Inquinamento del mare: aumentano le minacce per la salute umana

Dichiarazione di Monaco: no a carbone, mercurio e plastica monouso; gestione più efficace di rifiuti e acque reflue: istituzione di una rete di Aree marine protette più numerose e grandi

[9 Dicembre 2020]

Un team internazionale di scienziati guidato da Center Scientifique de Monaco, Boston College e Woods Hole Oceanographic Institution (Whoi) ha pubblicato su Annals of Global Health il rapporto/studio completo ”Human Health and Ocean Pollution” che indaga sugli impatti sociali dell’inquinamento marino e sugli impatti del cambiamento climatico, della plastica, del deflusso di nutrienti, degli sversamenti di petrolio e di altri inquinanti sul benessere umano. La conclusione dello studio non lascia dubbi: «Le attività umane hanno fatto sì che una complessa miscela di sostanze entrasse nell’ambiente acquatico. Questa miscela raggiunge gli oceani attraverso i fiumi, i ruscelli, il deposito atmosferico e gli scarichi diretti. L’inquinamento dell’oceano ha molteplici impatti negativi sugli ecosistemi e sulla salute umana, soprattutto per le popolazioni vulnerabile».

Il principale autore dello studio il biologo John Stegeman del Woods Hole Center for Oceans and Human Health e del Boston College, spiega che «Questo rapporto fa parte di uno sforzo globale per affrontare le questioni relative agli oceani e alla salute umana. In un modo che ricorda una pentola su un fornello, la preoccupazione sta cominciando a ribollire. Sta raggiungendo il punto di ebollizione in cui seguirà l’azione dove è così chiaramente necessaria».

Allo studio sono hanno partecipato più di 40 ricercatori di istituzioni di Stati Uniti, Europa e Africa. – compresi  gli italiani Luigi Verzulli dell’università di Genova, Laura Giuliano della CIESM – The Mediterranean Science Commission e Maria Luiza Pedrotti del CNRS – Sorbonne Université – ed è emerso che l’inquinamento marino globale è molto diffuso ed è in peggioramento e ormai rappresenta un serio pericolo per miliardi di personeMa anche che, nonostante il loro contributo relativamente basso al problema, a sopportarne il peso maggiore sono le popolazioni dei Paesi a basso reddito. Per affrontare questo problema, il rapporto si conclude proponendo  azioni politiche che possono essere attuate a livello comunitario, nazionale e globale per proteggere gli oceani e le generazioni future.

Per Stegeman «Il documento avrà un grande impatto grazie alla sua ampia portata e alle raccomandazioni politiche, che sono state annunciate la scorsa settimana durante il primo International Symposium on Human Health and the Ocean in a changing world  Simposio internazionale di Monaco “Human Health and the Ocean in a Changing World”», tenutosi il 2 e 3 dicembre nel Principato di Monaco. Scienziati provenienti da tutto il mondo, appartenenti a istituti di ricerca nazionali e internazionali, hanno fornito una panoramica della situazione attuale attraverso 24 presentazioni che spaziavano in vari campi di ricerca, mettendo in luce  sia gli effetti positivi dell’ambiente marino sulla salute umana che gli effetti negativi come l’acidificazione degli oceani e il cambiamento climatico, sottolineando che «Quest’ultimo favorisce lo sviluppo di agenti patogeni è pericolo per le popolazioni costiere a causa maltempo».

Citando gli effetti neuro-evolutivi  dell’inquinamenti marino, che i ricercatori hanno definito una «pandemia globale silenziosa», nel suo intervento introduttivo al simposio monegasco, Stegeman ha sottolineato: «Sappiamo che ci sono sostanze chimiche in grado di causare danni e che si trovano nell’oceano e nei frutti di mare», ma ha ricordato che ci sono precedenti di un’efficace azione contro l’inquinamento marino, compreso un divieto del 1979 di produrre policlorobifenili (PCB) e la bonifica del porto di Boston, che negli anni ’90 era considerato lo specchio d’acqua più sporco d’America.  Per Stegeman «Vietare la produzione di alcune sostanze chimiche è una questione di volontà politica e di riconoscimento pubblico del problema».

Per la Monaco Commission on Human Health and Ocean Pollution Il simposio è stato anche l’occasione per  pubblicare la Dichiarazione di Monaco nella quale si legge che «L’inquinamento degli oceani è diffuso, sta peggiorando e, nella maggior parte dei Paesi, è scarsamente controllato».  la Dichiarazione formula raccomandazioni ai «Leader di tutti i Paesi e ai cittadini del mondo» per «Far progredire la salute e il benessere umano impedendo l’inquinamento degli oceani» e i cui principali punti sono: azione globale per la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili;  passaggio a un’economia basata su una crescita equa e una produzione sostenibile; istituzione di una rete di Aree marine protette per salvaguardare specie e habitat vulnerabili; prevenire di ulteriori emissioni di mercurio ponendo fine alla combustione del carbone e all’estrazione artigianale dell’oro; vietare la produzione di plastica monouso; gestire più efficace i rifiuti solidi, le acque reflue e il deflusso; transizione dalle tossine alla “chimica verde” nelle attività produttive.

I ricercatori si dicono convinti che «Con ulteriori studi e un monitoraggio approfondito degli oceani, scienziati e responsabili politici svilupperanno strategie più mirate per ridurre gli impatti dell’inquinamento sulla salute umana».

