L’idea di raccogliere questi dati è del testimonial eco-runner Roberto Cavallo

Nevicata record in Valle d’Aosta nel 2019, ma sono microplastiche

Secondo un nuova ricerca in pratica "cadono" ogni anno 25 chili di plastica (200 milioni di frammenti) sulle montagne più alte d’Italia

[31 Agosto 2020]

Nevicano microplastiche sui monti della Valle d’Aosta. Accade in varie parti del mondo, ma in Italia da oggi ci sono dei numeri: in 12 mesi sarebbero circa 200 milioni i frammenti caduti di cui 80 solo di microplastiche. E’ la prima volta che viene fatta una ricerca del genere e i risultati contenuti in un report – elaborato a partire dalle nevi residue delle nevicate dell’anno scorso – sono stati resi da poco disponibili.

I campioni di neve sono stati analizzati dall’ARPA Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione dei professori Marco Parolini e Roberto Ambrosini del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.

Su 8 litri analizzati sono state trovate, a seguito di una rigorosa procedura analitica, 40 particelle di cui ben il 45% erano microplastiche, il 43% fibre di cellulosa, il 2% lana, mentre per il 10% non è stato possibile arrivare ad un’identificazione univoca.

La ricerca è stata possibile grazie ad una bella collaborazione tra la Cooperativa Erica, lo European Research Institute, la VdATralier, società che organizza il Tor des Géants® (una corsa in montagna durissima) e l’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale (Aica che ha condotto nel corso dell’ultima edizione della manifestazione podistica (settembre 2019), una campagna di campionamenti sulle nevi residue dell’inverno e primavera precedente, i cui risultati sono stati pubblicati in un primo dossier intitolato “Nevica Plastica”, consultabile sul sito di Aica https://www.envi.info/nevica-plastica/.

Come in mare così in montagna, dunque, le plastiche ormai hanno raggiunto ogni luogo, anche il più remoto. E se non fosse abbastanza chiaro, ci sono quindi in atto più criticità, da affrontare tutte contemporaneamente e senza tabù: 1) ridurne l’uso drasticamente; 2) laddove possibile sostituirle con materiali più sostenibili; 3) dotarsi degli impianti necessari per riciclare tutta quella possibile; 4) non disperderla nell’ambiente (che sembra un’ovvietà, ma basta vedere le nostre spiagge per capire che invece siamo ancora all’età della pietra). E attenzione, il punto 3, ovvero la carenza di impianti, non è solo un problema di plastiche che si disperdano nell’ambiente. Come abbiamo scritto venerdì riprendendo una nota dell’Interpol, il non occuparci della spazzatura che produciamo né costruire impianti autorizzati a gestirla in sicurezza, scaricando il problema su altri Paesi, ha creato l’habitat ideale per le infiltrazioni mafiose.

L’idea è del testimonial eco-runner, Roberto Cavallo, ovvero: analizzare le nevi che restano alla fine dell’estate. Sono stati così individuati 4 siti, toccati dal Tor des Géants®, con caratteristiche diverse: il rifugio Deffeys, nel comune di La Thuile, che richiede oltre 2 ore e mezza per essere raggiunto a piedi, ai piedi dell’omonimo ghiacciaio, il rifugio Miserin, nel parco del Monte Avic, a poco più di un’ora da dove si può lasciare l’auto, il rifugio Cuney, il più alto rifugio delle Alte Vie valdostane ad oltre 2600 metri di quota, e il col du Malatrà a quasi 3000 metri di altitudine, che separa la Val Ferret dalla Valle del Gran San Bernardo.

Le microplastiche sono state quindi analizzate al microscopio e in spettroscopia IR così da verificarne la forma, le dimensioni e la composizione polimerica. Il 39% delle microplastiche è rappresentato da fibre o fili, mentre il restante 61% sono frammenti di diversa forma. La dimensione delle microplastiche varia da 50 micron a poco meno di 2 millimetri, con un valore medio di circa 300 micron.

Il colore più rappresentato è il bianco (50%), seguito dal blu (28%) e dall’azzurro (11%), mentre le microplastiche di colore rosa o viola contribuiscono per una esigua percentuale (5,5% in entrambi i casi).

Il polimero più rappresentato è risultato essere il polietilene (39%), seguito dal PET (17%), dal HDPE (17%) e dal poliestere (11%), mentre un contributo inferiore è dato dal LDPE (6%), dal polipropilene (5%) e dal poliuretano (5%), per la prima volta individuato dai ricercatori dell’ateneo milanese.

E’ sulla base di questi risultati che sono stati proiettati i numeri di questa prima ricerca sulle precipitazioni nevose che nel 2019 hanno interessato la porzione di arco alpino della Valle d’Aosta e i ricercatori hanno così stimato che ogni anno sulla regione cadrebbero 200 milioni di particelle di cui 80 milioni di microplastiche, in pratica “nevicano” ogni anno 25 chili di plastica sulle montagne più alte d’Italia. Valore – spiegano i relatori della ricerca – molto probabilmente sottostimato dal momento che le nevi, terminato l’inverno, con l’aumento delle temperature, fondono e riversano il loro contenuto nei ruscelli e nei torrenti che scendono a valle.

“Vivo in me una doppia emozione, di soddisfazione, da ricercatore, per aver dimostrato che ci sia ancora molta strada da fare, andando ad indagare ambienti e matrici ancora mai studiate, ma anche di enorme preoccupazione, da divulgatore, perché ogni studio evidenzia come il problema dei rifiuti dispersi nell’ambiente, sia molto più grande di come possiamo immaginarcelo. Per questo continuo a correre testimoniando l’importanza di non buttare nulla a terra, ma al contrario se si vede qualcosa chinare la schiena e raccoglierlo” commenta Roberto Cavallo, testimonial, promotore e ideatore dello studio, in partenza per la nuova edizione di Keep Clean And Run il prossimo 4 settembre che da Cortina d’Ampezzo lo porterà a Trieste.

“Questi risultati dimostrano come anche negli ecosistemi di alta montagna, considerati dall’immaginario collettivo come incontaminati, siano presenti le microplastiche, che vi arrivano attraverso il trasporto atmosferico o si originano in loco dalla degradazione dei rifiuti plastici ivi abbandonati e/o dalla usura dei capi tecnici o della attrezzatura di montagna. È per questo estremamente importante non abbandonare alcun rifiuto plastico in questi ecosistemi al fine di prevenire la formazione di microplastiche e preservarne la loro identità pristina” aggiunge Marco Parolini, professore associato e ricercatore di Ecologia al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.