The Handmaid’s tale: il terribile futuro delle ancelle nella dittatura nero-verde post-catastrofe

«Non è necessariamente vero che accettare e affrontare il cambiamento climatico porterebbe a politiche progressiste»

[14 Dicembre 2020]

La versione televisiva di The Handmaid’s Tale è basata sul romanzo distopico pubblicato dalla scrittrice canadese o nel 1985 (Il racconto dell’ancella) e che racconta della Repubblica di Gilead – un regime totalitario e misogino che ha sostituito gli Usa –  governata da una brutale teocrazia inella quale i cittadini, e le donne in particolare, sono stati privati dei loro diritti.

La serie televisiva The Handmaid’s Tale, acclamata dalla critica e che ha vinto 38 premi Emmy, racconta  una “realtà alternativa” immaginaria, ma i suoi creatori hanno fatto di tutto perché mantenesse gli evidenti riferimenti che ci sono nel libro al cambiamento climatico, alle violazioni dei diritti umani e ai rifugiati. Per renderli il più reali e precisi possibile, gli autori hanno collaborando strettamente con gli esperti delle Nazioni Unite.

Il romanzo e la serie televisiva raccontano di una società post-catastrofe ambientale nella quale la maggior parte delle donne a diventare sterile e il piccolo numero  di donne che può ancora restare incinta sono costrette a diventare ancella, una “casta” di proprietà dell’élite al potere che le violenta sistematicamente, secondo un’interpretazione letterale della Bibbia,  per partorire bambini per le coppie al potere. .

La Atwood ha detto spesso che tutto quel che è descritto nel libro sta avvenendo, o è accaduto, in qualche parte nel mondo. I produttori della versione TV, della quale si sta girando la quarta stagione, seguono l’approccio del libro e mantengono lo stesso approccio della Atwood.

Dorothy Fortenberry e Andi Gitow  sono intervenute alla Producers Guild of America Keynote Conversation sul tema “The Climate Crisis and the Power of Story”.

La drammaturga Fortenberry co-produttrice esecutiva e tra le autrici della serie televisiva, ha detto a UN News che «Mentre il libro riflette le preoccupazioni degli anni ’80 sull’impatto ambientale degli incidenti nucleari e sull’inquinamento da piogge acide, il team di autori ha ritenuto che fosse importante fare del cambiamento climatico lo sfondo del collasso sociale che ha portato a Gilead. Abbiamo studiato come cose come temperature più elevate e inquinamento da plastica potrebbero influenzare la fertilità (attualmente stiamo assistendo a un calo della fertilità in tutto il mondo) e l’emergere di malattie legate al clima. Volevamo che la serie sembrasse il più possibile radicata nella realtà».

Ma nella finzione il regime totalitario della Repubblica monoteocratica di Gilead ha affrontato con successo molti aspetti del cambiamento climatico, sono vietati i combustibili fossili, circolano solo auto elettriche ed è stato messo fine all’inquinamento da plastica. La Fortenberry sottolinea che «Il cambiamento climatico è un evento, non ha una politica, e non è necessariamente vero che accettare e affrontare il cambiamento climatico porterebbe a politiche progressiste: un movimento pro-ambiente potrebbe anche essere fascista, anti-immigrati e repressivo». E infatti, anche in Europa e in Italia, dove i Partiti sovranisti della neodestra e neofascisti sono di solito negazionisti climatici ed ecoscetttici, non mancano movimenti reazionari, integralisti e neo e neofascisti che si dichiarano ecologisti e che sognano il ritorno a una società “naturale” basata sul comunitarismo corporativo e la sottomissione femminile come conseguenza naturale del ritorno alla famiglia tradizionale e razzialmente pura.

La Fortenberry  e i suoi colleghi hanno voluto che anche le molte questioni riguardanti i diritti umani presenti nella serie televisiva fossero realistiche. Una dei loro maggiori consulenti è stata la Gitow, dell’UC Shoah Foundation e attualmente in congedo dall’Onu dove si occupa di diritti umani.

La Gitow  racconta: «Abbiamo iniziato con conversazioni aperte, in cui cercavo di rispondere a domande su una serie di argomenti legati alle Nazioni Unite, come ad esempio cosa significa veramente vivere in un’area in conflitto; cosa significa perdere tutto compreso la tua casa, i tuoi diritti, la tua libertà; e come funziona in pratica il diritto internazionale. Condivido  le mie conoscenze sul campo e mi consulto e coinvolgo anche con esperti, tra cui l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e gli ex tribunali. Ad esempio, il team voleva sapere cosa provano i rifugiati emotivamente e praticamente e come operano i centri per rifugiati. Ad esempio, quando Emily, uno dei personaggi principali, riesce a fuggire da Gilead e attraversare il confine con il Canada, viene ferita e traumatizzata. Una volta portata in ospedale, viene accolta da un team di sole donne che le dice che è al sicuro. La scena quindi si svolge, documentando dettagliatamente il processo. La cosa è simile per Moira, un altro personaggio dei rifugiati, e abbiamo lavorato con gli sceneggiatori e gli scenografi per aiutarli a creare un ambiente il più reale possibile: cosa ci sarebbe sui muri? Cosa vedrebbero e sentiranno i personaggi? Ogni dettaglio dovrebbe sembrare realistico. E quando June, il personaggio principale, si riunisce finalmente alla sua giovane figlia, Hannah, che le è stata portata via e data a una famiglia di Galaad incapace di avere figli propri, E quando June, la protagonista, si è finalmente riunita con la sua giovane figlia, Hannah, che le è stata tolta e data a una famiglia di Galaad incapace di avere figli propri, non è la solita riunione di stile Hollywood: da parte della figlia, c’è un misto di paura, rabbia e incomprensione, che è ciò che spesso può accadere nel mondo reale»”.

La Gitow ha anche parlato con gli attori dello show, cercando di aiutarli a capire come potrebbe sentirsi il personaggio che interpretano in una particolare situazione e come potrebbe reagire.

Il successo internazionale di The Handmaid’s Tale ha fatto sì che ora milioni di persone siano consapevoli delle questioni contenute nel dramma, spesso per la prima volta. La Gitow ha detto a Un News: «Il dramma è uno dei mezzi più potenti. Naturalmente, i rapporti, i documenti e le riunioni sono molto importanti. Ma il dramma ti dà la possibilità di raggiungere un pubblico di massa che altrimenti non potrebbe essere esposto a questi problemi e altrimenti potrebbe non cercare  informazioni su questo».

Mentre si sforzano di garantire l’autenticità, gli autori della serie televisiva evitano di spingere su un tasto particolare e si concentrano sul raccontare storie forti, con personaggi complessi e che affrontano circostanze straordinarie.

La Fortenberry spiega ancora: «Se vuoi esprimere un certo punto di vista, è meglio scrivere un editoriale. Detto questo, mostriamo consapevolmente donne normali della classe media negli Stati Uniti che subiscono alcune delle esperienze che stanno accadendo proprio ora alle donne in altre parti del mondo. In tal modo, stiamo apportando specificità e umanità ad alcuni degli orrori in atto, dal cambiamento climatico alla violenza di genere. Quando vedi gli effetti su una persona, puoi metterti in relazione con loro».

La  Gitow  conclude: «Con un dramma, vedi problemi vissuti e interpretati da un personaggio con il quale sei in contatto. Pensi a te stesso, a tua madre, a tuo figlio o al tuo migliore amico in quella situazione, e diventa molto reale. Immagini come reagiresti in quella situazione. Il potere e la portata di tutto ciò è straordinario».