A che punto sono le bonifiche in Italia

Aree a rischio per l’ambiente e la salute, ma anche una opportunità di sviluppo sostenibile: purtroppo però il Pnrr non sembra essere all’altezza della situazione

[26 Agosto 2021]

Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) ha pubblicato il primo rapporto su Lo stato delle bonifiche dei siti contaminati in Italia, inerente i siti di interesse regionale e locale.

Queste aree, potenzialmente o effettivamente inquinate costituiscono luoghi del territorio sui quali deve essere concentrata l’attenzione delle istituzioni, dei cittadini, delle imprese e dei media.

Se si tratta di aree effettivamente inquinate, costituiscono un potenziale rischio per l’ambiente e per la popolazione che vive nei dintorni, e quindi è necessario procedere alla bonifica. In teoria le bonifiche devo essere effettuate a carico di chi ha prodotto l’inquinamento, ma troppo spesso si tratta di aree inquinate da attività svolte da imprese non più operanti, magari fallite. E allora l’onere di interventi anche molto costosi ricade sull’amministrazione pubblica.

Quanti sono gli “scheletri industriali” che incontriamo sul territorio, ai quali possono corrispondere inquinamenti del suolo e del sottosuolo anche decisamente pericolosi? Dopo anni che queste attività sono cessate, anche se la proprietà esiste ancora, è spesso difficile dimostrare rapporti di causa-effetto fra l’esercizio d’impresa e l’inquinamento rimasto. Quante sono le aree inquinate che rimangono tali per decenni, in assenza di responsabili e di risorse?

Il legislatore dovrebbe intervenire in modo deciso in materia, stabilendo in modo tassativo che quando un’attività cessa, il proprietario debba provvedere alla verifica dello stato dei luoghi per certificare l’assenza di situazioni inquinanti (con la verifica da parte delle Arpa).

D’altra parte la bonifica di siti inquinati costituisce un’opportunità di lavoro, di recupero di territorio da riutilizzare, di risanamento per la salvaguardia dell’ambiente e della salute; investire per effettuare le bonifiche dovrebbe costituire un capitolo importante della “transizione ecologica” di cui oggi si parla.

Da questo punto di vista il Pnrr non sembra effettivamente essere all’altezza della situazione. Nell’ambito del capitolo sulla “transizione ecologica” è previsto l’investimento 3.4: “Bonifica dei siti orfani” (cioè appunto quelli di cui non è stato possibile individuare il responsabile dell’inquinamento) con uno stanziamento di 500 milioni di euro (un po’ poco rispetto agli oltre 200 miliardi disponibili). Nel documento si legge: “L’inquinamento industriale ha lasciato in eredità molti siti orfani che rappresentano un rischio significativo per la salute, con severe implicazioni sulla qualità della vita delle popolazioni interessate. Queste aree, se riqualificate, possono rappresentare una risorsa per lo sviluppo economico, in quanto siti alternativi rispetto alle zone verdi, il cui utilizzo consentirebbe di preservare capitale naturale e ridurre gli impatti sulla biodiversità. L’obiettivo di questo intervento è dare al terreno un secondo uso, favorendo il suo reinserimento nel mercato immobiliare, riducendo l’impatto ambientale e promuovendo l’economia circolare.”

I procedimenti di bonifica

La legislazione nazionale in materia di bonifica dei siti contaminati è regolata dal D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. Parte Quarta, Titolo V. Secondo la norma, l’avvio di un procedimento di bonifica è legato al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare un sito o al rinvenimento di una contaminazione storica.

Una volta effettuate le indagini preliminari e, qualora necessaria, la caratterizzazione, il sito viene dichiarato non contaminato se non sono registrati superamenti delle Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc), o potenzialmente contaminato nel caso si sia verificato il superamento delle Csc anche per un solo parametro.

I siti non contaminati escono dalla procedura senza alcuna necessità di ulteriori interventi, mentre per i siti potenzialmente contaminati che hanno concluso la fase di caratterizzazione è applicata la procedura di analisi del rischio per la determinazione delle Concentrazioni soglia di rischio (Csr).

Qualora accertato il superamento delle Csr il sito è dichiarato e deve essere presentato, approvato ed eseguito un intervento di bonifica/messa in sicurezza che consenta di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente. A conclusione di tali interventi, ne viene verificata l’efficacia, in tal caso si parla di siti certificati.

I procedimenti di bonifica sono di competenza delle regioni e degli enti locali, salvo quelli dei Sin (Siti inquinati di interesse nazionale) che sono di competenza del ministero della Transizione ecologica.

La situazione a livello nazionale

Il rapporto Snpa contiene i dati aggiornati alla fine del 2019. Il numero totale dei siti oggetto di procedimento di bonifica è 34.478 di cui 16.264 (47,7%) hanno un procedimento in corso e 17.862 hanno concluso il procedimento.

Dei 16.264 siti che hanno un procedimento in corso, 9.151 (56,3%) sono nella fase iniziale di notifica, 1.708 (10,5%) stanno effettuando la caratterizzazione, che in 1.689 (10,4%) è stata conclusa o ha già visto approvata l’analisi di rischio; in 2.505 casi (15,4%) in gli interventi di bonifica o messa in sicurezza sono in corso e in 679 (4,2%) questi interventi sono conclusi e si è in attesa di certificazione.

Lo stato della contaminazione è noto per 15.732 procedimenti in corso (97%). Il dato nazionale mostra un sostanziale equilibrio tra i siti in attesa di accertamenti 6.196 (35%), quelli potenzialmente contaminati (33%) e quelli contaminati (29%).

Per i 4.689 siti contaminati, in 533 casi (11,4%) è stata approvata l’analisi di rischio accertando una contaminazione maggiore delle Csr, in 2.505 casi (53,4%) è stata approvata la proposta di bonifica/messa in sicurezza da effettuare, in 679 casi (14,5%) la bonifica/messa in sicurezza è stata conclusa e si è in attesa di certificazione.

I procedimenti conclusi a livello nazionale sono 17.862. La contabilizzazione di tali procedimenti è eterogenea tra le varie regioni in dipendenza di molteplici ragioni tra cui il fattore primario è rappresentato dalla data di inizio di registrazione dei dati nelle banche dati/anagrafi regionali che risulta compresa tra il 1999 e il 2016.

Più della metà dei procedimenti (9.302, pari al 52%) si sono conclusi a seguito delle indagini preliminari, 1.306 procedimenti (pari al 7%) a seguito della caratterizzazione e 1.617 procedimenti (pari al 9%) a seguito dell’analisi di rischio. Quindi oltre i 2/3 dei procedimenti (il 68%) si sono conclusi senza necessità di intervento a seguito di attività di indagine (fase conoscitiva) più o meno dettagliate che hanno evidenziato che i siti in questione non sono mai risultati contaminati.

Nel 29% dei casi è stato necessario effettuare un intervento (bonifica o messa in sicurezza) per riportare le concentrazioni rilevate al di sotto dei valori soglia siano essi calcolati sulla base del rischio accettabile (Csr) o quelli tabellari (Csc).