I test sono in corso a Prato e Livorno, e presto potranno estendersi ad altre città

È in corso la sperimentazione del 5G in Toscana: i rischi e i benefici spiegati dall’Arpat

«Per quanto noto, il tipo di tecnologia non comporta un diverso impatto sulla salute»

[25 Settembre 2019]

Ciò che non si conosce spaventa, e il 5G non fa certo eccezione. Anzi: la diffusione di questa tecnologia viene accompagnata da un montare di fake news e teorie complottiste che contribuiscono a fomentare l’ansia, e non a caso negli ultimi mesi molti cittadini in cerca di informazioni si sono rivolti all’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) per saperne di più.

A fare il punto della situazione per conto dell’Agenzia è oggi direttamente Gaetano Licitra, responsabile della Commissione agenti fisici di Arpat: «Al momento la sperimentazione in Toscana si effettua a Prato ed in ambito portuale a Livorno dove sono stati installati i nuovi impianti sperimentali. I gestori stanno chiedendo in altre città toscane (le maggiori) i pareri preventivi per installare le antenne».

Di che cosa si tratta? Il 5G è una tecnologia in corso di sperimentazione pre-commerciale, che promette un considerevole miglioramento nelle prestazioni di rete, come la velocità di download e la possibilità di connettere più dispositivi nello stesso istante. È la premessa per l’Internet delle cose, cioè la comunicazione tra oggetti – propedeutica allo sviluppo di veicoli a guida autonoma come della telemedicina – e cambierà il nostro modo di rapportarci alla tecnologia come anno già fatto il 2, il 3 e il 4G.

Con il 5G ad esempio «certamente le antenne aumenteranno, probabilmente anche in numero 10 volte superiore all’attuale», ma si tratterà sempre più di antenne «in grado di focalizzare la propria emissione sulla posizione del cellulare con cui sono in comunicazione, diminuendo considerevolmente l’esposizione dei cittadini non connessi». Ciò non toglie che «il codice delle comunicazioni DLgs 259/2003 e s.m.i. stabilisce che i Comuni autorizzano gli impianti previo parere preventivo di Arpat, che valuta le caratteristiche emissive degli impianti, l’orografia del territorio e la posizione dei recettori a tutte le quote, per verificare il rispetto dei limiti di legge che, come è noto, sono tra i più restrittivi al mondo».

Dunque i limiti per l’esposizione ai campi elettromagnetici rimangono gli stessi, sia che si parli di 5G che di tecnologie più tradizionali. «Per quanto riguarda i campi elettromagnetici già oggi, in molti ambienti cittadini e specialmente nei centri storici, si è raggiunto il massimo livello di esposizione possibile in base alla normativa, per cui non è possibile aggiungere ulteriori impianti, di qualsiasi tecnologia nelle situazioni già “sature”. Con l’incremento del numero di antenne che si attende con il 5G in tempi abbastanza brevi questa situazione potrebbe diventare ancora più frequente, ma non potrà mai portare ad una crescita indiscriminata dei livelli di campo elettromagnetico, perché l’Agenzia verifica sempre che i progetti dei nuovi impianti, o di modifica di quelli esistenti, siano compatibili con i limiti normativi».

Con l’avvento del 5G potranno dunque cambiare «gli spettri elettromagnetici, in termini di intensità di livello per certe frequenze rispetto ad altre», ma se confrontato con quanto c’è attualmente «gli studi finora condotti non danno indicazioni specifiche per rischi aggiuntivi, così come comunicato dall’Istituto superiore di sanità» attraverso il rapporto Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche, già affrontato su queste pagine.

«Per quanto noto – concludono dall’Arpat – il tipo di tecnologia non comporta un diverso impatto sulla salute. Pertanto, quello che viene tenuto sotto controllo è il livello di campo elettromagnetico totale a cui è esposta la popolazione, indipendentemente dalla tecnologia usata (2G, 3G, 4G e 5G, ma anche Radio o Tv)».