La Commissione scientifica sul Decommissioning: “Faremo pervenire alla Sogin le nostre osservazioni”

Nucleare, la Cnapi è solo il primo passo: spazio alla partecipazione e poi alla necessaria decisione

Wwf: “Nessuno sarà mai felice di convivere con il sito o più siti nazionale/i, ma un’adeguata informazione e garanzie di controllo sono comunque il minimo che ci si deve aspettare in un paese civile”

[7 Gennaio 2021]

Assunzione di responsabilità; trasparenza; partecipazione; decisione. Sono questi i perni sulla base dei quali scrivere l’ultimo capitolo della storia nucleare del nostro Paese. Al primo punto, non senza un po’ di sorpresa, appare finalmente chiuso il dibattito “atomo sì, atomo no” per la produzione di energia e tutti sono concordi nel dover però occuparsi di ciò che resta: le scorie. Che se anche in futuro avranno una collocazione europea buona per tutti i Paesi dell’Ue, ad oggi debbono trovare un posto, sicuro, dove essere depositati sul territorio nazionale. La Sogin ha diramato pochi giorni fa l’elenco dei siti potenzialmente adatti, ma è solo l’inizio. Ora serve fare però un ulteriore filtro, perché è ovvio che non si possono sparpagliare le scorie per 67 siti, alcuni peraltro finiti inopinatamente nella lista (ad esempio Pienza).

È dunque il momento della massima partecipazione, come sostengono il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il sottosegretario all’Ambiente con delega alle politiche nucleari Roberto Morassut: “Con la pubblicazione della Cnapi, la Carta delle aree idonee ad ospitare il deposito unico di scorie nucleari, parte unastorica fase di partecipazione e coinvolgimento di cittadine e cittadini. Lacarta è stata pubblicata la scorsa notte e adesso si avvia il confronto chedurerà alcuni mesi, con un percorso articolato e stabilito per legge, conenti locali, associazioni di categoria, università, sindacati. Inutilenascondersi dietro un dito: per anni i governi precedenti avevano eluso ilproblema, rinviando la soluzione, che evidentemente non porta voti né consensi”.

Tutto bene, quindi? No. Perché sui tempi di questa partecipazione nascono i primi dubbi. Il ministero parla di mesi, mentre come più prosaicamente sostiene la Commissione scientifica sul Decommissioning si tratta in pratica di sessanta giorni: “Non è ammissibile – dichiara il suo presidente, Massimo Scalia – che gli stakeholders abbiano solo 60 giorni di tempo per fare osservazioni su una materia che ha richiesto al governo 5 anni, per di più con le limitazioni ora imposte dal covid-19. la consultazione pubblica deve avere tutto il tempo che serve”.

E questo sinceramente è condivisibile, perché serve il tempo necessario per spiegare, e bene, anche cosa riceverà come compensazioni ambientali quel territorio che deciderà (o sarà chiamato) a ospitare il deposito. Non è infatti pensabile che tali compensazioni non ci siano ed è auspicabile che siano piuttosto importanti. Si tratta di un punto centrale, è evidente, per provare a evitare ciò che sostengono sempre dal ministero dell’Ambiente: “A chi sta soffiando sul fuoco della polemica, diciamo: si informi,studi e soprattutto maturi politicamente. Non è terrorizzando i cittadiniche si governa, ma rendendo i processi trasparenti e partecipati al massimo”.

Perché è vero che non è terrorizzando i cittadini che si risolve alcunché, ma neppure tenendolo allo oscuro. Posizione condivisa anche dal Wwf, che oggi interviene così: “Posto che il trattamento sicuro delle scorie, come quelle di III categoria, non ha trovato una soluzione definitiva in nessuna parte del mondo (…) ci saremmo aspettati la presentazione di un ventaglio di soluzioni meglio argomentate da differenti scenari e criteri:  la fiducia dei cittadini, fondamentale ancor più su un tema tanto sensibile, si conquista solo con un reale processo di partecipazione delle comunità locali, vale a dire mettendo a nudo i rischi (anche quelli del non fare nulla), le misure di sicurezza, le modalità per affrontare la gestione con il massimo rigore e con i massimi livelli di garanzia sanitaria e ambientale, accettando il fondamentale principio di reversibilità nel caso la situazione subisca modificazioni. Il Wwf ritiene che la mera presentazione di un elenco così vasto potrebbe non facilitare una discussione di merito, se non si porrà rimedio nelle prossime fasi”.

Il Wwf poi conclude: “Il tema della sistemazione finale delle scorie nucleari italiane richiede molta cautela e molta trasparenza e coinvolgimento partecipativo delle popolazioni e degli enti locali. Nessuno sarà mai felice di convivere con il sito o più siti nazionale/i, ma un’adeguata informazione e garanzie di controllo sono comunque il minimo che ci si deve aspettare in un paese civile”.

Mentre anche la Commissione scientifica sul Decommissioning avvierà un percorso in questo senso: “Faremo pervenire alla Sogin le nostre osservazioni – chiarisce Scalia – Certo, adottare stringenti criteri tecnici era doveroso, ma allora è bizzarro aver inserito nella Cnapi anche aree nelle isole, per le quali agli altri rischi si somma quello del trasporto delle scorie via mare. E poi, non bastano i meri criteri tecnici. Come si fa – ed è solo l’esempio più eclatante – a indicare tra le aree possibili quella di Pienza, patrimonio dell’umanità per l’Unesco?. In ogni caso, è bene che ci sia finalmente una carta pubblica dei siti. E va riconosciuto alla Sogin, che abbiamo aspramente e motivatamente criticato in varie occasioni, di aver questa volta adempiuto ai suoi compiti”.

Dunque c’è coscienza che una soluzione sia urgente, c’è richiesta di partecipazione (giusta e motivata), ma poi diventerebbe tutto inutile se poi alla fine non si prendesse una decisione, sapendo fin da subito che non arriverà alcun applauso corale. Ma che magari si è fatta la cosa giusta.