Anche con una produzione siderurgica locale – continuano Ferrari e Bezzini – nessun piano industriale di Rimateria sarebbe economicamente sostenibile, tanto che nell’istanza di Aia si parla di rifiuti speciali a componente organica: per questo Rimateria ha già chiesto al demanio la modifica della concessione rispetto alla tipologia dei rifiuti da conferire».

Il riferimento è al progetto Variante 2 Opere di Chiusura Discarica ex Lucchini e Riprofilatura Opere di Chiusura discarica Rimateria, in corso di valutazione ambientale proprio negli uffici regionali. Un progetto, come si può osservare nella documentazione pubblicamente disponibile, che non prevede l’occupazione di nuovo suolo ai fini di smaltimento rifiuti, ma la ri-configurazione delle discariche già presenti nell’area.

Più nel dettaglio, il progetto prevede «la realizzazione delle coperture definitive della discarica ex Lucchini» e la sua coltivazione in sopralzo con «rifiuti industriali non pericolosi inorganici, a basso contenuto organico o biodegradabile» per una volumetria pari a circa 240.000 mc; come spiegano dall’azienda «nelle more di modifica degli atti di concessione attualmente in essere con l’Agenzia del Demanio, la coltivazione avverrà esclusivamente con rifiuti da attività siderurgica in modo da ottemperare alla prescrizione» regionale contenuta nel DGRT n.1414 del 18/11/2019. A questo progetto si affianca quello della riprofilatura della discarica Rimateria, in raccordo con la sommità di chiusura del sopralzo della discarica ex Lucchini, per lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi (sottocategoria 7.1.c D.M. 27/09/2010) per altri 110.000 mc.

Per l’intero progetto, la principale modifica rispetto al progetto presentato dall’azienda in data 28/08/2018 consiste proprio nell’attuazione delle prescrizioni regionali.

Nel merito, Ferrari e Bezzini si limitano ad osservare che «la nostra programmazione urbanistica prevede in quell’area solo risanamento ambientale». Con la variante approvata a settembre, infatti, il Comune si propone di cambiare la destinazione d’uso dell’area (58 ettari) da “aree e attrezzature per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, e attività assimilate” a parco pubblico urbano. Da allora però non ha mai spiegato come.

In compenso, dal parere redatto dal Nucleo unificato regionale di valutazione (Nurv) già un anno fa è chiaro che lo scenario peggiore sarebbe sicuramente quello della chiusura di Rimateria. In quel caso oltre alla perdita di circa cinquanta posti di lavoro, infatti, «la chiusura dell’azienda metterebbe a rischio le operazioni di bonifica, i cui costi quantificati in qualche decina di milioni di euro potrebbero avere significative ricadute sulla spesa pubblica».