Il Dna ambientale per ricostruire la storia dell’ex zona industriale e della Baia di Bagnoli

Comprendere quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento dell’ambiente

[8 Febbraio 2023]

Lo studio “Encapsulated in sediments: eDNA deciphers the ecosystem history of one of the most polluted European marine sites”, pubblicato su Environment International da un team di internazionale di ricercatori i ricercatori (Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN), ENEA, Université de Genève, Università del Salento, Università di Urbino, Università Politecnica delle Marche, Université de Fribourg, Polska Akademia Nauk) ha ricostruito «Il “DNA ambientale” dell’ex zona industriale di Napoli “Baia di Bagnoli-Coroglio” a partire dal 1830, per comprendere quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento dell’ambiente».

Lo tudio fa parte del progetto ABBaCo finanziato dal ministero dell’università e ricerca e coordinato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn, finalizzato allo studio della Baia di Bagnoli-Coroglio a ovest della città di Napoli. I ricercatori hanno prelevato una carota di sedimento nella Baia di Bagnoli-Coroglio, l’ex-area industriale di Napoli che si estende su una superficie di circa 249 ettari a terra e 1.453 ettari a mare, e hanno datato i vari strati, determinando la concentrazione di sostanze inquinanti e stdiando le tracce di DNA degli organismi marini. Alla SZN spiegano che «Queste molecole, infatti, sopravvivono per centinaia di anni ‘intrappolate’ nei sedimenti che si accumulano sul fondo del mare anno dopo anno. Il DNA estratto dall’ambiente – nel nostro caso dai sedimenti – è chiamato DNA ambientale e rappresenta una sorta di codice a barre’, diverso da specie a specie, che ne permette l’identificazione».

Grazie a questo, è stato possibile ottenere un elenco di organismi marini presenti nel sedimento a partire dagli strati più antichi/profondi della carota (1830) fino al presente.

I ricercatori ricordano che «Nella prima metà del 1800, nella Baia di Bagnoli-Coroglio si affacciavano terreni agricoli, mentre sui fondali prosperava Posidonia oceanica e una gran diversità di organismi. Il graduale peggioramento della qualità ambientale a partire dalla prima decade del 1900, quando si insediarono le prime industrie, fino al periodo di massima espansione negli anni 1950-1980 con l’acciaieria Ilva/Italsider, è stato accompagnato da notevoli cambiamenti della comunità biologica. La scomparsa della Posidonia è repentina; cambia drasticamente sia la composizione degli organismi unicellulari che vivono nell’acqua sia di quelli che vivono nel sedimento; diminuisce la loro diversità ed aumentano le specie probabilmente in grado di resistere a concentrazioni elevate di idrocarburi e metalli pesanti».

Lo studio evidenzia che «Il mare ospita una grande diversità di organismi, dai batteri al plancton microscopico sospeso nell’acqua, dalle alghe e piante marine attaccate al substrato alla miriade di organismi, piccoli e grandi, che vivono sui fondali. Le attività dell’uomo stanno però minacciando l’equilibrio degli ambienti marini, in particolar modo quello delle densamente popolate aree marine costiere, spesso sede di attività industriali. Lo sversamento a mare di inquinanti di vario tipo danneggia gravemente gli organismi marini riducendo la loro diversità: solo alcune specie, infatti, riescono a sopravvivere in acque o sedimenti inquinati. Ora, grazie a questo studio internazionale, siamo in grado di vedere non solo la situazione attuale ma anche di capire come era l’ambiente nel passato e quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento ambientale».