La luce solare degrada il polistirolo più velocemente del previsto

I ricercatori: non ci vorranno millenni per degradarlo, ma danni all'ambiente per decenni

[15 Ottobre 2019]

Secondo lo studio “Sunlight Converts Polystyrene to Carbon Dioxide and Dissolved Organic Carbon2, pubblicato su Environmental Science and Technology Letters da un team di ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution (WhoI), il polistirene (o polistirolo), una delle materie plastiche più usate e onnipresenti al mondo, «se esposto alla luce solare può degradarsi in decenni o secoli, anziché in migliaia di anni come si pensava in precedenza».

Il principale autore dello studio Collin Ward del Department of Marine Chemistry and Geochemistry della Whoi, sottolinea che «Attualmente, i policy makers generalmente presumono che il polistirolo duri per sempre nell’ambient. Questo fa parte della giustificazione per la redazione di una politica che lo vieti. Una delle nostre motivazioni per questo studio era capire se il polistirolo dura davvero per sempre. Non stiamo dicendo che l’inquinamento da plastica non è un male, ma solo che la persistenza del polistirolo nell’ambiente potrebbe essere più breve e probabilmente più complicata di quanto non avessimo capito prima. La possibilità di danni all’ambiente per decenni è ancora presente». Inoltre gran parte del polistirene che finisce in mare affonda e la luce solare non può più degradarlo, metre un’altra frazione finisce direttamente negli stomaci di pesci, tartarughe marne e cetacei.

Fin dagli ’70, l’invasione di polistirene è stata segnalata in tutti i mari e gli oceani del mondo, ma l’idea che la luce solare lo degradi non è una novità: Ward ricorda che «Basta guardare i giochi in plastica per parchi giochi, panchine o sedie da giardino, che possono rapidamente schiarirsi per il sole». Lo studio Whoi dimostra che la luce solare no provoca solo la rottura fisica della plastica ma la degrada chimicamente in carbonio organico disciolto e ha permesso di tracciare la quantità di anidride carbonica emessa da questo processo, «a livelli troppo bassi per avere un impatto sui cambiamenti climatici».

Alla whoi dicono che «Una volta che la plastica subisce questa trasformazione, la sua forma originale scompare dall’ambiente e diventa sottoprodotti completamente nuovi che non possono essere visti ad occhio nudo». Capire come avviene questa trasformazione sarà importante per stimare quanta plastica sia veramente presente in mare e nell’ambiente terrestre.

Ward spiega ancora: «Le stime precedenti su quanto velocemente si rompe il polistirolo si basavano su una serie di ipotesi diverse. In passato gli studi si sono ampiamente concentrati sul ruolo dei microbi nel degradarla, piuttosto che considerare altri fattori come la luce solare». Un altro autore dello studio, il chimico marino della Whoi  Chris Reddy  dice che quanto scoperto «Non è del tutto sorprendente. La plastica è solo un’altra forma di carbonio organico e presumibilmente i microbi la “mangerebbero”, ma i microbi sono anche intelligenti e selettivi. La struttura chimica del polistirolo è complessa e voluminosa con un’ossatura ad anello che ostacola i microbi o rende la plastica non degna del loro sforzo». Ward aggiunge: <Sebbene l’ossatura ad anello del polistirolo lo renda un target difficile per i microbi, è della forma e delle dimensioni perfette per assorbire determinate frequenze della luce solare. Assorbire quell’energia può spezzare i legami di carbonio».

I ricercatori hanno testato se la luce solare potesse trasformare il polistirene testandola in laboratorio su 5 diversi campioni di polistirolo disponibile in commercio. Il team del Whoi immerso ciascuno tipo di plastica in contenitori di vetro pieni di acqua e sigillati e li ha illuminati con un simulatore solare, una lampada che replica le frequenze della luce solare. Quindi, gli scienziati hanno quindi raccolto la CO2 e i composti che si erano dissolti nell’acqua.

Utilizzando una varietà di strumenti chimici, tra cui un sofisticato spettrometro di massa con acceleratore room-sized, Ward e colleghi hanno tracciato le origini degli atomi di carbonio trovati sia nella CO2 che nell’acqua filtrata. Ward evidenzia. «Per farlo, abbiamo usato diversi metodi e tutti hanno indicato lo stesso risultato: la luce solare può trasformare il polistirolo in CO2. Ma abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire cosa succede agli altri prodotti che si dissolvono nell’acqua».

Lo studio ha anche scoperto che gli additivi al polistirolo, che possono determinarne il colore, la flessibilità e altre caratteristiche fisiche, svolgono un ruolo importante nella degradazione. <Diversi additivi sembrano assorbire diverse frequenze della luce solare, il che influenza la velocità con cui la plastica si degrada», conclude Reddy.