Autostoppisti oceanici: microbi, microplastiche e rischi di malattie

Capire come le microplastiche oceaniche trasportano batteri e virus e se questo influisce sulla salute di esseri umani e animali. Grossi rischi per l’acquacoltura

[14 Agosto 2020]

Ogni anno negli oceani del mondo finiscono milioni di tonnellate di plastica e ormai sulla loro superficie galleggiano trilioni di particelle (che sono una piccola frazione di quanto c’è nei fondali e nella colonna d’acqua) e i potenziali impatti dell’inquinamento da plastica sono enormi. Come è noto da gtempo, le particelle di plastica trasportano combinazioni specifiche di metalli, inquinanti e agenti patogeni: batteri, virus e altri microrganismi che possono causare malattie. Ma secondo il nuovo studio “Oceanic hitchhikers – assessing pathogen risks from marine microplastics”, condotto dall’università di Exeter e dal Center for environment, fisheries and aquaculture science (Cefas), pubblicato su Trends in Microbiology, restano senza risposta domande essenziali  sul ruolo delle microplastiche nel trasporto di agenti patogeni e sulle possibili minacce per la produzione e alla sicurezza alimentare.

Lo studio si concentra sull’acquacoltura che in futuro dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale per fornire cibo alla popolazione mondiale in crescita ma che si trova già ad affrontare problemi dovuti alle malattie che colpiscono i pesci e i molluschi tenuti in cattività.

Uno degli autori dello studio, Ceri Lewis del College of life and environmental sciences e del Global System Institute dell’università di Exeter, spiega che «I frammenti di microplastica differiscono notevolmente dalle particelle galleggianti naturali e vi sono prove crescenti che rappresentano un potenziale serbatoio di agenti patogeni, A preoccupare particolarmente sono le crescenti segnalazioni sulla presenza di numerosi agenti patogeni sulle superfici di plastica negli oceani di tutto il mondo. Uno studio ha rilevato batteri resistenti agli antimicrobici a concentrazioni 100 – 5.000 volte superiori sulle superfici microplastiche rispetto all’acqua marina circostante. Tuttavia, fino ad ora, gli effetti di tutto questo sugli animali marini, sull’acquacoltura e in definitiva sulla salute umana erano davvero sconosciuti».

Molti studi hanno suggerito che potrebbe verificarsi il trasferimento delle malattie dalla plastica agli organismi che la ingeriscono, ma la cosa non è stata dimostrata sperimentalmente.

Attualmente l’acquacoltura è ora il settore alimentare in più rapida crescita e i bivalvi come le cozze e le ostriche rappresentano senza dubbio la via migliore per aumentare la produzione a livello globale. Ma i bivalvi sono animali filtratori che notoriamente assorbono particelle microplastiche dall’acqua di mare.

Il principale autore dello studio, Jake Bowley dell’università di Exeter, sottolinea che «Per l’industria dell’acquacoltura, comprendere ogni rischio di trasporto di patogeni associato alla microplastica è importante. Le malattie sono uno dei maggiori problemi affrontati da questa industria. Abbiamo mappato l’abbondanza di plastica sulla superficie del mare rispetto a quella nelle aree di acquacoltura intensiva e i risultati mostrano un numero di aree ad alta produzione di acquacoltura negli hotspot della microplastica, dove teoricamente potrebbe verificarsi il trasferimento di patogeni. Uno di questi hotspot è in Cina, dove nelle vongole Yesso, commercialmente importante, sono state segnalate 57 particelle di microplastica per individuo».

Un altro autore dello studio, Craig Baker-Austin del Cefas, ha aggiunto che «I batteri di un genere chiamato vibrio – un gruppo di patogeni umani e animali importante a livello mondiale e dei quali sta aumentando l’incidenza – sono stati trovati in alti livelli sulle microplastiche. Alcuni batteri vibrio sono noti per contribuire alle malattie nei bivalvi, causando spesso mortalità di massa tra le larve e in alcuni casi mortalità all’interno di popolazioni di bivalvi adulti».

La ricerca è stata finanziata dalla compagnia assicurativa AXA XL attraverso il loro programma di studio Ocean Risk che punta a capire come sta cambiando l’oceano e come questro avrà un impatto sul panorama dei rischi assicurativi attuale e futuro. Geir Myre, Global Head of Aquaculture di AXA XL, che ha collaborato con Bowley, fornendogli consigli su come questo studio a ricerca sia rilevante per AXA XL e per l’intero settore assicurativo dell’acquacoltura, ha evidenziato che «Comprendere il legame tra microplastiche e rischio di trasferimento di agenti patogeni attraverso i molluschi è fondamentale per il nostro lavoro di gestione e trasferimento del rischio per il settore dell’acquacoltura. E’ uno dei tanti rischi emergenti che dobbiamo prendere in considerazione come risultato dell’impatto umano sull’oceano e sottolinea la connessione tra rischi oceanici e salute e sicurezza pubblica».

Lewis ha concluso: «C’è ancora molto da sapere sull’impatto dell’inquinamento da plastica. Far luce su questa pressante questione ambientale, di sicurezza alimentare e microbiologica è davvero importante. Tuttavia, è probabile che qualsiasi impatto negativo peggiorerà se continuiamo a scaricare la plastica negli oceani al ritmo attuale. Per ridurre drasticamente l’apporto di plastica nell’ambiente, dobbiamo urgentemente passare a approcci più sostenibili e di economia circolare nel  nostro utilizzo di materiali plastici».