Le zanne dei narvali rivelano l’esposizione al mercurio legata al cambiamento climatico

Come gli anelli del tronco di un albero, la zanna di un narvalo fornisce informazioni sulle mutevoli condizioni nell'Artico

[31 Marzo 2021]

Nell’Artico, i cambiamenti climatici e l’inquinamento sono le maggiori minacce per i predatori marini all’apice come i narvali (Monodon monoceros). Il nuovo studio “Analysis of narwhal tusks reveals lifelong feeding ecology and mercury exposure”, pubblicato su Current Biology da un team internazionale di ricercatori, si occupa delle caratteristiche delle zanne di questi cetacei e  rivela che «La dieta e l’esposizione all’inquinamento sono cambiate nell’ultimo mezzo secolo in risposta al declino del ghiaccio marino. Negli ultimi anni, le emissioni umane hanno anche portato a un forte aumento della presenza di mercurio».

Uno degli autori dello studio, Jean-Pierre Desforges della McGill University, spiega che  «La nostra ricerca dimostra che il cambiamento climatico sta avendo impatti sostanziali sugli ecosistemi artici, con conseguenze per l’esposizione a inquinanti tossici come il mercurio».

Utilizzando gli strati di crescita naturale presenti nella zanna dei narvali maschi, i ricercatori sono stati in grado di documentare i cambiamenti annuali dell’esposizione al mercurio risalenti agli anni ’60. La lunga zanna del narvalo, simile a una spada e che probabilmente ha contribuito alla diffusione leggenda dell’unicorno, sporge dal lato sinistro della mascella superiore dei maschi e può raggiungere i tre metri di lunghezza. Proprio come gli anelli in un tronco d’albero, alla zanna del narvalo ogni anno viene aggiunto un nuovo strato di crescita. I ricercatori fanno notare: «Dato che la zanna è collegata al resto del corpo attraverso il sangue, ogni nuovo strato registra aspetti della fisiologia dell’animale, spiegano i ricercatori. Questo include informazioni su cosa e dove gli animali hanno mangiato ogni anno e l’esposizione a contaminanti derivanti dall’attività umana».

Desforges aggiunge: «Metalli pesanti come il mercurio e altri contaminanti si accumulano a ogni anello della catena alimentare. Più in alto sei nella catena alimentare, più mercurio accumuli nel tuo corpo per tutta la vita. Quantità elevate di metalli pesanti nel corpo sono tossiche e possono influenzare le funzioni cognitive, il comportamento e la capacità di riprodursi».

I ricercatori hanno scoperto che dal 1990 al 2000 i narvali hanno accumulato quantità relativamente piccole di mercurio perché le loro nuove prede si trovavano più in basso nella catena alimentare. Fino al 1990 circa, i narv ali si cibavano soprattutto di prede legate al ghiaccio marino, come l’halibut e il merluzzo artico. Durante questo periodo, in aree come la baia di Baffin la copertura di ghiaccio era estesa. Dopo il 1990, la copertura di ghiaccio è diminuita costantemente anno dopo anno e la dieta dei narvali è cambiata e le loro principali prede sono diventate quelle oceaniche, come il capelin e il merluzzo polare. Tuttavia, intorno al 2000, la quantità di mercurio è aumentata in modo significativo nelle zanne del narvalo, senza che ci fosse un cambiamento simultaneo nella dieta.

I ricercatori attribuiscono l’aumento delle emissioni di mercurio «Alla continua combustione di combustibili fossili nel sud-est asiatico» ma avvertono che «L’aumento potrebbe anche essere dovuto al cambiamento delle condizioni del ghiaccio marino mentre il clima si riscalda, causando cambiamenti nel ciclo ambientale del mercurio nell’Artico».

Negli ultimi 30 o 40 anni, il cambiamento climatico ha ridotto la copertura di ghiaccio marino nell’Artico. Molte specie dipendono dal ghiaccio per eludere i predatori e nella loro ricerca di cibo o per riprodursi, questo influisce sull’intera catena alimentare artica e sulle condizioni di vita di tutte le specie. I cambiamenti nelle temperature e nel ghiaccio marino portano anche all’invasione di nuove specie provenienti dalle zone più calde. E i ricercatori sottolineano che «Per il narvalo, il ghiaccio funge da protezione contro i nemici come le orche».

Un altro autore dello studio, il danese  Rune Dietz del Dipartimento di bioscienze dell’ Aarhus Universitet evidenzia che «Il narvalo è uno dei mammiferi artici più colpiti dai cambiamenti climatici. Mancano delle proprietà fisiologiche che aiutano ad eliminare i contaminanti ambientali. Non possono sbarazzarsi del mercurio formando peli e piume come fanno orsi polari, foche o uccelli marini».

I risultati dello studio mostrano che «Ogni strato della zanna del narvalo fornisce preziose informazioni sulle condizioni di vita degli animali e una finestra sugli sviluppi nell’Artico».

Dietz conclude: «Con la nostra scoperta, ora sappiamo che c’è una banca dati nelle zanne di narvalo che si trovano nei musei di tutto il mondo. Analizzandole, si spera che possiamo ottenere informazioni sulla strategia alimentare dei narvali di periodi diversi. Questo ci fornirà una solida base per valutare come la specie affronta le mutevoli condizioni che incontra oggi nell’Artico».