Legambiente: «Volumetrie in costante calo, l’anello debole della catena»

Amianto, l’emergenza che non si consuma: in Italia mancano gli impianti per lo smaltimento

Non vogliamo i rifiuti (in sicurezza) in discarica, e così paghiamo per portarli in Germania

[28 Aprile 2016]

La sola parola amianto evoca oggi terrore, per le malattie asbesto correlate cui conduce chi ha la sventura di vivere o lavorare a contatto troppo ravvicinato con le fibre di questo materiale resistente quanto diabolico. L’asbesto è un minerale (o meglio, un gruppo di minerali) che ha rivestito in passato un importante ruolo industriale di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze: l’etimologia greca della parola amianto parla di una “pietra che non si consuma”, e difatti a 24 anni dalla sua messa al bando l’amianto è ancora diffusissimo in diverse forme sul nostro territorio.

Le stime (per difetto) prodotte da Cnr-Inail parlano di ben 32 milioni di tonnellate, mentre il Programma nazionale di bonifica dei Siti di interesse nazionale (Sin) conta 75mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto. Da parte sua, il ministero dell’Ambiente riporta oltre 44mila siti contenenti amianto di cui 2.236 bonificati e 41.350 ancora da bonificare: stime purtroppo destinate a crescere, tenuto conto che – ad esempio – la Calabria addirittura non ha mai inviato il report annuale per mappare l’amianto presente sul suo territorio.

L’Italia conosce da anni e anni la propria “perpetua emergenza” amianto, nella forma e nelle dimensioni. Oggi, come ogni anno e per l’undicesima volta, anche lungo lo Stivale si celebra la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. Legambiente torna a ricordare le cifre del disastro, dietro i numeri i volti nascosti di vite spezzate. Ancora oggi in Italia muoiono 4mila persone ogni anno per tutte le malattie asbesto correlate, con oltre 21mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2012, ben 6mila casi in più rispetto al precedente aggiornamento del Registro nazionale mesiotelioma di Inail, risalente al 2008:  6mila casi in più in soli 8 anni.

Ieri, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti è tornato a presentare il nuovo credito d’imposta per le bonifiche dei capannoni sparsi lungo l’Italia (una misura di cui si parla dall’anno scorso e contenuta nel Collegato ambientale), per il quale ormai manca soltanto lo scontato via libera da parte del ministero dell’Economia: un bonus rivolto alle imprese, pari al 50% delle spese fino a un massimo di 200mila euro, con un platfond a disposizione i circa 17 milioni di euro (spalmati su tre anni dal 2017) per tutto il Paese. «Nella lunga e complessa battaglia contro l’amianto oggi abbiamo uno strumento mirato in più», ha commentato il ministro. Peccato però che anche stavolta non sarà quello più incisivo, pur tenendo conto che anche nella Legge di stabilità 2015 sono state messe in campo risorse pari a 45 milioni all’anno, fino al 2017, per la bonifica dei siti industriali più critici. «Gli strumenti messi in campo sono sicuramente importanti ma ancora insufficienti», spiega il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti, intervenendo da Casale Monferrato.

Come sottolinea il Cigno verde, lo smaltimento dei rifiuti d’amianto rimane un grande anello debole della catena, essendo solo 24 gli impianti autorizzati (a marzo 2015) a ricevere materiali contenente amianto distribuiti in solo 11 regioni – Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata, Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano – ma con volumetrie a disposizione sempre in constante calo. L’amianto rappresenta un problema che l’Italia già soffre, ma sovente gli impianti e i moduli in discarica per smaltirlo in sicurezza – sottoterra l’asbesto tornerebbe a essere un “normale” minerale – sono visti come un’aggravante anziché la soluzione. Nel mentre, precisano gli ambientalisti, è significativo che il quantitativo di rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2013 (l’ultimo dato disponibile, Ispra 2015), pari a 414mila tonnellate, sia stato in gran parte – ben 254mila tonnellate – esportato all’estero, principalmente in Germania e con alti costi per le tasche dei cittadini: dopo il danno la beffa.

Il risanamento ambientale, la bonifica e il corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto devono essere le priorità per portare a zero il rischio connesso con l’esposizione alla pericolosa fibra – osserva Zampetti, che fa parte anche del think tank redazionale di greenreport, Ecoquadro – Per questo però occorre un serio impegno da parte delle Regioni e di tutti gli enti locali e nazionali competenti. È urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati; bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. È poi necessario predisporre adeguati strumenti per una corretta informazione sul problema amianto.

Chiediamo quindi al governo – conclude il responsabile scientifico di Legambiente – un impegno ancora maggiore sul tema dell’amianto su scala nazionale, per avviare da subito le bonifiche di tutti i siti industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici e dalle strutture ancora contaminate (a partire dai circa 400 siti individuati come prioritari tra cui scuole ed edifici pubblici), rendendo così operativo quanto previsto nel piano nazionale amianto presentato nel 2013 ma ancora fermo. Infine, rilanciamo ancora una volta l’importanza di riattivare il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico: con uno stanziamento di 20 milioni di euro si potrebbe realizzare la bonifica di oltre 10 milioni di metri quadri di coperture in cemento amianto e avviare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili».