Ma Unione Africana E Sadc dicono che è tutto regolare
Zimbabwe: (ri)vince l’eterno Mugabe e (ri)trucca le elezioni
[2 Agosto 2013]
Secondo l’Ong Zimbabwe Election Support Network (Zesn), che aveva inviato 7.000 osservatori per controllare le elezioni presidenziali e legislative nello Zimbabwe, «Questa non è un’elezione, è una farsa». La pensa così anche Morgan Tsvangirai, a capo del Movement for Democratic Change-Tsvangira (Mdc-T) e primo ministro del governo di salvezza nazionale imposto da occidentali e sudafricani, sconfitto per la terza volta dal presidente Robert Mugabe, in carica dal 1980 e che ha trasformato gradualmente il suo regime di ispirazione marxista-leninista in un fascismo tribale nel quale alcuni dei capi del suo partito, lo Zimbabwe African National Union – Patriotic Front (Zanu-Pf), fanno riferimento direttamente, anche nei nomi di battaglia, ad Adolf Hitler.
Anche se la Commissione elettorale è ancora al lavoro e non ci sono i risultati ufficiali delle elezioni del primo agosto, lo Zanu-Pf ha già annunciato la sua vittoria schiacciante. Un rappresentante non identificato del partito del regime ha detto all’agenzia stampa statale New Ziana: «Abbiamo spianato il Mdc-T, tanto alle elezioni presidenziali che a quelle legislative».
Che qualcosa non funzioni lo si capisce dal fatto che dei 6,4 milioni di cittadini dello Zimbabwe chiamati al voto un milione non ha potuto votare e Tsvangirai, un ex sindacalista, denuncia ancora una volta i brogli mentre si lecca le ferrite dell’ennesima sconfitta, ma dovrebbe anche meditare sulla sua scelta di fare un governo di unità nazionale con il decrepito despota che ha ridato credibilità ad un Mugabe che sembrava ormai all’angolo mentre il suo Paese crollava sotto i colpi della crisi economica e della siccità e centinaia di migliaia di zimbaweani emigravano clandestinamente in Sudafrica.
Tsvangirai sfida Mugabe dal 1997 in elezioni truccate dallo Zanu-Pf ed ogni volta, come ancora oggi, alla fine denuncia «Elezioni truccate che non riflettono la volontà del popolo. Le elezioni sono state pesantemente manipolate. Ai nostri occhi, i risultati di queste elezioni sono nulli e non avvenuti. Questi risultati truccati sprofonderanno il Paese in una grave crisi».
Lo Zesn denuncia una serie di intimidazioni su vasta scala da parte dei militanti dello Zanu –Pf ai possibili elettori del Mdc-T, soprattutto nelle città che la volta scorsa avevano votato per Tsvangirai, queste minacce avrebbero impedito di votare ad un milione di elettori. Secondo altri analisti le frodi sarebbero state già orchestrate durante le compilazioni delle liste elettorali, escludendo molti giovani che non amano certamente il dispotismo e la miseria prodotta dal regime di Mugabe.
L’agenzia stampa cinese Xinhua cita fonti molto vicine a Tsvangirai che ammettono che le cose per il Mdc-T si mettono male, infatti, per la prima volta, le dichiarazioni del premier non hanno ottenuto l’appoggio degli osservatori africani che sono la gran parte dei 1.500 stranieri che hanno controllato la regolarità delle elezioni. L’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, non proprio un esempio di specchiata democrazia, visto che anche lui è stato accusato di frodi elettorali, che preside la missione degli osservatori elettorali dell’Unione Africana, ha detto che si è trattato di «Un’elezione riuscita nello Zimbabwe, malgrado degli incidenti minori qui e là». Le prime conclusioni degli osservatori dell’Unione Africana parlano di «Elezioni pacifiche, ordinate, libere ed oneste», praticamente le stesse parole usate dagli osservatori della Southern African Development Community Sadc): «Elezioni efficienti, pacifiche ed ordinate».
Quindi è caduto nel vuoto l’appello ad aprire un’inchiesta sui brogli fatto da Tsvangirai all’Unione Africana ed alla Sadc, egemonizzata dal potente vicino dello Zimbabwe, il Sudafrica, che non ha mai abbandonato Mugabe. Gli altri Paesi africani non sembrano nemmeno infastiditi dal fatto che la polizia antisommossa di Mugabe abbia circondato la sede del Mdc-T.
In ballo ci sono le ingenti risorse minerarie dello Zimbabwe che Mugabe nell’ultimo comizio ad Harare ha detto che «Devono restare nelle mani dei neri», che tradotto vuol dire nelle mani della cricca del suo Partito e del suo clan tribale e familiare che, mentre lo Zimbabwe sprofondava nella miseria, si arricchivano e si accaparravano terre spesso rimaste incolte.
Brogli o non brogli la sorte come premier e leader politico di Tsvangirai sembra segnata: il suo Partito, nonostante tutte le malefatte e le violenze dello Zanu-Pf, avrebbe perso numerosi seggi in Parlamento, anche nelle sue roccaforti, come la capitale Harare. Ora Mugabe si può sbarazzare del fastidioso capo dell’opposizione che era anche premier e ricostituire un monocolore Zanu-Pf, oppure umiliare il Mdc-T in un nuovo governo di unità nazionale, nel quale sarebbe il socio di minoranza dopo elezioni truccate. La definitiva accettazione dell’inamovibilità del regime fascista e del suo incartapecorito presidente.