Gli oceani potrebbero iniziare rilasciare Cfc che riducono lo strato di ozono

Man mano che le concentrazioni atmosferiche di CFC-11 diminuiscono, entro la metà del prossimo secolo l'oceano dovrebbe cominciare ad emettere il clorofluorocarburo

[26 Marzo 2021]

Gli oceani del mondo sono un vasto deposito di gas, compresi i clorofluorocarburi (CFC) che riducono lo strato di ozono, assorbono questi gas dall’atmosfera e li trascinano in profondità, dove possono rimanere stoccati per secoli e millenni. I CFC marini sono stati a lungo utilizzati come traccianti per studiare le correnti oceaniche, ma si presumeva che il loro impatto sulle concentrazioni atmosferiche fosse trascurabile. Ora, i ricercatori del MIT hanno scoperto che in realtà i flussi oceanici di almeno un tipo di CFC, il CFC-11, influenzano le concentrazioni atmosferiche dei gas mangia-ozono.

Il CFC-11 veniva usato per produrre refrigeranti e schiume isolanti e, quando viene emesso nell’atmosfera, innesca una reazione a catena che alla fine distrugge l’ozono, lo strato atmosferico che protegge la Terra dalle dannose radiazioni ultraviolette. Dal 2010, la produzione e l’utilizzo di questa sostanza chimica sono stati gradualmente eliminati in tutto il mondo grazie al Protocollo di Montreal, un trattato globale che punta a a ripristinare e proteggere lo strato di ozono. I livelli di CFC-11 nell’atmosfera sono diminuiti costantemente e gli scienziati stimano che l’oceano abbia assorbito circa il 5-10% di tutte le emissioni di CFC-11 prodotte.

Lo studio “On the effects of the ocean on atmospheric CFC-11 lifetimes and emissions”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Peidong Wang, Susan Solomon, Jeffery Scott, John Marshall, Andrew Babbin, Megan Lickley e Ronald Prinn del Massachusetts Institute of Technology (MIT); David Thompson della Colorado State University; Timothy DeVries dell’università della California – Santa Barbara e Qing Liang del Goddard Space Flight Center della NASA, rivela  che l’oceano globale smetterà di essere un pozzo di CFC e diventerà un emettitore della sostanza che impoverisce lo strato di ozono. I ricercatori prevedono che «Entro il 2075 gli oceani emetteranno più CFC-11 nell’atmosfera di quanto assorbano, emettendo quantità rilevabili della sostanza chimica entro il 2130». Inoltre, con l’aumento del cambiamento climatico, questo avverrà 10 anni prima e «Le emissioni di CFC-11 dall’oceano estenderanno effettivamente il tempo medio di permanenza della sostanza chimica, facendola rimanere 5 anni più a lungo nell’atmosfera di quanto farebbe altrimenti. Ciò potrebbe influire sulle stime future delle emissioni di CFC-11».

I nuovi risultati potrebbero aiutare scienziati e responsabili politici a individuare meglio le future fonti della sostanza chimica, che ora è vietata in tutto il mondo dal protocollo di Montreal.

La Solomon, del Department of Earth, Atmospheric, and Planetary Sciences del MIT, spiega che « Quando arriveremo alla prima metà del XXII secolo, avremo abbastanza flusso che esce dall’oceano da sembrare che qualcuno stia tradendo il Protocollo di Montreal, ma invece, potrebbe essere solo quello che sta arrivando dall’oceano. E’ una previsione interessante e si spera che aiuterà i futuri ricercatori a evitare di confondersi su quello che sta succedendo».

Alla fine il CFC-11 si saturerà eccessivamente nell’oceano, portandolo diventare una fonte di emissioni di CFC, invece che un pozzo. La SSolomon spiega ancora: «Per un po’ di tempo, le emissioni umane sono state così grandi che ciò che stava finendo nell’oceano è stato considerato trascurabile. Ora, mentre cerchiamo di sbarazzarci delle emissioni umane, scopriamo che non possiamo più ignorare completamente ciò che sta facendo l’oceano».

