Tigray: appello Onu perché arrivino aiuti e carburante nello Stato etiope riconquistato dai ribelli del TPLF

Le truppe etiopi, tribali ed eritree dichiarano il cessate il fuoco, ma la fame avanza e la violenza continua

[7 Luglio 2021]

Dopo che le milizie del  Tigray People’s Liberation Front (TPLF) hanno riconquistato la capitale Mekelle (Macallè) e le altre grandi città dello Stato e le truppe federali etiopi si sono ritirate insieme alle milizia Amhra e ai reparti dell’esercito dell’Eritrea, lasciandosi dietro una scia di morte, violenze e profughi, l’Onu ha annunciato che    «Le operazioni umanitarie stanno gradualmente riprendendo nella regione del Tigray devastata dalla guerra, nel nord dell’Etiopia, ma è urgente fornire aiuti e carburante ai civili coinvolti nei combattimenti».  

Il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric ha riferito che «Inostri colleghi umanitari ci dicono che l’accesso umanitario è migliorato all’interno del Tigray, con vaste aree ora accessibili. Tuttavia, il rifornimento di aiuti umanitari è estremamente necessario, così come di carburante, dal quale  ovviamente dipendono le operazioni umanitarie».
Dujarric jha spiegato che «A Mekelle, 23 siti di sfollamento non hanno avuto accesso all’acqua a causa della mancanza di carburante per azionare le pompe dell’acqua. La mancanza di carburante ha anche un impatto sul trasporto di forniture umanitarie e commerciali all’interno della regione. Diversi partner non sono inoltre in grado di fornire assistenza in contanti. I voli commerciali da e per Mekelle che sono stati interrotti il ​​23 giugno devono ancora riprendere, il che ovviamente sta impattando sul dispiegamento degli operatori umanitari. Sebbene l’accesso stradale da Mekelle ad Addis Abeba attraverso la regione dell’Afar fosse ampiamente possibile ai fini della rotazione del personale, i rifornimenti sono stati ancora bloccate. E’ fondamentale portare personale aggiuntivo e forniture umanitarie e commerciali nel Tigray, ripristinare l’elettricità e le telecomunicazioni e garantire che in tutta la regione siano disponibili denaro e carburante per la continuità delle operazioni umanitarie».

Riferendosi alla decisione del governo federale etiope di decretare un cessate iulo fuoco nello Stato ribelle che aveva inutilmente tentato di conquistare con la forza, Dujarric ha detto ai giornalisti: «Come avrete visto, nel fine settimana il Segretario generale [António Guterres] ha espresso alcuni commenti nei quali ha affermato che è essenziale disporre di un vero cessate il fuoco che apra la strada a un dialogo in grado di portare una soluzione politica al Tigray. La presenza di truppe straniere è un’aggravante. Allo stesso tempo, deve essere garantito un accesso umanitario pieno e senza restrizioni su tutto il territorio e assistenza in contanti».

Anche Guterres aveva già detto che «La presenza di truppe straniere è un’aggravante dello scontro. Allo stesso tempo, deve essere garantito il pieno accesso umanitario, l’accesso umanitario illimitato a tutto il territorio»

8 mesi di una guerra assurda, scatenata dal premier etiope e Premio Nobel per la Pace Abiy Ahmed Ali per motivi politici e per sbarazzarsi dello scomodo e potente TPLF, con feroci combattimenti tra le truppe federali etiopi appoggiate da milizie tribali anti-tigrine e da soldati ex-nemici dell’Eritrea, ha più di 5 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, mentre 400.000 sono già alla fame.

Intervenendo il 2 luglio di fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il sottosegretario generale facente funzione per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza, Ramesh Rajasingham, ha ricordato che «Il 15 giugno, abbiamo informato il Consiglio sulla carestia nel Tigray, con oltre 350.000 persone in condizioni catastrofiche, la peggiore situazione di carestia che abbiamo visto da decenni. Da allora, nel breve lasso di tempo, la situazione è drammaticamente peggiorata».

Secondo Rajasingham in sole due settimane nel Tigray la situazione è diventata ancora più allarmante: «2  milioni di persone sono ancora sfollate e quasi 5,2 milioni di persone necessitano ancora di assistenza umanitaria, la maggior parte delle quali donne e bambini. Una delle tendenze più angoscianti è un allarmante aumento dell’insicurezza alimentare e della fame a causa dei conflitti. Si stima che più di 400.000 persone abbiano varcato la soglia della carestia e altri 1,8 milioni di persone siano sull’orlo della carestia. Alcuni suggeriscono che i numeri siano ancora più alti. 30.000 bambini sono gravemente malnutriti e, inoltre, la crisi dell’insicurezza alimentare continuerà a peggiorare durante l’imminente stagione delle piogge, poiché le scorte di cibo si esauriscono e aumenta il rischio di inondazioni e malattie trasmesse dall’acqua, compreso il colera. Considerando dove siamo già, questo significa che più persone moriranno sicuramente se non le raggiungiamo con l’assistenza umanitaria».

