Yemen: il 2021 finisce con una nuova escalation della guerra infinita

Nuovi fronti dei combattimenti e sempre più vittime e sofferenze tra la popolazione civile

[29 Dicembre 2021]

L’inviato speciale del segretario generale dell’Onu per lo Yemen, Hans Grundberg, ha denunciato una recente grande escalation militare nello  Yemen e ha invitato le parti in guerra a ridurre immediatamente gli scontri.  Grundberg ha sottolineato che «Questa escalation mina le prospettive di poter raggiungere una soluzione politica sostenibile per porre fine al conflitto in Yemen» e ha ricordato  che «Le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani nello Yemen non possono continuare impunemente».

Secondo l’inviato speciale dell’Onu per lo Yemen. «L’escalation delle ultime settimane è tra le peggiori che abbiamo visto in Yemen da anni e la minaccia alle vite dei civili è in aumento. Gli attacchi aerei su Sana’a hanno provocato la perdita di vite civili e danneggiato infrastrutture civili e aree residenziali. La continua offensiva su Ma’rib e i continui attacchi missilistici al governatorato stanno causando anche vittime civili, danni a oggetti civili e sfollamenti di massa».

Grundberg si è detto anche molto preoccupato «Per i continui attacchi contro l’Arabia Saudita che hanno anche provocato vittime civili e infrastrutture civili danneggiate. Qualsiasi targeting di civili e oggetti civili, nonché attacchi indiscriminati da parte di qualsiasi attore, è una flagrante violazione del diritto umanitario internazionale e deve cessare immediatamente. Le parti devono anche preservare il carattere civile delle infrastrutture pubbliche».

Inoltre, Grundberg si è detto «Sgomento per l’impatto dell’escalation su una situazione umanitaria già in deterioramento. Il 2021 si sta concludendo con una nota tragica per gli yemeniti, milioni dei quali stanno lottando contro la povertà, la fame e gravi restrizioni alla loro libertà di movimento. A questo proposito, ribadisco l’appello delle Nazioni Unite per l’apertura dell’aeroporto di Sana’a e per la rimozione degli ostacoli che intralciano la capacità degli yemeniti di spostarsi all’interno o tra i governatorati all’interno dello Yemen. Sono pronto a lavorare con le parti per trovare soluzioni immediate per ridurre la violenza, affrontare le urgenti esigenze umanitarie e consentire un processo politico volto a porre fine in modo sostenibile e completo al conflitto nello Yemen. Esorto le parti impegnarsi positivamente con gli sforzi delle Nazioni Unite in questo senso».

Sono passati solo 15 giorni dal 14 dicembre, quando lo stesso Grundberg era intervenuto al Consiglio di sicurezza dell’Onu per avvertire che il suo appello alla moderazione non era stato ascoltato e che nello Yemen era già in corso un’escalation militare e continuavano le violenze contro i civili. «Dall’ultima volta che mi sono rivolto a questo Consiglio – aveva messo in guardia l’inviato Onu – il conflitto si è notevolmente intensificato. C’è il rischio che questo possa aprire un nuovo capitolo della guerra in Yemen, ancora più frammentato e sanguinoso. Questo rischio è riconosciuto da un’ampia gamma di interlocutori yemeniti e regionali. Eppure, anche se tutte le parti in conflitto mi professano il loro desiderio di pace, la loro attenzione resta sulle opzioni militari. Sono stato chiaro che le opzioni militari non porteranno a soluzioni sostenibili. C’è urgente bisogno di moderazione, riduzione dell’escalation e dialogo».

La guerra nello Yemen è ripresa più forte di prima  il 12 novembre, quando a Hudaydah le forze congiunte alleate con il governo dello Yemen di Aden (coalizione araba sunnita a guida saudita e indipendentisti sud-yemeniti) si erano ritirate da gran parte del Governatorato. Le forze di Ansar Allah – gli sciiti Houthi appoggiati dall’Iran che governano il nord del Paese e la capitale Sana’a – hanno preso immediatamente il controllo della maggior parte delle aree abbandonate dai sunniti facendo avanzare di molto il fronte della prima linea nel Governatorato. Nelle prime due settimane successive, le nuove linee del fronte nei distretti meridionali di Hudaydah sono state fortemente contese con scambi di artiglieria pesante e attacchi aerei sauditi. Mentre all’inizio di dicembre le ostilità militari avevano visto un notevole calo, l’impatto sui civili è stato preoccupante con numerose vittime e migliaia di famiglie sfollate.

