Snpa: in Italia qualità dell’aria in miglioramento negli ultimi 5 anni

Nel periodo 2015-2020, scendono tutti i valori medi annuali di PM10, PM2,5 e NO2. Forte diminuzione di NO2 nel 2020 a causa del lockdown. Andamento altalenante per i picchi giornalieri di polveri sottili, particolarmente nella Pianura padana

[29 Gennaio 2021]

In contemporanea con il rapporto “Mal’aria di città 2021” di Legambiente, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa)  ha pubblicato un’elaborazione dei dati  delle stazioni di rilevamento degli inquinanti atmosferici nelle regioni italiane dalla quale emerge che «Nel 2020, la qualità dell’aria in Italia è generalmente migliorata, confermando il trend registrato negli ultimi cinque anni».

Il Snpa evidenzia che «I dati, da un punto di vista pluriennale, denotano una progressiva diminuzione delle situazioni di superamento dei limiti normativi sia per il particolato (PM10 e PM2.5) sia per il biossido di azoto (NO2).  Infatti, nel 2015 la media annua di NO2 superava il limite di 40 microgrammi al metro cubo in 67 (13%) delle stazioni di monitoraggio italiane, mentre nel 2020 in 14 (2%) delle stazioni non rispettano tale parametro. Anche per il particolato, la situazione del 2020 è migliore rispetto a quella di 5 anni fa: il limite sulla media annua del PM10 è stato superato in 2 stazioni (0,4%), contro le 22 (4%) del 2015. Il superamento del limite medio anno di 25 microgrammi al metro cubo per il PM2.5 è limitato a 5 (2%) delle stazioni, mentre nel 2015 tale parametro non veniva rispettato in 37 (16%) delle stazioni italiane».

Meno significativa la diminuzione per i superamenti giornalieri del PM10: «Nel 2020 in 155 (29%) delle stazioni di monitoraggio italiane sono stati registrati sforamenti del limite consentito dalla normativa UE per il PM10 (50 microgrammi al metro cubo, per più di 35 giorni l’anno). Superamento particolarmente importante nelle aree del bacino padano, dove 2 stazioni su 3 (131 stazioni su 199) anche lo scorso anno hanno sforato la soglia prevista dalla legge. Il confronto con i trend quinquennali mostra comunque una diminuzione: nel 2015 le stazioni fuori norma per i superamenti giornalieri erano 200 (39%)».

Una conferma delle denunce di Legambiente ulteriormente corroborate anche dal fatto che lo stesso Snpa  ricorda che «Recentemente l’Italia, anche per i superamenti del limite giornaliero, tra 2008 e 2017, è stata condannata dalla Corte di Giustizia. Oltre alla normativa Ue, esistono altri parametri di tipo sanitario, ancora più stringenti, indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità, che rappresentano la situazione ottimale per gli inquinanti dell’aria. In base a queste raccomandazioni, la media annuale di PM10 dovrebbe attestarsi sui 20 microgrammi al metro cubo e i superamenti giornalieri non andare oltre le 3 giornate l’anno. Come nel resto d’Europa, anche in Italia, rispetto a questi parametri, il quadro complessivo per il particolato è più critico di quello riferito agli standard normativi: solo il 39% e il 24% delle stazioni fanno registrare valori rispettivamente inferiori a quelli guida per la media annuale di PM10 e di PM2,5; il 24% delle stazioni non supererebbe il limite di 50 microgrammi al metro cubo per più di 3 giorni all’anno».

Il Snpa fa notare che «Come ogni anno, la variabilità meteorologica ha avuto un ruolo importante nelle concentrazioni rilevate e sulla variabilità di breve periodo. I mesi di gennaio, febbraio e novembre, infatti, sono risultati particolarmente critici per la dispersione degli inquinanti in atmosfera, con precipitazioni che – specialmente nel bacino padano – sono state tra le più basse degli ultimi anni. Ciò ha favorito in particolare il superamento dei limiti sulla media giornaliera di PM10, in numero maggiore rispetto all’anno precedente, che sono peraltro più frequenti nei mesi invernali caratterizzati da condizioni meteorologiche normalmente più critiche per la qualità dell’aria».

Nel 2020 si sono fatti sentire anche gli effetti del lockdown causato dalla pandemia del Covid-19, soprattutto sugli inquinanti legati alle emissioni da traffico: molto più marcati su NO2, meno evidenti sul PM10. »Quest’ultimo – spiega il Snpa – è stato influenzato in modo significativo, specie nel bacino padano, dalla presenza della cosiddetta “componente secondaria” che si forma da reazioni chimiche fra le varie sostanze presenti nell’aria, quali gli ossidi di azoto, i composti organici volatili e l’ammoniaca (quest’ultima emessa prevalentemente da attività agricole e zootecniche meno influenzate dal lockdown) e, in parte, dall’aumento della combustione della legna negli apparecchi domestici, conseguente alla maggior permanenza nelle abitazioni a causa delle restrizioni».

il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente conclude: «Tutte queste valutazioni confermano l’esigenza di continuare a ridurre in modo sinergico e su ampia scala non solo le emissioni dovute ai trasporti su strada, ma anche tutte le altre emissioni che possono influenzare i livelli di qualità dell’aria: da quelle industriali a quelle dovute alla combustione di biomassa e alle attività zootecniche. L’obiettivo a cui tendere nel più breve tempo possibile è quello di conseguire innanzitutto gli standard normativi, perseguendo in prospettiva anche il rispetto dei valori proposti dalle linee guida dell’OMS».