Lo studio ha cercato di individuare quando l’oceano sarebbe diventato una fonte di CFC-11 e in che misura l’oceano avrebbe contribuito alle sue concentrazioni 11 nell’atmosfera. Al MIT hanno anche cercato di capire in che modo in futuro il cambiamento climatico potrebbe avere un impatto sulla capacità dell’oceano di assorbire la sostanza chimica. Per farlo hanno utilizzato una gerarchia di modelli per simulare il rimescolamento all’interno e tra l’oceano e l’atmosfera, iniziando con un semplice modello dell’atmosfera e degli strati superiore e inferiore dell’oceano, sia nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale. Poi hanno aggiunto a questo modello le emissioni antropogeniche di CFC-11 che erano state precedentemente segnalate nel corso degli anni, quindi, per osservare i cambiamenti nel flusso della sostanza chimica tra l’oceano e l’atmosfera nel tempo, hanno utilizzato il modello per vedere cosa sarebbe successo dal 1930 al 2300. Hanno quindi sostituito gli strati oceanici di questo semplice modello con il modello di circolazione generale del MIT, o MITgcm, una rappresentazione più sofisticata delle dinamiche oceaniche, e hanno eseguito simulazioni simili sul CFC-11 nello stesso periodo di tempo. Ne è risultato che «Entrambi i modelli hanno prodotto livelli atmosferici di CFC-11 fino ai giorni nostri che corrispondevano alle misurazioni registrate», evidenziando la giustezza dell’approccio. Quando i ricercatori hanno esaminato le proiezioni future dei modelli, hanno visto che, a partire dal 2075 circa, l’oceano inizierà a emettere più CFC-11 di quanto ne ha assorbito e che entro il 2145 l’oceano emetterà CFC-11 in quantità che sarebbero rilevabili dagli attuali standard di monitoraggio .

Al MIT fanno notare che «L’assorbimento dell’oceano nel XX secolo e il degassamento in futuro influiscono anche sul tempo di permanenza effettiva della sostanza chimica nell’atmosfera, diminuendolo di diversi anni durante l’assorbimento e aumentandolo fino a 5 anni entro la fine del 2200».

Il team ha utilizzato i modelli per simulare un futuro con un riscaldamento globale di circa 5 gradi Celsius entro il 2100 e ha scoperto che «Il cambiamento climatico anticiperà di 10 anni  il passaggio dell’oceano a diventare una sorgente di CFC-11 e produrrà livelli rilevabili di CFC-11 entro il 2140».

Wang spiega a sua volta che «In generale, un oceano più freddo assorbe più CFC. Quando il cambiamento climatico riscalda l’oceano, diventa un serbatoio più debole e si esaurirà anche un po’ più velocemente».  Ma, anche se non ci fossero cambiamenti climatici, poiché i CFC decadono nell’atmosfera, alla fine l’oceano riprodurrebbe questo ciclo di assorbimento ed emissione. La Solomon aggiunge «Pensiamo che il cambiamento climatico  lo farà accadere ancora prima. Ma lo switch non dipende dal cambiamento climatico».

Le simulazioni dimostrano che questo cambiamento dell’oceano avverrà leggermente più velocemente nell’emisfero settentrionale, dove si prevede che i modelli di circolazione oceanica su larga scala rallenteranno, rilasciando nell’atmosfera più gas stoccati nell’oceano poco profondo. Tuttavia, conoscere i fattori esatti dell’inversione oceanica richiederà modelli più dettagliati, che i ricercatori intendono realizzare.

Scott  conclude: «Alcuni dei passaggi successivi consisterebbero nel farlo con modelli a risoluzione più elevata e di concentrarsi sui modelli di cambiamento. Per ora, abbiamo aperto alcune nuove grandi domande e abbiamo dato un’idea di ciò che potremmo vedere».