Mentre gli scontri sulla costa occidentale prendevano temporaneamente il centro della scena, la battaglia cruciale per Marib continuava. I combattimenti si sono intensificati e le milizie di Ansar Allah hanno nuovamente cercato di conquistare la città e i giacimenti petroliferi nel governatorato e la Coalizione a guida saudita ha aumentato i suoi attacchi aerei a sostegno del governo sunnita che controlla parte del sud dello Yemen. L’offensiva di Ansar Allah su Marib ha avuto preoccupanti ripercussioni su altre linee del fronte e    Grundberg  aveva avvertito il Consiglio di sicurezza che «L’intensificarsi dei combattimenti e lo spostamento del fronte sta mettendo in pericolo i civili e in molti casi li costringe a fuggire per la seconda o anche la terza volta. Sono allarmato dall’escalation militare di tutte le parti del conflitto in Yemen. L’aumento dell’uso di artiglieria, missili e attacchi aerei mette in pericolo la vita dei civili, le infrastrutture e i servizi. Sono anche preoccupato per gli attacchi contro l’Arabia Saudita che hanno come obiettivo le infrastrutture civili e commerciali. L’esecuzione sommaria sulla costa occidentale di 10 individui appartenenti alle forze di sicurezza locali il 13 ° di novembre, che l’Onu ha condannato, è un altro esempio della preoccupante disprezzo del diritto internazionale in questo conflitto. Vorrei qui ribadire, che le guerre hanno regole. Tutti gli attori del conflitto, che siano direttamente coinvolti o coloro che li sostengono, sono responsabili e hanno obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale. Questo include la protezione dei civili e il trattamento umano dei prigionieri di guerra».

Ma l’inviato Onu aveva anche esposto di fronte alle grandi potenze mondiali che sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza un argomento che sta molto a cuore agli yemeniti e che è ignorato dalla comunità internazionalec: l’economia. «Ho sentito un forte senso di frustrazione e disperazione ad Aden, Taiz e ovunque ho incontrato uomini e donne yemeniti. Ad Aden e nei governatorati circostanti, il valore del riyal yemenita ha raggiunto un minimo senza precedenti rispetto alle valute estere, esaurendo ulteriormente il potere d’acquisto delle persone. Il tasso di cambio è più controllato a Sana’a, ma le difficoltà economiche sono gravi. L’inflazione rappresenta ancora una sfida e le persone hanno bisogno di salari. Il costo del trasferimento dei rial yemeniti da Aden a Sana’a è aumentato vertiginosamente, ponendo enormi oneri sul settore privato e sulle persone che sostengono le famiglie in diverse parti del Paese. Nelle recenti consultazioni informali con donne d’affari yemenite, hanno descritto le gravi sfide che devono affrontare nella conduzione degli affari. Vorrei ricordare a tutti la drastica regressione dei diritti delle donne a seguito del conflitto, situazione resa ancora peggiore dal crollo economico».

Come ha sottolineato anche l’assistente del segretario generale dell’Onu, Ramesh Rajasingham, nello Yemen c’è urgente bisogno di fermare il disastro dell’economia e di riforme più ampie per migliorare i mezzi di sussistenza, abbassare il costo delle merci e proteggere la valuta. Riguardo alle enormi sfide che gli yemeniti devono affrontare nella loro vita quotidiana Grundberg aveva detto: «Mi dispiace dover sottolineare ancora una volta come le restrizioni alla libertà di movimento, sia per le persone che per le merci, continuino a imporre gravi difficoltà alla popolazione yemenita, in particolare per le donne .A Taiz ho sentito parlare e ho visto in prima persona come la chiusura delle strade e i posti di blocco ostacolino la capacità dei civili di cercare cure mediche, istruzione e opportunità commerciali. Le strade devono essere aperte. Allo stesso modo, l’aeroporto di Sana’a deve riaprire. Anche gli ostacoli alle importazioni e alla distribuzione interna di carburante continuano a causare difficoltà ai civili e dovrebbero essere rimossi, incluso, ma non limitato a, l’eliminazione delle restrizioni sul porto di Hudaydah. La circolazione di persone e merci non è un problema geograficamente isolato, è un problema serio in tutto il Paese che deve essere affrontato dalle parti in conflitto e sostenuto dalla comunità internazionale».

Sia Rajasingham che Grundberg avevano denunciato il proseguimento della detenzione di  membri del personale Onu e ieri la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, e l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, hanno confermato di essere «Profondamente preoccupate» per i due lavoratori dell’Onu che sono detenuti all’inizio di novembre a Sana’a: «Da allora non è stata possibile alcuna comunicazione da parte dell’Onu con i membri dello staff».