Rick Murray, vicedirettore e vicepresidente per la ricerca della Whoi, che ha fatto parte del comitato direttivo della conferenza di Monaco, sottolinea che «Il rapporto della Commissione di Monaco è un chiaro invito a tutti noi a prestare rinnovata attenzione all’oceano che sostiene la vita sulla Terra e a seguire le indicazioni stabilite da una scienza forte e da un gruppo impegnato di scienziati. L’oceano ha sostenuto l’umanità nel corso della nostra evoluzione: è ora di restituire il favore e fare ciò che è necessario per prevenire ulteriori, inutili danni al nostro vitale sistema di supporto planetario».

Intervistato da Arun Rath per GBH All Things Considered, Philip Landrigan, del Boston College e del comitato organizzatore del simposio di Monaco, ha ricordato che   «Non è una novità che gli oceani siano inquinati. Ma quello che abbiamo appreso attraverso questo studio biennale che abbiamo svolto in collaborazione con il governo di Monaco è che l’inquinamento degli oceani è molto più ampio di quanto avevamo precedentemente realizzato, e anche che ha molti più effetti – effetti diretti ed effetti indiretti – sulla salute umana. di quanto avevamo capito in precedenza. Penso che questi siano i due grandi messaggi».

Passando ad esaminare le fonti dell’inquinamento marino, Landrigan ha detto che «Il mercurio è uno dei grandi inquinanti nell’oceano. La combustione del carbone è la principale fonte di quel mercurio. Tutto il carbone contiene una certa quantità di mercurio, e quando si bruciano migliaia di tonnellate di carbone, il mercurio si vaporizza, sale nell’atmosfera e scende negli oceani. Nell’oceano si accumula nei pesci, specialmente nelle specie predatrici come il tonno, come la spigola, come il pesce azzurro, come il pesce spada, ed è così che gli esseri umani possono essere esposti. Se una mamma incinta mangia pesce contaminato dal mercurio che ha avuto origine in una centrale elettrica a carbone, quel mercurio entra nel suo corpo, passa al suo bambino e può causare danni cerebrali al bambino, perdita di QI, aumento del rischio di disturbo da deficit di attenzione, aumento del rischio di disturbo dello spettro autistico».

E l’inquinamento è più esteso lungo le costre dei Paesi in via di sviluppo che non dispongono di sistemi di raccolta dei rifiuti efficienti. I rifiuti vengono scaricati all’aperto e di lì finiscono in mare. »Ma – fa notare Landrigan –  l’inquinamento ha origine in ogni Paese e ogni Paese che utilizza ancora sacchetti di plastica – ogni Paese che utilizza ancora in modo estensivo la plastica usa e getta  – quei Paesi, incluso il nostro Paese, gli Stati Uniti, contribuiscono all’inquinamento degli oceani».

Il mercurio raggiunge gli esseri umani attraverso il cibo. I rifiuti di plastica nell’oceano si decompongono e formano microplastiche che contengono sostanze chimiche tossiche: agenti cancerogeni, neurotossine, interferenti endocrini. »Quelle piccole particelle di plastica  – dice Landrigan – entrano nei pesci, entrano nei molluschi, le mangiamo e la plastica entra nel nostro corpo. Un’altra via di esposizione è l’inalazione. Quando gli oceani vengono inquinati da rifiuti chimici, rifiuti animali, rifiuti umani, ci sono queste fioriture algali che abbiamo lungo la costa ogni estate, quelle che chiamiamo mung down a Cape Cod: maree rosse, maree verdi, maree marroni. Alcune di queste fioriture algali rilasciano delle tossine naturali molto potenti, e quando le mangiamo nei molluschi contaminati o le inaliamo, possono causare l’asma se li inaliamo, se le mangiamo nei crostacei contaminati, possono causare malattie neurologiche acute, paralisi, amnesia e persino morte rapida. Quindi c’è tutta una serie di diversi inquinanti e tutta una serie di modi diversi in cui questi inquinanti possono tornare azzannarci».

Ma mangiare pesce fa anche bene e ha enormi benefici per la salute, riducendo il richio di malattie malattie cardiache, ictus  «Ma – fa notare ancora lo scienziato – se il pesce è contaminato, quei benefici non vengono cancellati, ovviamente, ma vengono erosi. L’equilibrio diventa particolarmente difficile quando hai a che fare con popolazioni vulnerabili come le donne incinte. Ecco perché pediatri e ostetrici consigliano alle donne incinte di stare alla larga da quelle specie di pesci, come il tonno, come il pesce spada, come il branzino, che sono ricchi di mercurio».

Un altro messaggio emerso dallo studio è che l’inquinamento degli oceani è prevenibile: «Anche se è un grosso problema, anche se è un problema in crescita, non è inevitabile – conferma Landrigan – L’80% dell’inquinamento oceanico avviene sulla terraferma. Questo significa che possiamo utilizzare esattamente lo stesso kit di strumenti che abbiamo utilizzato con così tanto successo nell’ultimo mezzo secolo in questo Paese per controllare altre forme di inquinamento: leggi, politiche, monitoraggio, regolamentazione e, in definitiva, una leadership forte e visionaria da parte del governo».

Oltre a porre fine alla combustione del carbone e alla produzione di plastica usa e getta e di mettere sotto controllo davvero l’inquinamento costiero, per migliorare la salute umana, Landrigan conclude con la quarta raccomandazione: «E’ che i paesi di tutto il mondo cerchino di creare nuove Aree marine protette e di espandere le aree marine protette esistenti. Penso a queste aree marine protette come ai parchi nazionali dell’oceano, come quello grande che è stato istituito qualche anno fa a nord delle Hawaii. Le aree marine protette, proprio come i parchi nazionali, hanno enormi benefici per la salute e il benessere umano. Conservano ecosistemi vitali».