L’Amazzonia sta continuando a bruciare

Greenpeace: «Si tratta di roghi in gran parte dolosi, appiccati per espandere le piantagioni destinate alla produzione di mangimi o per fare spazio ai pascoli di bovini»

[4 Agosto 2021]

Oltre al Mediterraneo e alla Siberia, in queste settimane enormi incendi stanno divampando anche all’emisfero sud, avvolgendo nelle fiamme la più grande foresta pluviale tropicale del Pianeta: l’Amazzonia.

Per testimoniare la gravità di quel che accade nella regione amazzonica, dal 29 al 31 luglio 2021 Greenpeace Brasile ha effettuato diversi voli di monitoraggio negli stati di Amazonas, Rondônia, Mato Grosso e Pará, registrando immagini impressionanti (che riportiamo in pagina, ndr).

«L’Amazzonia può assorbire grandi quantità di carbonio ma, purtroppo, secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature la sua capacità di agire come un immenso “serbatoio di carbonio” è gravemente minacciata dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici. La ridotta capacità dell’Amazzonia di catturare CO2 è un ulteriore avvertimento: ridurre le emissioni causate dai combustibili fossili e fermare la distruzione della foresta è più urgente che mai. È necessario che il Brasile riconosca i diritti e la proprietà delle terre ai popoli indigeni e che l’Unione europea approvi una rigorosa normativa per impedire l’ingresso sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legate alla deforestazione e alle violazioni dei diritti umani», dichiara Martina Borghi, della campagna foreste di Greenpeace Italia.

Secondo le informazioni raccolte dall’associazione ambientalista, infatti, oltre la metà degli incendi in corso in Amazzonia ha interessato porzioni di foresta che appartengono al pubblico demanio e terre indigene. Una tendenza destinata ad aumentare vertiginosamente se il Congresso brasiliano approverà il progetto di legge “PL2633/2020”, che aprirebbe la strada a un indiscriminato accaparramento delle terre (il cosiddetto land grabbing) per mezzo della deforestazione.