Microplastiche e microfibre nelle viscere degli squali che vivono sul fondo marino

Uno studio sugli squali che vivono nei fondali al largo della costa del Regno Unito

[23 Luglio 2020]

Lo studio “Investigating the presence of microplastics in demersal sharks of the northeast Atlantic”, pubblicato su Scientific Reports da un team di scienziati britannici delle università di Exeter e Leeds e dei Greenpeace Research Laboratories ha analizzato 4 specie di squali demersali (che vivono nei fondali marini) e ne è emerso che «Dei 46 squali esaminati, il 67% conteneva microplastiche e altre fibre sintetiche».

Nelle viscere di questi esemplari – tutti provenienti da catture accidentali durante la pesca al nasello al largo della Cornovaglia, nell’Atlantico nord-orientale e nel Mar Celtico, specie che in Italia vengono mangiati comunemente – sono state trovate in totale 379 particelle di plastica e, sebbene il loro impatto sulla salute degli squali sia sconosciuto, i ricercatori fanno notare che comunque questo «Evidenzia la natura pervasiva dell’inquinamento da plastica».

Laura Foster, Head of Clean Seas della Marine Conservation Society, ha commentato: «La nuova ricerca su queste iconiche specie di squali nel Regno Unito mostra alti livelli di ingestione di microplastica, con il 95% dei contaminanti trovati che sono materiali fibrosi».

Il principale autore dello studio, Kristian Parton del Centre for ecology and conservation dell’università di Exeter, sottolinea che «Il nostro studio presenta le prime prove di contaminanti da microplastiche e fibre antropogeniche in una serie di specie di squali demersali nativi del Regno Unito. Siamo rimasti sorpresi di trovare non solo le microplastiche (inclusi articoli per l’igiene usa e getta come mascherine come potenziale fonte), ma anche particelle come la cellulosa rigenerata, che si trova comunemente nei tessuti e nei vestiti. Quando i vestiti vengono lavati o gli oggetti vengono scartati come rifiuti, vengono rilasciate minuscole fibre che spesso scorrono nelle risorse idriche e verso il mare. Una volta in mare, le microfibre possono galleggiare o affondare sul fondale, dove vivono questi squali. Le fibre potrebbero quindi essere ingerite dagli squali attraverso il cibo, che è formato principalmente da crostacei, o direttamente attraverso i sedimenti sul fondo del mare. Per quanto riguarda altri tipi di microplastiche che abbiamo trovato, molti di questi potrebbero provenire da lenze o reti da pesca».

Il team di ricerca ha esaminato lo stomaco e il tratto digestivo di 4 specie: gattuccio (Scyliorhinus canicula), spinarolo (Squalus acanthias), palombo stellato (Mustelus asterias) e gattopardo (Scyliorhinus stellaris) che si trovano a profondità diverse, tra i 5 e i 900 metri ma che di solito vivono e si nutrono vicino al fondo del mare.

All’università di Exeter sottolineano che «Sebbene lo studio si basi su una modesta dimensione del campione, i risultati suggeriscono che gli squali più grandi contenevano più particelle. Nessuna differenza è stata trovata in base al sesso o alla specie».

Una delle autrici dello studio, Tamara Galloway, del Global Systems Institute di Exeter, conclude: «Non ci aspettavamo di trovare microfibre dai tessuti in così tante delle nostre specie di squali nativi. Il nostro studio evidenzia quanto sia importante pensarci prima di buttare via le cose».