Rajasingham  ha sottolineato che «Quel che stiamo vedendo nel Tigray è una crisi di protezione. Il 22 giugno, un attacco aereo su un affollato mercato del Togoga ha ucciso e ferito decine di civili. Questa è solo una delle tante volte in cui civili sono stati uccisi negli 8 mesi di conflitto nel Tigray. Come è stato ampiamente riportato da alti funzionari delle Nazioni Unite, dalla società civile e da altri, abbiamo molteplici casi credibili e ampiamente corroborati di gravi violenze sessuali e di genere. Sono stati segnalati più di 1.200 casi, e altri continuano ad emergere. Questo è probabile, temiamo, solo una frazione dei casi reali, poiché lo stigma, la vergogna, la paura di rappresaglie e la mancanza di servizi sanitari e psicosociali stanno portando a una sottostima. Tutte le parti in conflitto devono rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale. Sono vietati gli attacchi diretti contro i civili e gli attacchi indiscriminati. Le accuse di gravi violazioni devono essere indagate in modo approfondito e indipendente dallo Stato e gli autori devono essere perseguiti indipendentemente da chi siano».

Ma a fine giugno nel Tigray tre operatori sanitari di Medici Senza Frontiere sono stati brutalmente e deliberatamente assassinati. Sono le ultime vittime innocenti tra chi cerca di portare sollievo umanitario in una guerra assurda: il 28 aprile e il 29 maggio erano stati ammazzati senza pietà operatori umanitari della Relief Society of Tigray (REST) e dell’International Committee for the Development of Peoples (CISP).

Rajasingham  ha fatto notare che «Nonostante le difficoltà, gli operatori umanitari continuano a lavorare per raggiungere le persone in disperato bisogno. Negli ultimi due mesi, 3,7 milioni di persone hanno ricevuto assistenza di emergenza, 167.000 sfollati hanno ricevuto beni non alimentari e 630.000 persone sono state raggiunte da camion cisterna d’acqua. Tuttavia, si stima che oltre 2,5 milioni di persone nelle zone rurali del Tigray non abbiano avuto accesso ai servizi essenziali negli ultimi 6 mesi. Questo include molte delle persone che affrontano la carestia ed è anche parte del motivo per cui affrontano la carestia. La vita di molte di queste persone dipende dalla nostra capacità di raggiungerle con cibo, medicine, forniture nutrizionali e altra assistenza umanitaria. E dobbiamo raggiungerli ora. Non la prossima settimana. Adesso. Come ci avete sentito dire prima, per farlo abbiamo bisogno di un accesso tempestivo, senza ostacoli, sicuro e duraturo. Il diritto umanitario internazionale richiede a tutte le parti in conflitto di facilitare questo».

L’esponente umanitario dell’Onu ha spiegato cosa sta esattamente succedendo nel Tigray dopo il “cessate il fuoco” e il ritiro delle truppe etiopi e dei loro alleati: «Nei giorni scorsi i nostri colleghi di Mekelle hanno potuto spostarsi verso Abd Adi e Samre e da Shire i team hanno raggiunto Selekleka e hanno viaggiato da Axum ad Adwa. Questo è positivo e ora abbiamo in programma di inviare convogli con forniture umanitarie in molte delle aree che prima erano difficili da raggiungere per noi. Ma possiamo farlo solo finché abbiamo qualcosa da consegnare. Oggi, il WFP ha cibo sufficiente per solo 1 milione di persone per il prossimo mese a Mekelle. Questa è una frazione di ciò di cui abbiamo bisogno per i 5,2 milioni di persone che hanno bisogno di aiuti alimentari. Tuttavia, abbiamo anche quasi esaurito i kit per la salute, l’acqua, i servizi igienici e altri articoli non alimentari. Il cibo da solo non evita una carestia. L’acqua, i servizi igienico-sanitari e le forniture nutrizionali sono essenziali per una tale risposta. Abbiamo anche un disperato bisogno di prevenire un’epidemia di colera o persone che muoiono di altre malattie trasmissibili».

