Le alghe del ghiaccio artico sono fortemente contaminate da microplastiche

La Melosira arctica ha una concentrazione di particelle di plastica 10 volte superiore rispetto all'acqua di mare circostante

[24 Aprile 2023]

Secondo lo studio “High levels of microplastics in the Arctic ice alga Melosira arctica, a vector to ice-associated and benthic food webs”, pubblicato su Environmental Science and Technology da Melanie Bergmann, Thomas Krumpen  (Alfred-Wegener-Institut, Helmholtz-Zentrum für Polar- und Meeresforschung – AWI), Steve Allen (Ocean Frontiers Institute Dalhousie University – OFI), e Deonie Allen (University of Birmingham, UK e università di Canterbury – Christchurch), «L’alga Melosira arctica, che cresce sotto il ghiaccio marino artico, contiene 10 volte più particelle di microplastica dell’acqua di mare circostante».

L’AWI fa notare che «Questa concentrazione alla base della rete trofica rappresenta una minaccia per le creature che si nutrono delle alghe sulla superficie del mare. I grumi di alghe morte trasportano anche la plastica con i suoi inquinanti in modo particolarmente rapido nelle profondità marine – e possono quindi spiegare le elevate concentrazioni di microplastica nei sedimenti».

Durante i mesi primaverili ed estivi, la Melosira arctica cresce rapidamente sotto il ghiaccio marino, dove forma catene cellulari lunghe un metro. Quando le cellule muoiono e il ghiaccio si scioglie, si uniscono per formare grumi che in un solo giorno possono affondare per diverse migliaia di metri sul fondo del mare dove costituiscono un’importante fonte di cibo per animali e batteri che vivono sul fondale. Oltre al cibo, però, questi aggregati trasportano nelle profondità marine dell’Artico anche un carico pericolose.

La Bergman evidenzia che «Abbiamo finalmente trovato una spiegazione plausibile del motivo per cui misuriamo sempre le maggiori quantità di microplastiche nell’area del bordo del ghiaccio, anche nei sedimenti di acque profonde». Fino ad ora, i ricercatori sapevano solo da misurazioni precedenti che le microplastiche si concentrano nel ghiaccio durante la formazione del ghiaccio marino e vengono rilasciate nell’acqua circostante quando si scioglie. „La velocità con cui la Melosira arctica scende significa che cade quasi in linea retta sotto il bordo del ghiaccio. La neve marina, invece, è più lenta e viene spinta lateralmente dalle correnti, quindi affonda più lontano. «La scopetta che la Melosira porta le microplastiche direttamente sul fondo, aiuta a spiegare perché misuriamo numeri di microplastiche più alti sotto il bordo del ghiaccio», aggiunge la biologa dell’AWI.

Durante una spedizione con la nave da ricerca Polarstern avvenuta nell’estate del 2021, ol team di ricerca ha raccolto campioni di Melosira e dell’acqua circostante le banchise di ghiaccio che sono poi stati analizzati in laboratorio dall’OFI e dell’università di Canterbury per determinarne il contenuto di microplastica. Il risultato è stato sorprendente: «I grumi di alghe contenevano in media 31.000 ± 19.000 particelle di microplastica per metro cubo, circa 10 volte la concentrazione dell’acqua circostante».

Le alghe filamentose hanno una consistenza viscida e appiccicosa, quindi potenzialmente raccolgono microplastica dalla deposizione atmosferica sul mare, dall’acqua di mare stessa, dal ghiaccio circostante e da qualsiasi altra fonte che passa. Una volta intrappolate nella melma algale [le microplastiche] viaggiano come in un ascensore fino al fondo del mare, o vengono mangiate da animali marini. Poiché le alghe del ghiaccio sono un’importante fonte di cibo per molti abitanti delle profondità marine, la microplastica potrebbe quindi entrare nella rete alimentare lì. Ma è anche un’importante fonte di cibo sulla superficie del mare e potrebbe spiegare perché le microplastiche erano particolarmente diffuse tra gli organismi di zooplancton associati al ghiaccio, come mostra uno studio precedente con la partecipazione di AWI. In questo modo possono entrare anche qui nella catena alimentare quando lo zooplancton viene mangiato da pesci come il merluzzo polare e questi vengono mangiati da uccelli marini e foche e questi a loro volta dagli orsi polari. L’analisi dettagliata della composizione della plastica ha mostrato che nell’Artico si trova una varietà di materie plastiche diverse, tra cui polietilene, poliestere, polipropilene, nylon, acrilico e molti altri. Oltre a vari prodotti chimici e coloranti, questo crea un mix di sostanze il cui impatto sull’ambiente e sulle creature viventi è difficile da valutare.

La Bergman ricorda che «Le persone nell’Artico dipendono in modo particolare dalla rete alimentare marina per il loro approvvigionamento di proteine, ad esempio attraverso la caccia o la pesca. Questo significa che sono anche esposti alle microplastiche e alle sostanze chimiche. Le microplastiche sono già state rilevate nell’intestino umano, nel sangue, nelle vene, nei polmoni, nella placenta e nel latte materno e possono causare reazioni infiammatorie, ma finora le conseguenze complessive sono state poco studiate».

Allen aggiunge: «Le micro e nano plastiche sono state praticamente rilevate in ogni luogo in cui gli scienziati hanno guardato nel corpo umano e all’interno di una pletora di altre specie. E’ noto che modificano i comportamenti, la crescita, la fecondità e i tassi di mortalità negli organismi e molte sostanze chimiche plastiche sono note tossine per l’uomo».

Inoltre, l’ecosistema artico è già minacciato dai profondi sconvolgimenti ambientali causati dalla crisi climatica. L’ulteriore esposizione degli organismi marini alle microplastiche e alle sostanze chimiche che contengono possono indebolirli ulteriormente. “Quindi, abbiamo una combinazione di crisi planetarie che dobbiamo affrontare con urgenza in modo efficace. I calcoli scientifici hanno dimostrato che il modo più efficace per ridurre l’inquinamento da plastica è ridurre la produzione di nuova plastica”, afferma il biologo dell’AWI e aggiunge: La Bergmann, che parteciperà al prossimo round negoziale sull’inquinamento da plastica  che inizierà a Parigi alla fine di maggio, conclude: «Questo dovrebbe quindi essere sicuramente prioritario nell’accordo globale sulla plastica attualmente in fase di negoziazione»