India: l’ipocrisia di Modi sul carbone e la resistenza degli Avivasi

I popoli indigeni e Survival denunciano il greenwashing del premier indiano alla COP26

[9 Novembre 2021]

Diversi leader  Adivasi (indigeni) dell’India hanno duramente criticato il premier induista di destra indiano Narendra Modi per essersi presentato alla COP26 Unfccc in corso a Glasgow sbandierando credenziali  verdi mentre contemporaneamente progetta  una fortissima espansione delle miniere di carbone, in particolare nelle terre indigene. Il governo del Bharatiya Janata Party (BJP) punta infatti a raddoppiare la quantità di carbone estratto in meno di 10 anni e per farlo ha svenduto vaste aree di foresta indigena senza il consenso delle comunità che le abitano. Ad acquisire all’asta le licenze sono multinazionali come Adani, Jindal e Vedanta».

Survival International denuncia che «Se dovesse procedere, il piano distruggerebbe le foreste che gli Adivasi, i popoli indigeni dell’India, abitano e gestiscono da tempo immemorabile. Con la distruzione dei loro mezzi di sostentamento e l’espropriazione delle loro sacre terre ancestrali, saranno costretti all’indigenza».

Epicentro di questo assalto sono tre Stati dell’India centrale: Chhattisgarh, Jharkhand e Odisha, dove  i giacimenti di carbone che si trovano sotto le foreste indigene vengono svenduti, e gli Adivasi hanno organizzato proteste pacifiche, intentato cause legali e eretto blocchi stradali. «Per la loro resistenza sono stati arrestati, picchiati e persino assassinati – denuncia ancora Survival – Hanno bisogno urgente del nostro sostegno e della nostra solidarietà».

Il piano di Modi prevede l’apertura di 55 nuove miniere di carbone, l’ampiamento delle 193 già esistenti e una produzione di un miliardo di tonnellate di carbone l’anno. Le terre e i mezzi di sussistenza di decine di migliaia di indigeni verranno così distrutti perchè l’80% delle nuove miniere si troverà nelle terre adivasi. Intanto la guerriglia maioista naxalita – molto forte tra gli Adivasi –  sta a guardare, aspettando probabilmente di intervenire quando la situazione precipiterà.

Survival spiega che «Una delle aree prese di mira è l’inestimabile foresta di Hasdeo nel Chhattisgarh, casa di ventimila Adivasi. Nell’area sono già operative due miniere, mentre una terza – Parsa – è stata appena approvata. Quest’ultima sarà gestita dal gigante minerario Adani».

Shakuntala, una donna leader del popolo Oraon di Hasdeo, sottolinea che «Se la miniera si espande nella foresta di Hasdeo, l’intera regione, compresi i villaggi adivasi, sarà distrutta. La foresta ci dà tutto ciò di cui abbiamo bisogno: se la miniera verrà aperta, non resterà più nulla, verrà sradicato tutto. La Terra è nostra Madre. Siamo i figli e le figlie della Terra. Come possiamo stare a guardare mentre qualcuno la distrugge? Siamo pronti a dare la vita per Madre Terra. Il governo dà via la nostra terra per far spazio alle industrie e all’estrazione del carbone ogni volta che gli pare. Per questo, noi Adivasi non siamo liberi. Ma non accettiamo questa schiavitù. Daremo tutto ciò che abbiamo per resistervi: i nostri corpi, le nostre anime, le nostre vite, non accetteremo mai. Non cederemo le nostre foreste e le nostre terre. Se lo facessimo, l’esistenza degli Adivasi finirebbe per sempre».

Un attivista Oraon dello Jharkhand, Phillip,  ha detto a Survival: «Noi Adivasi possiamo salvare la Terra… ma per loro questo non ha alcun valore. Vogliono solo vederci morti… Dietro di me vedete un enorme deposito di rifiuti, è così che Modi considera noi Adivasi. Voglio dire a Modi: non potrai restare a lungo al potere. E ad Adani e Ambani: anche le grandi compagnie come voi devono fare attenzione perchè noi Adivasi non vi lasceremo le nostre terre così. Non c’è alternativa. Con l’estrazione mineraria state distruggendo l’ambiente, che per gli Adivasi è la vita. Ascoltatemi bene: cambiate voi stessi o sarà la natura a cambiare voi per il meglio».

