11 le città italiane già fuorilegge per polveri sottili: maglia nera a Verona e Venezia, con 41 giorni di sforamenti

Mal’aria 2021, i costi dell’immobilismo: 3 procedure di infrazione Ue. La prima ci costerà fino a 2,3 miliardi di euro

Legambiente scrive al Commissario Ue all’ambiente: troppi ritardi e inadeguatezza nei provvedimenti di governo e Regioni italiane contro l’inquinamento

[13 Settembre 2021]

Secondo il dossier “Mal’aria 2021 edizione speciale – I costi dell’immobilismo” di Legambiente, «L’Italia è davanti a un bivio: pagare una multa miliardaria per inadempienza alla Commissione Europea, stimata da 1.5 a 2.3 miliardi di euro, oppure agire efficacemente e con urgenza per ridurre l’inquinamento delle nostre città. Il nostro Paese ha infatti all’attivo tre procedure di infrazione con la Commissione, in territori dove la salute dei cittadini è stata messa ripetutamente a rischio per le elevate concentrazioni degli inquinanti atmosferici. Eppure, l’Italia resta ferma, in un immobilismo che potrebbe costarci molto caro. E’ infatti sulla base degli allarmanti dati che arrivano dalle città italiane, che la Commissione Europea chiederà alla Corte di giustizia Europea di definire a breve l’ammontare della sanzione, a cui l’Italia è già stata condannata il 10 novembre scorso, per il superamento continuativo dei limiti di PM10 negli anni che vanno dal 2008 al 2017. La multa, salatissima, potrebbe comportare il taglio di futuri fondi europei destinati all’Italia, in primis, e poi alle singole Regioni inadempienti. A questo, si rischia poi il sommarsi delle cifre relative alle procedure di infrazione in corso per altri due inquinanti: PM2,5 e NO2, le cui sentenze sono attese nei prossimi mesi».

Nel dossier l’associazione ambientalista  segnala i ritardi nell’applicazione dei provvedimenti di emergenza e dei piani di risanamento dell’aria, sia da parte del Governo che delle principali Regioni italiane, ed evidenzia che «L’adozione di misure antismog già da questo settembre ’21 potrebbe essere l’unico modo per evitare il superamento dei limiti giornalieri di polveri sottili durante l’autunno e l’inverno prossimi. Inoltre, la riduzione costante e progressiva degli inquinanti dovrà portare al loro dimezzamento (-55%) entro il prossimo decennio, in accordo con il Piano d’azione europeo “Verso l’inquinamento zero”».

Il Cigno Verde analizza le misure strutturali e straordinarie dichiarate, promesse e messe in atto dal Governo e dalle Regioni della Pianura Padana e ne viene fuori che «Nella poco dignitosa gara a chi fa di meno, insieme al Governo nazionale, trionfa la Regione Lombardia, entrambi con solo il 15% delle azioni completate. Segue la Regione Piemonte (con solo il 25% delle promesse mantenute). Si difendono con neanche il 40% dei compiti espletati il Veneto e l’Emilia-Romagna. Tra le promesse attese in autunno, le limitazioni alla circolazione nelle città dei vecchi diesel euro4: al momento, solo l’Emilia-Romagna sembra confermare lo stop. Lo Stato invece ha promesso di decretare limiti di velocità più bassi sulle autostrade quando c’è inquinamento, come in tutti gli altri Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria e Slovenia), ma ancora non è stato scritto nessun decreto. Abbiamo promesso, per evitare la multa, anche lo stop al carbone, al gasolio nel riscaldamento, la sospensione dei liquami in agricoltura, limiti alla circolazione dei camion inquinanti e la fine dei sussidi ai diesel: tutti disattesi».

Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile Legambiente, ricorda che «Il blocco stagionale delle auto più inquinanti, i diesel euro4, era previsto il 1° ottobre 2020 e prorogato con la scusa del Covid-19. Al momento Lombardia, Piemonte e Veneto sembrano intenzionate a bloccarli. Per di più, siamo l’unico Paese dell’arco alpino che non limita la velocità sulle strade e le autostrade per inquinamento, ma Stato e Regioni sono tempestivi a distribuire incentivi per le stufe a legna inquinanti o per le auto a combustibili fossili, che inevitabilmente peggiorano la qualità dell’aria delle nostre città».

Il dossier di Legambiente fa il bilancio della situazione, ed è abbastanza sconfortante: «Sono già 11 le città che a inizio settembre hanno sforato, con almeno una centralina, il limite previsto per le polveri sottili, ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media di PM10 giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo. Maglia nera a Verona e Venezia con 41 giorni di sforamenti, seguite da Vicenza con 40, Avellino e Brescia con 39, Cremona e Treviso con 38, Alessandria, Frosinone e Napoli con 37, Modena con 36. Il numero di città rischia di aumentare considerevolmente visto che Padova e Rovigo sfiorano il limite, registrando 35 giorni di sforamento al 6 settembre 2021, mentre la città di Torino ne registra 34. Vicine alla soglia critica anche Asti (con 33 giorni di sforamenti), Lodi e Reggio Emilia (32), Bergamo e Caserta (31) e Parma (30). Città che inevitabilmente supereranno i limiti nel corso dell’autunno e dell’inverno prossimi».

