Le attività di fishing for fitter a sono tuttora in corso

In 10 mesi i “pescatori spazzini” di Chioggia hanno pulito l’Adriatico da 14 tonnellate di rifiuti

Un progetto realizzato in collaborazione con l’Ispra, che ha analizzato i materiali raccolti: nel 66% dei casi si tratta di plastica, e in 2 casi su 3 si tratta di rifiuti da attività legate al mare e alla navigazione

[28 Maggio 2019]

La presenza di rifiuti in mare – e la pressante esigenza di porvi rimedio – rappresenta uno dei temi più caldi sul fronte ambientalista, ma anche istituzioni scientifiche di primaria importanza a livello nazionale sono al lavoro sul campo per capire come migliorare la qualità del mare nel medio e lungo termine: è il caso dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che insieme ai pescatori di Chioggia sta conducendo in Adriatico le attività di fishing for litter all’interno del progetto ML-REPAIR finanziato dal programma di cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Croazia.

Nel corso di dieci mesi il progetto, che terminerà a settembre, ha permesso a 6 barche della marineria di Chioggia di raccogliere e conferire a terra 14206 kg (14 tonnellate) di rifiuti in Alto Adriatico. Il fishing for litter, come spiegano dall’Ispra, coinvolge soprattutto le imbarcazioni che operano con pesca a strascico, con grosso impegno richiesto ai pescatori; quando la rete viene recuperata, i rifiuti devono essere separati dal pescato, stoccati a bordo dentro appositi sacchi e infine, al rientro, conferiti a terra in cassonetti dedicati; il fishing for litter consiste dunque nel facilitare il conferimento a terra, da parte dei pescatori, dei rifiuti che giornalmente restano intrappolati nelle reti durante le attività di pesca, un “servizio” per la società che molti di loro decidono di fare su base volontaria. Un caso peculiare è rappresentato invece dal progetto Arcipelago pulito, che ha ispirato il ddl Salvamare ed è stato condotto in Toscana, dove i pescatori di Livorno nei primi sei mesi hanno raccolto 18 tonnellate di spazzatura con le loro reti; con un accordo che spazia dalla Regione a Legambiente, da Unicoop Firenze alla Guardia costiera, i rifiuti raccolti dai pescatori anche grazie ad un’incentivazione economica sono poi stati inviati ad un’azienda attiva nell’economia circolare (la Revet di Pontedera) per essere avviati a smaltimento o, in circa il 20% dei casi, riciclati.

Nel caso di Chioggia l’Ispra si è invece occupata di analizzare un campione di 1196 kg (1 tonnellata) di rifiuti, per determinare tipologia, materiale e possibili fonti di più di 7000 rifiuti trovati. Dal lavoro dei ricercatori è emerso che la plastica rappresenta da sola il 66% in peso dei rifiuti analizzati, seguita da materiale misto (16%), gomma (10%), tessile (5%) e metallo (3%), mentre carta, legno lavorato e vetro non rappresentano insieme neanche l’1% del totale.

Per quanto riguarda invece l’origine dei materiali raccolti, la maggior parte (33% in peso) è costituita da oggetti di uso comune, molti dei quali usa e getta, come bottiglie, buste di plastica, lattine e imballaggi alimentari. Il 28% del peso degli oggetti presenti è invece riconducibile ad attività di mitilicoltura, in particolare sono state trovati ingenti quantitativi di retine utilizzate per l’allevamento delle cozze; il 22% in peso dei rifiuti pescati dal fondo proviene da attività di pesca commerciale, in gran parte costituiti da pezzi di rete e strutture in gomma utilizzate per proteggere la parte di rete a contatto con il fondo; il 16% è costituito da oggetti riconducibili ad attività legate al mare e alla navigazione, come ad esempio cime, cavi, parabordi, boe e galleggianti; infine, gli oggetti connessi alla piccola pesca, come le reti da posta, le nasse e trappole, costituiscono lo 0,5% del totale analizzato.

Dunque, in questo caso il 66,5% dei rifiuti analizzati è collegato ad attività di pesca, navigazione, mitilicoltura. Non sempre è così: «I rifiuti depositati sui fondali marini – precisano al propostio dall’Ispra – provengono in gran parte da terra, arrivando al mare tramite i fiumi, il sistema fognario e dispersi dal vento, quando non intenzionalmente gettati». Per scongiurare l’immissione di nuovi rifiuti in mare è dunque indispensabile, oltre ai necessari miglioramenti nelle attività legate al mare e alla pesca, implementare un’adeguata presenza di impianti industriali sul territorio per gestire i rifiuti prodotti da privati cittadini e attività economiche. E poi certo, investire i buona comunicazione ambientale per sensibilizzare la cittadinanza: se i rifiuti continueranno ad essere gettati all’aria aperta anziché conferiti negli appositi contenitori, ogni sforzo in direzione della sostenibilità si rivelerà inutile.