Gli aiuti Ue arrivano nella regione dei Grandi laghi africani, ma potrebbero essere troppo costosi

Più è lunga la catena tra l’Ue e chi ha bisogno di aiuto, più la verifica è difficile

[4 Luglio 2016]

Secondo una nuova relazione della Corte dei conti europea, «Gli aiuti umanitari forniti dall’Ue ai rifugiati in fuga dai conflitti della zona dei Grandi laghi africani rappresentano una risposta valida a tale crisi, ma la loro erogazione potrebbe essere troppo costosa». La Corte sottolinea:  «Nonostante il contesto difficile, gli aiuti dell’UE hanno fornito un prezioso contributo alla risoluzione dei problemi, ma si riscontrano debolezze nella gestione degli aiuti. Sono necessarie più informazioni da parte dell’Onu e delle sue agenzie partner sul modo in cui il denaro viene speso».

Gli auditor della Corte hanno esaminato il sostegno umanitario fornito nella Repubblica democratica del Congo, in Uganda, Ruanda, Burundi e Tanzania per il periodo tra il 2011 e il 2015, che è ammontato a circa 300 milioni di euro. Hanno concluso che «Gli aiuti sono stati generalmente gestiti in modo efficace. Tuttavia, poiché le necessità umanitarie aumentano e i fondi sono limitati, l’efficienza è più importante che mai. I bilanci esaminati non erano sufficientemente dettagliati e non erano state eseguite valutazioni della ragionevolezza dei costi proposti. Circa metà degli aiuti dell’Ue è stata spesa attraverso agenzie dell’Onu e, quando queste subappaltavano le attività, non erano disponibili informazioni sul livello dei finanziamenti effettivamente erogati ai beneficiari».

Il relatore della Corte dei conti europea, Karel Pinxten,  ha detto: «Temo che la Commissione non disponga dei dati necessari per verificare se gli aiuti siano erogati nel modo più efficiente ed economico. Più è lunga la catena tra i contribuenti dell’Ue e chi ha bisogno di aiuto, più tale verifica è difficile. La Commissione dovrebbe insistere affinché le agenzie dell’Onu, come l’Unhcr e il Programma alimentare mondiale, insieme alle ONG, forniscano più informazioni su come viene speso il denaro dell’Ue. Altrimenti, questi aiuti rischiano di essere troppo costosi».

In base ai riscontri degli auditor della Corte, «La scelta delle priorità geografiche e la valutazione delle proposte di progetti non erano sufficientemente documentate. Di conseguenza, non è stato possibile stabilire se i progetti scelti rispettassero i criteri stabiliti né se siano stati selezionati i progetti più idonei. Il quadro del monitoraggio è stato adeguato, considerando il contesto difficile in cui si è intervenuti. Tuttavia, le relazioni dei partner spesso sono state presentate tardivamente e questo ne ha limitato l’utilità. Le competenze del personale della Commissione operante sul posto sono state utili ai partner finanziati, ma le relazioni sulle visite in loco non erano sufficientemente esaurienti. A causa dell’inadeguata registrazione del seguito dato ai problemi rilevati, non è stato possibile garantirne una efficace soluzione. A livello più generale, non sono state redatte relazioni sul Piano di attuazione dell’assistenza umanitaria che fornissero un quadro sintetico dei risultati ottenuti e degli insegnamenti tratti».

Ma la Corte dei Conti europea ammette che «I risultati complessivamente conseguiti dai progetti esaminati sono stati soddisfacenti». Le difficoltà riguardano episodi isolati: «Un partner, tuttavia, ha raggiunto solo una modesta percentuale dei risultati programmati, pur avendo speso la maggior parte della dotazione assegnatagli. In alcuni casi, la giustificazione per le proroghe e per i fondi aggiuntivi concessi non era evidente».

La Corte conclude: «Anche se la Commissione e gli altri donatori hanno ampiamente riconosciuto l’auspicabilità di un collegamento tra aiuto d’emergenza, riabilitazione e sviluppo, tale principio è stato applicato concretamente solo in pochissimi casi. Se questo obiettivo non viene attivamente perseguito, a giudizio della Corte si rischia di non riuscire ad operare la transizione da aiuti umanitari ad aiuti allo sviluppo».