Decisione presa dopo l'apertura di un'indagine contro la raffineria La Pampilla per inquinamento ambientale

Marea nera in Perù: ordine di non lasciare il Paese per 4 dirigenti Repsol

Il capitano della nave italiana coinvolta smentisce la versione della Repsol

[28 Gennaio 2022]

Oggi, il giudice Romualdo Aguedo ha proibito di lasciare il Perù per 18 mesi al direttore esecutivo della Repsol in Perù, Jaime Fernández-Cuesta, a Renzo Tejada Mackenzie, capo del Terminal Marítimo 2  della raffineria La Pampilla dove il 15 gennaio è avvenuto l’incidente che ha provocato una devastante marea nera, a Cecilia Posadas Jhong, responsabile della qualità ambientale, e José Reyes Ruiz, responsabile della produzione.

I 4 funzionari sono evidentemente stati individuati come possibili responsabili dello sversamento di 6.000 barili di petrolio che hanno inquinato il mare e le coste di una vasta area della la provincia peruviana di Callao.

Aguedo ha ordinato alla Policía Judicial far ottemperare al provvedimento e la a sua decisione arriva dopo la richiesta del Ministerio Público  dopo che la  Fiscalía Especializada en Materia Ambiental di Lima Noroeste ha aperto un’indagine contro i rappresentanti della raffineria La Pampilla, gestita dalla multinazionale spagnola Repsol, per inquinamento ambientale.

Aguedo ha detto: «Siamo d’accordo con il rappresentante del Ministerio Público  nel pensare che il comportamento abituale degli indagati per la facilità e la continuità delle uscite fuori dal Paese (…) mostrerebbe in qualche modo un potenziale pericolo di fuga».

Ieri la pm Rosa Gonzales aveva detto che «Vi sono forti indicazioni di violazione delle norme che esigono che l’impresa rispetti i meccanismi di sicurezza e contenimento per aver evitato i risultati conosciuti al pubblico».
la marea nera, che il governo peruviano ha definito «Il  peggior disastro ecologico accaduto a Lima negli ultimi tempi», è iniziata il 15 gennaio, durante il lo scarico di greggio da parte della petroliere Mare Doricum, battente bandiera italiana, con a bordo 965.000 barili di greggio. La  petroliera è trattenuta dalle autorità peruviane al largo di Callao mentre si svolgono le indagini.

La Repsol dice che lo sversamento è avvenuto a causa delle onde anomale dell’ tsunami provocato dall’eruzione vulcanica sottomarina nelle Isole Tonga, ma i pescatori e gli ambientalisti smentiscono questa ricostruzione e dicono che i due eventi non coincidono.

Il governo peruviano aveva concesso alla Repsol 10 giorni per svolgere tutte le  azioni di pulizia e decontaminazione, tempo che ormai è scaduto mentre la situazione resta drammatica e ieri il ministro dell’Ambiente, Rubén Ramírez, ha espresso la sua «Indignazione per il mancato rispetto delle misure e delle scadenze stabilite dall’Organismo de Evaluación y Fiscalización Ambiental (OEFA). La raffineria non ha rispettato i compiti richiesti relativi all’identificazione dei punti critici, alla raccolta del materiale oleoso impregnato nella sabbia e nelle falde acquifere e anche allo smaltimento finale. Stiamo applicando la sanzione e abbiamo avviato il processo sanzionatorio». La compagnia petrolifera petrolifera spagnola potrebbe pagare fino a 4,6 milioni di dollari d multe.

Intanto il capitano della Mare Doricum, l’italiano Giacomo Pisani, ha assicurato che Repsol non ha risposto alle sue richieste durante la fuoriuscita di petrolio, il che mette in discussione la versione offerta dalla multinazionale spagnola.

In alcune lettere inviate a <l giornale peruviano El Comercio, Pisani afferma che i rappresentanti della raffineria Repsol non avrebbero effettuato immersioni nelle acque del terminal petrolifero «Per verificare lo stato della manichetta galleggiante di carico che ha causato la fuoriuscita di petrolio», cosa che ha consentito al greggio di arrivare senza ostacoli fino alla costa.

Inoltre, nonostante Pisani avesse chiesto al pilota delle navi Repsol di salire a bordo alle 5:30 del pomeriggio, «dopo un incidente che ha comportato il distacco delle cime di ormeggio per mettere in posizione la nave», il comandante Repsol non lo avrebbe fatto fino alle 23:05 di notte. Cioè, quasi 6 ore dopo che il petrolio aveva iniziato a fuoriuscire in mare.

Pisani ha affermato che i rappresentanti del terminal avevano sostenuto che la contaminazione  era sotto controllo, «Ma abbiamo osservato che la barriera petrolifera non era abbastanza lunga da coprire l’intera lunghezza intorno alla la nave» e il rappresentante della raffineria non avrebbe voluto controfirmare le sue lettere di protesta.

In una dichiarazione pubblicata sulla sua pagina, la compagnia petrolifera elude le proprie responsabilità e assicura che la risposta ritardata «Non è responsabilità di Repsol», ma concorda con la versione del capitano italiano riguardo alle «Condizioni anomale del mare e delle onde», che durante lo scarico del greggio avrebbero «causato la rottura delle cime di ormeggio».

Quanto al mancato intervento degli operatori subacquei, secondo Repsol non hanno potuto immergrsi perchp<è «Le condizioni non erano sicure». Ma, a  quanto pare, sarebbe stata attivata solo successivamente una seconda squadra di sommozzatori «con attrezzatura speciale per questo tipo di situazioni».

E, nonostante il disastro e l’inadeguatezza degli interventi siano sotto gli occhi di tutti, la multinazionale petrolifera assicura che «Le barriere di contenimento sono state dispiegate fin dal primo momento». Ma le autorità locali e statali smentiscono decisamente: «Non è vero che erano lì dal primo momento . Eravamo al secondo o terzo giorno e il piano di emergenza non era stato implementato», ha detto la presidente del Consiglio dei ministri, Mirtha Vásquez.

La fuoriuscita di petrolio in mare ha provocato una marea nera che  interessa spiagge, aree protette, flora e fauna marina.