Il referendum, Michela e le balle degli astensionisti

Il 17 aprile te ne starai a casa. Io andrò a votare, e voterò SI per fermare le trivelle

[21 Marzo 2016]

C’è una nota che sta facendo il giro del web. L’ha scritta una giovane donna, si chiama Michela Costa. È un testo piuttosto lungo, molto parziale, disinformato, tendenzioso. A oggi ha fatto oltre 13mila condivisioni.

Faccio campagne (ora per l’ambiente, prima di altra natura) per professione e da diversi anni. Lo so (mi spiace: lo so) che una cosa come quella scritta da Michela non arriva ad avere l’impatto che sta avendo per caso. Che di fenomeni “spontanei” come questo, in sostanza, non ne esistono. C’è un’agenzia (almeno una, a quanto ne so) che sta lavorando sul buzz in rete e sui social, con grande efficacia e con una capacità di far circolare disinformazione senza pari. Ma lasciamo stare, questo conta poco…

Invece parlo a te, Michela, che hai voglia di pensare con la tua testa. Parlo a te che non ti bevi le balle di noi ambientalisti, ma sei invece golosa di quelle dei petrolieri. Tutto il tuo ragionamento poggia sulla (casuale?) mancanza di alcuni dati. Hai scritto ben 8 motivi per starsene a casa il 17 aprile, per astenersi dal voto sulle trivelle, ma fanno tutti riferimento a due o tre cose:

– In questo referendum non c’è in gioco il petrolio, ma soprattutto il gas;

– se ci priviamo di quella quota di produzione la dovremo rimpiazzare: vuol dire che saranno costruite nuove piattaforme oltre le 12 miglia o che dovremo importare nuove quote di fossili, scaricando su altri Paesi la nostra impronta energetica e aumentando il traffico di “petroliere” (ma scusa, non hai detto tu che parlavamo di gas?), con un aumento di rischio ambientale per i nostri mari.

Poi ci sono argomenti “secondari”, per così dire, nella tua argomentazione: il referendum è “illegittimo” perché fa leva sulla disinformazione dei cittadini; non è vero che le piattaforme danneggiano il turismo; la vittoria del SI non si tradurrebbe in un sostegno alla crescita delle rinnovabili, che comunque da sole non bastano; le trivellazioni non inducono terremoti.

Ecco: sei una geologa, mi par di capire. E questo spiega perché di energia tu ne sappia poco. Come io so poco di geologia, del resto. Questo non ti esonera, per contro, dal documentarti prima di scrivere, dal momento che hai desiderio di esprimere le tue riflessioni e rivolgerti all’opinione pubblica invitandola a non votare. Allora Michela, senti un po’…

– Entro le 12 miglia c’è sia petrolio che gas. Il progetto Ombrina Mare, recentemente bloccato dai provvedimenti presi dal governo per disinnescare l’iniziativa referendaria, era petrolio. Ugualmente dicasi per il campo oli Vega, nel Canale di Sicilia, dove entro le 12 miglia doveva sorgere la piattaforma Vega B. Entro le 12 miglia, in Adriatico, c’è tuttora operativo il campo oli Rospo, e anche le piattaforme Sarago estraggono petrolio;

– a oggi le piattaforme interessate dal referendum (che non verrebbero fermate all’indomani del voto, ma solo negli anni, progressivamente, in virtù della scadenza della loro concessione) producono solo il 3% del fabbisogno nazionale di gas. Di petrolio se ne estrae ancor meno, lo 0,8%.

– si tratta di quantitativi irrisori, che verranno riassorbiti dal calo costante del consumo nazionale di idrocarburi (negli ultimi 10 anni i consumi di petrolio e gas si sono ridotti, rispettivamente, del 33% e del 21,6%) o che possono essere compensati da misure minime di incremento dell’efficienza energetica o di elettrificazione dei consumi, senza dover essere rimpiazzate da un incremento di importazioni fossili.

Insomma no Michela, non stiamo facendo gli ambientalisti in casa nostra a spese dell’inquinamento altrui. Non saranno le piattaforme che chiuderemo in Italia a trasformare qualche Paese povero in un nuovo ‘inferno fossile’. E no, cara Michela: non ci sarà nessun aumento dei traffici di idrocarburi in conseguenza di questo referendum. E manco costruiremo nuove piattaforme. Il fatto poi che quelle esistenti producano così poco dovrebbe suggerirti che no, non c’è “un botto” di gas residuo da estrarre (guarda che “botto”, parlando di piattaforme, è inquietante!). Quei giacimenti sono di fatto già oggi esausti.

Potresti dirmi: ma se queste piattaforme producono così poco, ma che male fanno? E te lo dico volentieri che male fanno: i dati che Greenpeace ha recentemente reso pubblici – che sono dati di proprietà di ENI, relativi a monitoraggi ambientali realizzati da ISPRA per conto dell’azienda – dicono che le fantastiche, innocue e preziose piattaforme a gas che a te come ad altri sembrano piacere assai… in 3 casi su 4 sforano i parametri ambientali previsti dalle normative. I sedimenti raccolti nei pressi di queste strutture, così come i mitili analizzati, sono pieni di metalli pesanti e idrocarburi, di sostanze tossiche e cancerogene in grado di risalire la catena alimentare. Spesso, troppo spesso, le concentrazioni di queste sostanze sono fuori norma.

Ti voglio dire altre due o tre cose.

Il referendum non è “illegittimo” perché c’è poca informazione. Magari a te non piace la democrazia… a me si, invece, e tanto. L’unica cosa illegittima in questa storia è la cappa di silenzio che sin qui ha tenuto gli italiani all’oscuro delle informazioni che invece dovranno orientare le loro scelte.

Le piattaforme non danneggiano il turismo? Beh, lascialo decidere agli operatori del settore, che si stanno tutti mobilitando per sostenere il referendum.

Le trivelle non causano terremoti? Greenpeace di terremoti non ha mai parlato, ma di subsidenza dei territori costieri si. Tu che sei geologa ti dimentichi proprio di questo aspetto parlando di impianti che sono di fronte a territori – quelli del ravennate ad esempio – che si inabissano a una velocità terribile?

E infine, queste tanto bistrattate rinnovabili… se 10 anni fa avessimo detto che nel 2016 avrebbero prodotto il 40% dell’elettricità ci avrebbero dato dei visionari. Ecco, mi spiace dirtelo: noi siamo i visionari. E di solito ci prendiamo più di voi “(ottimisti e) razionali”… Molto di più.

Michela, hai a cuore l’ambiente ma non vuoi definirti “ambientalista” perché quella parola «come “fondamentalista” e “integralista” denota un estremismo spesso privo di qualsiasi tipo di raziocinio”». Che dirti? Forse quella parola ricorda una qualche misura di intransigenza… ma sai: a me fa pensare a cose belle, tipo “pacifista”, “umanista” e altre ancora. E comunque la preferisco – che so? – a lobbysta. E di lobbysti, al soldo delle aziende che difendi, ce ne sono sin troppi.

Il 17 aprile te ne starai a casa. Io andrò a votare, e voterò SI per fermare le trivelle. Ho una figlia di soli sette anni e mezzo: spero che quando avrà la mia età vivrà in un Paese più intelligente, più coraggioso e meno inquinato di questa Italia qua. Per questo faccio la mia parte.

Ciao.

Andrea Boraschi

Responsabile campagna energia e clima – Greenpeace Italia