Rimateria, a Piombino restano i problemi ambientali senza i vantaggi dell’economia circolare

Associazione A sinistra: «Lo slogan retorico “no rifiuti da fuori”, che tanto ha riempito le dichiarazioni di tutti quelli che hanno alimentato la campagna contro Rimateria, ha partorito il suo primo mostro»

[14 Febbraio 2022]

«Ad 8 mesi dalla dichiarazione di fallimento, gli impianti di Rimateria sono praticamente in stato di abbandono», denunciano dall’associazione A sinistra di Piombino, documentando l’evolversi della situazione sul territorio.

«Eccezion fatta per il minimo presidio ambientale che la curatrice sta esercitando attraverso una piccola parte di lavoratori che ha preso in carico ad orario ridotto e con pochi mezzi a disposizione; la maggior parte sono stati ritirati dalle società che li avevano noleggiati a suo tempo. Con tutti gli sforzi del caso e con non pochi rischi per la loro salute – sottolineano dall’associazione –, gli attuali lavoratori avviano a smaltimento la quantità minima di percolato necessaria ad evitare che le vasche di raccolta (piene fino al limite) tracimino e controllano l’impianto di aspirazione del biogas che non viene più utilizzato per la produzione di energia elettrica, ma lasciato bruciare senza alcun utilizzo concreto. Questa situazione insieme allo stop alla messa in sicurezza ha permesso che sulla discarica si creassero delle vere e proprie crepe (come si vede dalle foto) con il concreto rischio di intasamento per le canale di regimazione idraulica, laddove erano già state realizzate, mentre, per le aree dove dovevano essere ancora ultimate, il rischio è che il loro contenuto si vada a riversare, inquinandoli, sui terreni a valle della discarica».

Chi porta la responsabilità di questa situazione? Secondo l’associazione «una buona parte è da attribuire alle scellerate politiche dell’attuale amministrazione del Comune di Piombino. Ma non è esente da colpe anche la Regione Toscana che oltre agli errori commessi in passato continua a tergiversare nella ricerca di una soluzione concreta ad un problema che per Piombino – adesso sì – sta diventando una vera e propria bomba ecologica».

Di certo, nel frattempo a causa dell’assenza di Rimateria – a suo tempo additata di voler portare “rifiuti da fuori” a Piombino –, il territorio si trova a perdere opportunità legate allo smantellamento dell’ex centrale di Tor del Sale e a “portare fuori” i relativi rifiuti legati alla bonifica della struttura.

«Un anno fa la società che ha rilevato il sito di Tor del Sale e che ha avviato gli smantellamenti, aveva fatto richiesta alla società Rimateria di conferire circa 90mila tonnellate di rifiuti provenienti appunto da questa attività preliminare al recupero dell’area industriale. Il fallimento di Rimateria oggi impedisce di cogliere le opportunità di ricevere questi materiali – spiegano nel merito da A sinistra –  Lo slogan retorico “no rifiuti da fuori”, che tanto ha riempito le dichiarazioni di tutti quelli che hanno alimentato la campagna contro Rimateria, ha partorito il suo primo mostro. Non avere impianti sul territorio innescherà un traffico di rifiuti che saranno avviati presso altri impianti in Italia e forse anche all’estero».

In definitiva sembra profilarsi un duplice effetto negativo: «Da una parte un danno ambientale derivato dalla necessità di trasportare i rifiuti altrove e dall’altra un danno economico di molti milioni di euro che, invece di andare ad alimentare una società a partecipazione pubblica, andranno a gonfiare i portafogli di privati che trarranno cospicui profitti. Inoltre il danno di non poter recuperare quei materiali riciclabili per la costruzione di infrastrutture come ad es. la strada 398, strada che probabilmente sarà invece costruita con materiali vergini di cava. Il sindaco Ferrari è riuscito nella non facile operazione di mantenere inalterati i problemi ambientali, di impedire al soggetto pubblico (Rimateria) di valorizzare i benefici delle attività di trattamento e smaltimento di rifiuti locali e infine di consentire al mercato privato di capitalizzare ciò che invece avrebbe dovuto rimanere sul territorio e reinvestito in riqualificazione ambientale. Insomma la comunità locale si è accollata il costo dell’inquinamento ma i benefici delle opere di risanamento vanno fuori, lontano dal nostro territorio», concludono dall’associazione.