Il Regno Unito sottostima molto le emissioni di metano da petrolio e gas. E lo fanno anche altri Paesi

Ridurre le emissioni di metano dell’Oil & Gas sarebbe vantaggioso sia per l’industria che per l’ambiente

[31 Gennaio 2023]

Il metano è il secondo gas serra più importante dopo l’anidride carbonica, contribuendo per circa 1 grado Fahrenheit al riscaldamento globale attuale rispetto ai tempi preindustriali. Una delle principali fonti di metano nell’atmosfera è l’estrazione e il trasporto di petrolio e gas. I Paesi sono obbligati a segnalare le loro  emissioni di gas serra a organismi internazionali, a iniziare dall’ United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc). A causa del suo impatto sul clima e degli impatti indiretti sulla salute (il metano è un precursore dell’ozono, un inquinante atmosferico che danneggia la salute umana e le coltivazioni), la mitigazione delle emissioni di metano è recentemente diventata una priorità politica globale. La sua durata relativamente breve di circa 12 anni e l’elevata capacità di intrappolare il calore per molecola rendono la riduzione delle emissioni di metano uno dei modi più efficaci per rallentare il tasso di riscaldamento globale. Nel 2021  olti Paesi – Italia compresa – hanno firmato il Global Methane Pledge, impegnandosi a ridurre entro il 2030 le emissioni di metano di almeno il 30% rispetto ai  livelli del 2020. Per monitorare i progressi, i Paesi compilano i dati sulle emissioni nazionali in inventari, come il National Atmospheric Emissions Inventory del Regno Unito ( NAEI), che vengono poi segnalati agli organismi internazionali di controllo. Ma studi recenti suggeriscono che gli attuali metodi per il calcolo delle emissioni di metano si basano su informazioni obsolete e incomplete e potrebbero non rappresentare accuratamente le emissioni reali.

Utilizzando un metodo nuovo e più accurato per calcolare le emissioni di metano dalla produzione offshore di petrolio e gas, lo studio “Likely underestimation of reported methane emissions from United Kingdom upstream oil and gas activities”, pubblicato recentemente su Energy & Environmental Science da  Stuart Riddick della Colorado State University e Denise Mauzerall della Princeton University,  evidenzia che «L’attuale metodo per stimare le emissioni di metano dalla produzione offshore di petrolio e gas nel Regno Unito sottostima sistematicamente e gravemente le emissioni». Lo studio rileva che «Dalla produzione di petrolio e gas nel Regno Unito viene emesso fino a 5 volte più metano rispetto a quanto riportato dal governo».

I ricercatori statunitensi sono giunti a questa conclusione valutando l’attuale metodo di calcolo delle emissioni di metano del Regno Unito, suggerendo metodi alternativi basati su peer review e generando stime delle emissioni riviste. Alla Princeton avidenziano: «Poiché molti altri Paesi utilizzano metodologie simili per calcolare le emissioni di metano dalla produzione di petrolio e gas, questa grave sottostima probabilmente non è limitata al solo Regno Unito». La Mauzerall, del Center for Policy Research on Energy della Princeton University, ricorda che «Al fine di dare una priorità alla riduzione delle emissioni, è fondamentale sapere quando, dove e quanto metano viene emesso da ciascuna delle sue fonti. Speriamo che il nostro lavoro faciliti stime e riduzioni delle emissioni migliori non solo dal Regno Unito ma anche da altri Paesi che producono metano dall’estrazione di petrolio e gas».

Il nuovo studio si concentra sulla perdita di metano associata alla scoperta, estrazione e produzione di petrolio e gas naturale e gli autori spiegano che «Queste emissioni di metano sono generalmente calcolate moltiplicando il livello di attività di vari processi – vale a dire venting, flaring, attività di elaborazione e combustione su piattaforme di produzione, caricamento di petrolio offshore e trasferimento di gas tramite condotte ad alta pressione – e per “fattori di emissione”, che sono stime standard delle emissioni di metano associate a ciascuna attività.

I ricercatori hanno così scoperto che «I fattori di emissione utilizzati nei rapporti del Regno Unito sono obsoleti, si basano su ricerche di settore non pubblicate o non disponibili al pubblico o utilizzano valori generici raccomandati dall’IPCC. Inoltre, questi fattori di emissione sono generalmente “statici”, nel senso che non sono sensibili a fattori quali le condizioni ambientali e le pratiche di gestione che potrebbero influenzare le emissioni di vari processi. Inoltre, le perdite possono verificarsi quando le piattaforme off-shore sono inattive, un'”attività” a cui attualmente non è associato un fattore di emissione».

Notando queste carenze, Riddick e Mauzerall hanno aggiornato e rivisto le tecniche di stima per ciascun processo e, ove possibile, hanno utilizzato formulazioni di fattori di emissione dinamici piuttosto che statici che tengono conto delle condizioni ambientali variabili. Hanno anche incorporato misurazioni dirette in mare delle concentrazioni di metano attorno alle piattaforme di gas offshore nel Mare del Nord, raccolte nell’estate 2017, e documentate nello studio  “Methane emissions from oil and gas platforms in the North Sea”, pubblicato nel 2019 su Atmospheric Chemistry and Physics. Questi aggiornamenti hanno portato a una stima delle emissioni totali di metano più di cinque volte superiore alle emissioni dichiarate.

Riddick confderma che «Le emissioni di metano dalle strutture offshore sono attualmente in gran parte incerte e poiché le fonti sulle strutture emettono solo per un breve periodo di tempo, l’utilizzo di metodi di rilevamento diretto come i satelliti o i droni probabilmente catturano solo circa il 25% delle emissioni effettive».  Riddick è convinto che «Per generare emissioni di riferimento rappresentative in tutto il settore, dobbiamo lavorare con l’industria per sviluppare strategie di misurazione pratiche, efficaci e collaborative».

Lo studio “Acting rapidly to deploy readily available methane mitigation measures by sector can immediately slow global warming”, pubblicato nel 2021 su Environmental Research Letters da un team di ricercatori che comprendeva la Mauzerall, ha dimostrato che la riduzione delle perdite lungo la catena di approvvigionamento di petrolio e gas può far progredire gli obiettivi climatici e di qualità dell’aria, pur essendo economicamente redditizia: un’opportunità vantaggiosa per l’industria e il clima.

Il nuovo studio si aggiunge a una base crescente di letteratura scientifica secondo la quale «Le attuali misurazioni degli inventari delle emissioni di metano antropogenico sono troppo basse». Con il primo “bilancio globale” al mondo sui progressi nell’attuazione dell’Accordo di Parigi che si concluderà nel 2023, i ricercatori sostengono che «Una migliore misurazione delle emissioni merita un’attenzione urgente».

La Mauzerall conclude: «Speriamo che il nostro lavoro faciliti uno sviluppo più accurato dell’inventario delle emissioni e porti a riduzioni di importanza critica delle perdite di metano, una vittoria sia per l’industria che per l’ambiente».