Elevate concentrazioni sono state trovate sui Monti Sibillini, tra Umbria e Marche

Impronte sulla neve: anche le vette montane inquinate dai Pfc (FOTOGALLERY)

Greenpeace pubblica il nuovo rapporto sulla diffusione di queste sostanze chimiche pericolose in 3 continenti

[8 Settembre 2015]

I Pfc sono sostanze chimiche pericolose, composti poli e per-florurati impiegati in numerosi processi industriali: il settore dell’abbigliamento outdoor, ad esempio, li usa nelle finiture impermeabilizzanti e antimacchia. Una volta rilasciati nell’ambiente i Pfc – che possono causare danni al sistema riproduttivo e ormonale, favorire la crescita di cellule tumorali e sono sospetti agenti mutageni – si degradano molto lentamente, restando nella forma originaria per diversi anni e disperdendosi così su tutto il globo

La conferma arriva da “Impronte nella neve”, un rapporto di Greenpeace pubblicato oggi dopo un’intensa attività di documentazione sul campo. Fra maggio e giugno otto squadre di attivisti di Greenpeace hanno intrapreso spedizioni in altrettante aree montane e remote di tre continenti, per prelevare campioni di acqua e neve che sono stati poi analizzati in laboratorio al fine di verificare la presenza dei pericolosi Pfc. Le concentrazioni maggiori sono state trovate nel lago di Pilato, sui Monti Sibillini, tra Umbria e Marche, ma anche negli Alti Tatra, in Slovacchia, e sulle Alpi, nel parco nazionale svizzero. Le altre spedizioni sono state portate a termine nella Patagonia cilena, in Cina, Russia, Turchia e nei Paesi scandinavi.

«Abbiamo trovato tracce di Psc nei campioni di neve raccolti in tutte le località oggetto d’indagine – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia – Preoccupa che questi inquinanti pericolosi e persistenti si trovino persino nei luoghi più remoti del pianeta. Dei diciassette composti riscontrati in tutti i campioni di neve analizzati, ben quattro hanno mostrato le concentrazioni maggiori nei campioni di neve raccolti presso il lago di Pilato, tra cui il Pfos (Perfluorottano sulfonato) già soggetto a restrizioni nell’ambito della Convenzione di Stoccolma».

Marchi che producono anche abbigliamento outdoor, come Puma e Adidas, hanno già adottato – afferma Greenpeace – obiettivi ambiziosi per l’eliminazione dei Pfc. Alcune aziende più piccole ma specializzate nella produzione per l’outdoor, come Fjällräven, Paramo, Pyua, Rotauf e R’adys, producono già intere collezioni di abbigliamento idrorepellente Pfc-free. Ma sono proprio i marchi leader del settore, come The North Face, Columbia, Patagonia, Salewa e Mammut, a mostrare – sostengono gli ambientalisti – scarso senso di responsabilità quando si tratta di eliminare i Pfc.

Il settore outdoor sfrutta immagini di splendidi panorami montani, meravigliose foreste, neve appena caduta e fiumi con acque trasparenti per trasmettere ai consumatori che indosseranno i loro prodotti un immaginario di libertà e amore per una natura incontaminata, un immaginario che nella realtà risulta contaminato. «È paradossale – commenta Ungherese – pensare che aziende che dipendono dalla natura per il loro business rilascino volontariamente nell’ambiente sostanze chimiche pericolose. Le aziende outdoor devono dare l’esempio e impegnarsi per un ambiente più pulito assumendo un impegno credibile e a breve termine per eliminare completamente i Pfc dai processi produttivi».