Il ministro Costa: «Dati incontrovertibili, sia di stimolo per il Governo»

Inquinamento atmosferico fuori dai limiti, ora per l’Italia è arrivata la sentenza Ue

Sforamenti per il PM10 «in maniera sistematica e continuata tra il 2008 e il 2017», le contromisure adottate non convincono. E ci sono già altre due procedure d’infrazione aperte

[10 Novembre 2020]

L’Italia ha un grosso problema con l’inquinamento atmosferico, che dopo anni di sforamenti ha portato oggi a una prima sentenza da parte della Corte di giustizia dell’Ue in merito al PM10, il particolato atmosferico proveniente in primis da fonti di combustione soprattutto non industriale (come nel caso del riscaldamento degli edifici) e dal traffico stradale, ma anche in modo indiretto dagli allevamenti.

Nel 2014, la Commissione europea ha avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell’Italia in ragione del superamento sistematico e continuato, in un certo numero di zone del territorio italiano, dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva «qualità dell’aria», ovvero la 2008/50/CE.

Da una parte, dal 2008 l’Italia ha superato i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10; per quanto riguarda il limite annuale le criticità si concentrano nel bacino del Po e nelle grandi città del nord, mentre per i limiti giornalieri sono finite nel mirino anche la Toscana con il Valdarno pisano, la piana lucchese e la zona Prato Pistoia, come anche la Puglia o la Sicilia con Palermo.

Dall’altra, la Commissione accusa l’Italia di non aver adottato le misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall’Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento. Nella sentenza pronunciata il 10 novembre 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione su domanda dell’Italia, ha accolto il ricorso.

In particolare, la Corte «dichiara che, dal 2008 al 2017 incluso, i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate»; inoltre, conferma che «l’Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure in tal senso imposte» per mettere freno all’inquinamento atmosferico.

Come dettaglia la Corte «il superamento dei valori limite giornaliero e annuale fissati per le PM10 è rimasto sistematico e continuato per almeno otto anni nelle zone interessate», e «le misure previste dai piani per la qualità dell’aria sottoposti alla Corte» per «una grande maggioranza» sono state previste «solo in tempi estremamente recenti». Inoltre «molti di questi piani dichiarano una durata di realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria che può essere di diversi anni, se non addirittura di due decenni dopo l’entrata in vigore di detti valori limite».

Nel merito, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ricorda che «il ministero dell’Ambiente e il Governo negli ultimi due anni hanno messo in campo diverse iniziative volte a ristabilire livelli di qualità dell’aria entro i limiti posti dalle direttive europee», ma anche qui il fattore tempo risulta più che dilazionato: «Sulla base di specifici accordi di programma con le Regioni più colpite dalla problematica – tra cui il Bacino Padano, Lazio, Umbria, Sicilia e Toscana –, ha programmato lo stanziamento di un fondo pluriennale per complessivi 800 milioni di euro a partire dal 2020 al 2034 e di 40 milioni l’anno dal 2035 per l’abbattimento delle emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto, come previsto dal decreto legge “Agosto”».

Ciò non significa comunque che il ministro non abbia riconosciuto la gravità della situazione: i dati su cui è basata la sentenza della Corte vengono definiti «incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benché si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto. Sottolineo infatti – rimarca Costa – che ogni anno sono almeno 80 mila le vittime dovute a questa problematica (i decessi legati agli inquinanti Pm2.5, NO2 e O3 sono 76.200 l’anno, ndr) che investe soprattutto il Bacino Padano, ma non soltanto. Credo che questa pronuncia debba essere uno stimolo per tutto il Governo a far di più e meglio rispetto a quanto già abbiamo messo in campo».

Anche perché dopo il danno ora incombe la beffa delle multe. Da una parte la stessa sentenza sottolinea oggi che «in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest’ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza». Ma questo potrebbe essere solo l’inizio. Come ricordano dal ministero «rispetto alla qualità dell’aria l’Italia vede al momento tre procedure di infrazione aperte: oltre quella relativa al superamento dei livelli di polveri sottili PM10, sono infatti da contare le due ulteriori relative al superamento dei livelli di ossidi di azoto, oggetto di ricorso presso la Corte di giustizia Ue, e polveri ultrasottili PM2,5, aperta la scorsa settimana».