E, vista la situazione, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha annunciato che «Abbiamo scritto al Commissario europeo all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevičius, per esprimere la nostra preoccupazione circa l’inefficacia e i ritardi delle politiche italiane nel miglioramento della qualità dell’aria, sottoponendogli i risultati emersi dal report Mal’Aria e chiedendogli di sollecitare le nostre istituzioni ad agire prima della definizione della multa europea. Al contempo, siamo intenzionati anche attraverso la nostra campagna #LiberiDaiVeleni a batterci città per città, perché i ministri del Governo e i presidenti di Regione applichino finalmente le leggi e le ordinanze promesse all’Europa per riportare l’inquinamento, già questo inverno, nei limiti previsti dalle Direttiva del 2008 e del 2014. Anche perché i valori limiti dal prossimo anno saranno dimezzati e non vogliamo che le nostre città rimangano inquinate oltre la soglia massima per un altro decennio. Inquinati e per giunta multati. L’inquinamento atmosferico deve essere affrontato in maniera trasversale e integrata con azioni efficaci, incisive e durature per poter cominciare a invertire la rotta».

Una realtà che però non sembra essere molto conosciuta dagli italiani: Infatti, dal sondaggio IPSOS- Legambiente elaborato nell’ambito della campagna Clean Cities, che ha intervistato circa 1.000 italiani dai 18 ai 75 anni dal 31 agosto al 2 settembre 2021, emerge che «Solo il 27,5% sa che l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea per eccessivo inquinamento, e una grande maggioranza – il 77%, pensa che la sanzione sia stata meritata. Ancora più severo lo sguardo dei giovani: l’85,8% della popolazione intervistata con età compresa tra i 18 e 30 anni è convinto che la condanna sia stata meritata perché “si sarebbe potuto fare di più”».

Però, a giudicare dal sondaggio, gli italiani sembrano avere le idee chiare sulle responsabilità di chi avrebbe dovuto ridurre i veleni che respiriamo e non lo ha fatto a sufficienza: «Il Governo nazionale è considerato il maggiore responsabile dall’80% degli italiani intervistati, i presidenti di regione dal 70%, il 21,5% chiama in causa soprattutto i sindaci e ben il 29% pensa che l’inquinamento sia conseguenza dei nostri comportamenti; una consapevolezza, quest’ultima, più radicata tra i giovani. Idee chiare anche sulle cause principali dell’inquinamento in città: il 63% degli italiani pensa che il traffico sia responsabile di “quasi metà dell’inquinamento” e che nelle nostre città circolino un numero eccessivo di automobili. Se c’è accordo sulla causa, ci si divide sulle terapie. Quasi unanime la richiesta di incrementare il trasporto pubblico elettrico (il 68% la considera la misura più urgente), seguita da quella di aumento delle superfici verdi e alberate (50% delle priorità). L’estensione dei percorsi pedonali (20%) e la realizzazione di spazi per il parcheggio di bici e monopattini, è richiesta soprattutto dai 30-40enni».

Nell’ambiente urbano i due settori che incidono maggiormente sul tasso di inquinamento sono la mobilità e il riscaldamento domestico, ma in alcune città l’inquinamento industriale o l’agricoltura hanno una notevole incidenza. Per accelerare la transizione ecologica e avviare l’Italia “verso l’inquinamento zero”, per l’associazione sarà fondamentale realizzare insieme sia provvedimenti urgenti che riforme e opere strutturali. In particolare, tra i provvedimenti urgenti  con l’edizione speciale di Mal’aria 2021 Legambiente avanza anche alcune proposte. Eccole:   «Sul tema della mobilità, va limitata la circolazione dei veicoli più inquinanti, i bonus e gli incentivi rottamazione all’acquisto di auto a combustione e introdotti limiti di velocità per inquinamento su strade e autostrade. In campo agricolo, l’associazione chiede il divieto di spandimento liquami in campo senza copertura immediata. Per quanto riguarda il riscaldamento, è necessario lo stop progressivo all’uso del gasolio entro settembre 2022 nelle città inquinate, lo stop immediato a incentivi fiscali o conto termico e il divieto installazione di stufe a legna o biomasse sotto le 5 stelle. Inoltre, l’associazione sostiene e promuove l’uso delle tecnologie innovative, a partire dalle pompe di calore. Infine, è quanto mai urgente accelerare l’uscita dal carbone per le centrali termoelettriche che ricadono nelle aree oggetto delle procedure di infrazione. Nel dossier le proposte complete».