Azoulay e Bachelet hanno rammentato che «Sebbene i due membri dello staff rimangano in custodia, le Nazioni Unite non hanno ricevuto informazioni sui motivi o sulla base legale della loro detenzione, o sul loro stato attuale, nonostante le precedenti assicurazioni da parte del movimento Ansar Allah (che sono anche chiamati Houthi) del loro immediato rilascio. L’OHCHR e l’Unesco ricordano i privilegi e le immunità accordati al personale del sistema delle Nazioni Unite ai sensi del diritto internazionale, che sono essenziali per il corretto svolgimento delle loro funzioni ufficiali, e chiedono l’immediato rilascio dei membri del loro personale senza ulteriori ritardi».

Grundberg aveva detto al Consiglio di sicurezza che «Gli sforzi degli anni passati per raggiungere un accordo sulla base delle precondizioni delle parti in conflitto non sono ancora stati realizzati. E la mia opinione è che ciò sia in parte dovuto al fatto che le condizioni delle parti sono legate a questioni politiche che possono essere affrontate solo attraverso colloqui più ampi. Cerchiamo quindi di essere franchi. Dato che le parti non si sono incontrate per discutere una serie più ampia di questioni da oltre cinque anni, stabilire un processo politico rinnovato è un compito complicato. Poiché il conflitto è continuato senza sosta dai colloqui in Kuwait nel 2016, i divari tra le parti si sono solo ampliati. Al fine di avere discussioni costruttive sulla via da seguire, dovrebbero essere raggiunte alcune intese comuni. A questo proposito, vorrei ribadire che un serio impegno per la pace richiede, come minimo, la concessione di un accesso incondizionato e regolare all’Inviato, con l’intensificarsi del conflitto e dalle mie discussioni con gli yemeniti e altri negli ultimi tre mesi, sono convinto della necessità di un approccio globale. E ho tratto una serie di conclusioni sulla via da seguire. Primo, soluzioni frammentarie possono, nella migliore delle ipotesi, fornire solo un sollievo temporaneo. Non produrranno una pace sostenibile. Le esigenze e le priorità immediate devono essere affrontate nel contesto di un processo che si orienti verso una soluzione politica globale. Secondo, una soluzione non sarà sostenibile se non rappresenta gli interessi dei diversi yemeniti, sia quelli coinvolti nei combattimenti sia quelli che non lo sono. Dobbiamo lavorare per una pace giusta e sostenibile, e non semplicemente per l’assenza di guerra. Terzo, per questo processo è essenziale un sostegno internazionale e regionale strutturato e coordinato. Gli attori esterni hanno la responsabilità di sostenere gli yemeniti mentre discutono e creano consenso su soluzioni pacifiche. Devono intraprendere azioni concrete che sostengano il processo di pace e una stabilità più ampia. Il sostegno di questo Consiglio sarà fondamentale.

Sulla base di queste conclusioni, sto immaginando un processo politico inclusivo di proprietà yemenita e supportato a livello internazionale. Il processo dovrebbe supportare soluzioni a breve termine per ridurre la violenza, prevenire un ulteriore deterioramento economico e mitigare l’impatto del conflitto sui civili. Dovrebbe inoltre identificare e creare consenso sugli elementi di una soluzione politica che ponga fine alla guerra in modo sostenibile, stabilisca accordi di governance inclusivi e garantisca i diritti civili e politici, nonché sociali, economici e culturali degli yemeniti. Il processo dovrebbe essere concepito in modo da consentire progressi paralleli su diversi punti dell’agenda importanti per gli yemeniti. Affronterà le priorità dichiarate dalle parti nel contesto di un’agenda più ampia che rappresenti gli interessi dei diversi yemeniti. Voglio avviare un processo completo che consenta progressi incrementali. L’impegno in questo processo è già iniziato con un’ampia gamma di parti interessate yemenite, comprese le parti in conflitto, e sarà intensificato. Chiaramente, questo lavoro è messo in discussione dall’intensificarsi del conflitto militare. Tuttavia, non dovrebbe essere consentito all’escalation militare di fermare questo processo e, in realtà rende il lavoro che stiamo facendo ancora più essenziale. Resto convinto che le parti in conflitto possano, e anzi debbano parlare, anche se non sono pronte a deporre le armi. I canali di comunicazione dovrebbero essere aperti senza precondizioni e in via prioritaria».