Gli enzimi che degradano la plastica aumentano con l’inquinamento, sia a terra che in mare

Una scoperta che potrebbe aiutare a combattere la crisi globale dell’inquinamento da plastica

[14 Dicembre 2021]

Secondo lo studio Plastic-Degrading Potential across the Global Microbiome Correlates with Recent Pollution Trends”, pubblicato su mBio da un team di ricercatori sloveni e svedesi, che ha analizzato campioni di DNA ambientale provenienti da tutto il mondo, «Il numero di enzimi microbici con la capacità di degradare la plastica è in crescita, in correlazione con i livelli locali di inquinamento plastico».  Risultati illustrano l’impatto che l’inquinamento da plastica sta avendo sull’ambiente e suggeriscono potenziali nuove soluzioni per la gestione del problema.

Alla Chalmers Tekniska Högskola/Chalmers University of Technologygrid  ricordano che «Poiché la produzione di massa di plastica è esplosa negli ultimi 70 anni circa, passando da circa 2 milioni di tonnellate all’anno a circa 380 milioni, i problemi dell’inquinamento globale da plastica sono fin troppo diffusi. Questo ha concesso un tempo evolutivo sufficiente a vari microbi presenti nell’ambiente per rispondere a questi composti e in studi precedenti sono stati scoperti molti enzimi diversi con la capacità di degradare diverse plastiche».

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato la modellazione al computer per cercare enzimi microbici con potenziale di degradazione della plastica, che sono stati poi incrociati con i numeri ufficiali per l’inquinamento da rifiuti di plastica in tutti i Paesi e gli oceani e  uno degli autori dello studio, Aleksej Zelezniak, professore associato di biologia dei sistemi alla Chalmers  e che fa parte anche della MRC Toxicology Unit dell’United Kingdom University of Technology, spiega che «Utilizzando i nostri modelli, abbiamo trovato più linee di prova a sostegno del fatto che il potenziale di degradazione della plastica del microbioma globale è fortemente correlato con le misurazioni dell’inquinamento ambientale da plastica, una dimostrazione significativa di come l’ambiente sta rispondendo alle pressioni che stiamo esercitando su di esso».

Quindi, mentre aumenta l’inquinamento, anche la diversità degli enzimi che degradano la plastica è in aumento, in risposta diretta ai livelli locali di inquinamento plastico.  «in totale – dicono i ricercatori – sono stati trovati oltre 30.000 “omologhi” di enzimi in grado di degradare 10 diversi tipi di plastica comunemente usata. Gli omologhi sono membri di sequenze proteiche che condividono proprietà simili. Alcune delle località che contenevano le quantità più elevate erano notoriamente aree altamente inquinate, ad esempio campioni del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Pacifico meridionale».

Il principale autore dello studio, Jan Zrimec del Nacionalnega inštituta za biologijo della Slovenia. Evidenzia che «Attualmente, si sa molto poco di questi enzimi che degradano la plastica e non ci aspettavamo di trovarne un numero così elevato in così tanti microbi e habitat ambientali diversi. Questa è una scoperta sorprendente che illustra davvero la portata del problema».

Gli enzimi di degradazione della plastica che i ricercatori hanno scoperto erano ampiamente distribuiti sia nei microbiomi oceanici che in quelli del suolo. Sono state riscontrate molte variazioni nel numero e nel tipo di particelle di plastica, nonché negli enzimi che degradano la plastica, trovati tra i campioni di terra e marini. Ad esempio, i campioni di terreno contenevano molti più composti di additivi plastici a base di ftalati che vengono comunemente usati in tutti i tipi di processi e sono noti per essere particolarmente suscettibili a perdite durante la produzione, lo smaltimento e il riciclaggio, processi che avvengono principalmente a terra. In correlazione a questo, nei campioni di terreno sono stati infatti trovati più enzimi in grado di degradare queste plastiche, indicando una connessione tra le due cose.

I campioni oceanici hanno anche rivelato come la quantità di enzimi con capacità di degradazione aumenti con la profondità. Il dataset si basa su campioni prelevati in 67 località di 8 oceani, a 3 diverse profondità, e ha mostrato «Livelli coerenti più elevati di enzimi degradanti a livelli più profondi, indicando ancora una volta una connessione al livello maggiore di microplastiche che sono state ripetutamente osservate a livelli più profondi nell’oceano».

I ricercatori hanno compilato un dataset di 95 enzimi precedentemente noti con capacità di degradazione o modificazione della plastica. Hanno quindi utilizzato “Hidden Markov Models” per cercare tra i dati presi da alcuni dei più grandi studi metagenomici globali per identificare sequenze omologhe in 236 località. Gli scienziati sloveni e svedesi i hanno utilizzato campioni del microbioma umano interno come controllo per i falsi positivi e dicono che «Nonostante le preoccupazioni sull’ingestione di microplastiche, non sono ancora stati identificati enzimi che degradano la plastica negli esseri umani».

Hanno  però identificato un totale di circa 30.000 colpi enzimatici, circa 12.000 nel microbioma oceanico e 18.000 nel suolo, corrispondenti alle 10 principali plastiche commerciali, inclusi 6 polimeri e 4 additivi. Quasi il 60% degli enzimi di degradazione della plastica identificati non è stato mappato a nessuna classe di enzimi nota, suggerendo che sia stato «scoperto un nuovo contenuto funzionale di degradazione della plastica».

Si tratta di una scoperta che potenzialmente potrebbe aiutare a combattere la crisi globale dell’inquinamento da plastica: ogni anno finiscono negli oceani circa 8 milioni di tonnellate di plastica e i ricercatori svedesi e sloveni fanno b notare che «I progressi naturali per il degrado della plastica sono molto lenti: la durata di una bottiglia in PET, ad esempio, può arrivare fino a centinaia di anni. La crescita e l’accumulo di rifiuti di plastica negli oceani e sulla terraferma è un problema veramente globale e c’è un crescente bisogno di soluzioni per gestire questi rifiuti. Riteniamo che i nostri risultati potrebbero essere potenzialmente utilizzati per scoprire e adattare gli enzimi per nuovi processi di riciclaggio».

Zelezniak conclude: «Il prossimo passo sarebbe testare i candidati enzimatici più promettenti in laboratorio per studiare da vicino le loro proprietà e il tasso di degradazione della plastica che possono raggiungere. Da lì è possibile progettare comunità microbiche con funzioni di degradazione mirate per specifici tipi di polimeri».