Athram, avvocato e leader del popolo Gond dell’Andhra Pradesh, ricorda che «In questo momento è in corso il summit mondiale della COP e voglio mettere in guardia i leader che vi partecipano: voi parlate di protezione dell’ambiente, ma i suoi veri protettori sono gli Adivasi. Il governo sta implementando tanti progetti per distruggere gli Adivasi, e l’ambiente viene distrutto. Questo governo sta distruggendo la nostra cultura, il nostro stile di vita e le nostre foreste. Gli stessi leader del governo vanno a questi summit per mentire dicendo ‘Io salvo l’ambiente’, e cose così. Quanto grande può essere una menzogna perché riescano a farla franca? Distruggere le nostre comunità e distruggere l’ambiente imponendo progetti distruttivi sulle nostre terre è contro l’accordo [di Parigi]. Qui state distruggendo il nostro popolo, e là [a Glasgow] parlate di protezione dell’ambiente come se foste voi soli a proteggerlo. Perché mentite così? Noi Adivasi… possiamo prenderci cura delle nostre terre: sappiamo come proteggerle. Vogliamo le nostre terre, il nostro territorio. Chi sei tu che siedi da qualche parte a Delhi e poi partecipi a riunioni come quelle e parli come se fossi un ‘grande protettore dell’ambiente’? Non mentire in questo modo!»

Per gli Adivasi, a essere distrutti non sono solo le loro terre, le case e i mezzi di sostentamento, ma anche i luoghi sacri al cuore delle loro credenze. Le religioni degli Adivasi si basano sul culto della natura ma vengono denigrate e ridicolizzate da gran parte dell’élite urbana induista. Per i Gond e altre tribù, la perdita di queste foreste è una crisi esistenziale. Come spiega uno di loro, spiega Jainandan Porte, «Ciò di cui abbiamo bisogno per praticare i nostri rituali si trova solo nella foresta. Se scaveranno le miniere, la foresta sarà distrutta e la nostra cultura andrà persa. Diventeremo una tribù dimenticata».

Mukesh, attivista del popolo Ho dello Jharkhand, ha aggiunto: «Voglio inviare questo messaggio ai leader della COP che pensano di poter salvare il nostro ambiente, mentre continuano a spingere le attività minerarie e l’industrializzazione. A causa delle miniere, le nostre foreste saranno disboscate e i nostri fiumi diventeranno acquitrini. Se le nostre foreste e i nostri ecosistemi, che sono le nostre scuole, saranno distrutti, allora lo sarà anche la nostra conoscenza. E se la nostra conoscenza dovesse essere distrutta, il futuro del pianeta sarà in pericolo. Ecco perché, per salvare il pianeta, dovete salvare gli Adivasi che vivono nei loro ecosistemi».

Una donna indigena del villaggio Morga nel Chhattisgarh spiaga cosa ci sia davvero in gioco: «La foresta è il nostro Dio, e ci dà tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Adoriamo gli alberi che ci circondano e, quando ci sposiamo, le nostre cerimonie vengono celebrate sotto e intorno agli alberi. Preghiamo gli alberi ogni giorno affinché la pioggia riempia i nostri fiumi e nutra tutte le piante e gli animali».

A frapporsi tra le foreste e gli escavatori ci sono i molti movimenti pacifici di resistenza adivasi, sorti per cercare di fermare la distruzione. Ma Survival avverte che «Le forze contro di loro sono immense. Le aziende, i governi, la polizia e a volte persino i tribunali agiscono di concerto nel reprimere e perseguitare gli Adivasi, specialmente quelli che hanno il coraggio di resistere. Contro di loro viene utilizzata una vasta gamma di tattiche: omicidi extragiudiziali di chi è considerato leader della resistenza; violenza sessuale minacciata e reale; false incriminazioni; l’allestimento di campi di polizia nel cuore delle terre adivasi; e l’etichettatura dei leader come “antinazionalisti”, poi trattenuti per lunghissimi periodi sotto draconiane leggi anti-terrorismo. Per toglierli di mezzo, le comunità vengono bullizzate, ingannate, corrotte e picchiate. Ci vuole enorme coraggio per resistere a tali minacce, ma i membri della comunità sentono di non avere scelta. Stanno rischiando la loro vita per tenere le foreste in piedi e il carbone sottoterra. Hanno bisogno della nostra solidarietà e del nostro sostegno».

Per questo, in collaborazione con rappresentanti Adivasi, Survival Ingternationala ha lanciato una campagna sulla resistenza degli Adivasi contro il carbone, per fare pressione sulle autorità Indiane affinché fermino l’estrazione di carbone che avviene nelle loro terre senza il loro consenso.