Per Rajasingham, dopo il cessate il fuoco umanitario «E’ imperativo che tutte le parti in conflitto, chiunque esse siano e ovunque si trovino, non attuino un’ulteriore escalation del conflitto. Non possiamo permetterci di fallire in questo sforzo. Le popolazioni colpite in Tigray sull’orlo della fame non meritano niente di meno. Tutti i gruppi devono smettere di combattere per consentire agli aiuti umanitari di passare senza ostacoli e per proteggere i civili. Non c’è altro modo per raggiungere questo obiettivo. Mentre all’interno del Tigray potremmo ora essere in grado di raggiungere aree che prima erano difficili da raggiungere, è essenziale agire rapidamente e senza ulteriori ostacoli. Ciò di cui abbiamo bisogno prima di tutto è che tutti gli attori armati e della sicurezza forniscano garanzie per un accesso stradale sicuro per operatori umanitari e forniture da e per il Tigray, nonché da e verso le parti più remote della regione. Questo significa non impedirci di superare i posti di blocco, ma permetterci di procedere rapidamente in tutte le direzioni».

Ma mentre Rajasingham parlava al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il governo etiope aveva bloccato ad Afar 5 camion dell’Unicef carichi di acqua e forniture igienico-sanitarie salvavita e a un convoglio di camion del WFP è stato impedito di entrare nel Tigray da Gondar.  L’Onu chiede di poter utilizzare la via più rapida ed efficace per fornire aiuti umanitari alle persone bisognose: «Abbiamo bisogno di un accesso immediato, senza ostacoli e sostenuto sia da Komolcha che da Semera a Mekelle, e da Gondar a Shire».

Rajasingham  si è detto profondamente allarmato per la distruzione del ponte sul fiume Tekeze – e per i danni segnalati ad altri due ponti – avvenuta il primo luglio che «Hanno interrotto la nostra principale via di rifornimento da Gondar a Shire, che usiamo per portare cibo e altri rifornimenti salvavita. Chiediamo al governo dell’Etiopia di intraprendere riparazioni immediate ai ponti e, così facendo, di aiutare a prevenire la diffusione della carestia».

Ma la modalità più rapida per portare aiuti è quella aerea, ma il sorvolo del territorio del Tigray è sottoposto all’autorizzazione del governo federale etiope che la rilascia col contagocce. Inoltre. L’esercito etiope ha sequestrato tutte le apparecchiature di comunicazione negli uffici delle organizzazioni umanitarie e anche diversi camion delle ONG. L’onu ne chiede l’immediata restituzione.

Inoltre,  Rajasingham ha esortato  il governo dell’Etiopia a «Ripristinare e mantenere l’elettricità, le reti di comunicazione e i servizi bancari nel Tigray, senza i quali non possiamo raggiungere efficacemente le popolazioni, nonché a consentire il libero flusso di beni commerciali essenziali, compreso il carburante su larga scala. Senza carburante, non possiamo trasportare il cibo e le persone moriranno davvero di fame. Non possiamo far funzionare pompe dell’acqua che forniscono acqua pulita e prevenire il colera, che uccide. Gli ospedali non possono funzionare e le persone ne soffriranno. Senza carburante, insomma, le operazioni umanitarie non saranno possibili e si perderanno addirittura vite umane».

Rajasingham ha concluso: «Abbiamo ripetutamente affermato che l’unico modo per impedire un ulteriore deterioramento della situazione umanitaria è la pace. Il gradito annuncio, come ho detto, da parte del governo etiope di un cessate il fuoco deve essere l’inizio di questa pace, per il bene di milioni di civili innocenti. Il conflitto ha già causato enormi sofferenze alla popolazione civile. Deve finire adesso. Il cessate il fuoco ha suscitato aspettative tra la popolazione e ora dobbiamo raggiungere le persone in tutto il Tigray con l’assistenza umanitaria per prevenire il diffondersi della carestia e, come ho detto prima, un’epidemia di colera. Ma l’assistenza umanitaria da sola non basta. Non siamo la soluzione. A meno che i civili non possano tornare alla normalità e gli agricoltori non possano accedere ai loro campi, la carestia avrà una presa ancora più stretta sul Tigray. Accogliamo con favore l’annuncio del governo di oggi della formazione di un meccanismo di alto livello per risolvere i problemi e le sfide di accesso in tempo reale e non vediamo l’ora di lavorare insieme per assicurarci di raggiungere immediatamente le persone. Non ci può essere motivo per il fallimento del cessate il fuoco e per il blocco dei convogli umanitari. Ci auguriamo che questo meccanismo possa essere operativo entro le prossime 48 ore per non perdere altro tempo, né perdere altre vite. Chiedo al Consiglio e a tutti coloro che hanno influenza, di aiutarci a salvare vite umane e prevenire carestie e ulteriori sofferenze, garantendo che queste richieste fondamentali siano soddisfatte».