Sudan, colpo di Stato militare per non restituire il potere ai civili

La guerra per le risorse dietro il nuovo golpe in Sudan. I militari riportano il Sudan ai tempi della dittatura di al-Bashir

[25 Ottobre 2021]

In Sudan i militari avrebbero dovuto restituire il potere ai civili entro un mese, ma oggi hanno arrestato il primo ministro Abdallah Hamdok e molti dei suoi ministri che si erano rifiutati di sostenere il loro golpe.

Secondo Al Jazeera, «I militari hanno bloccato tutte le strade ei ponti che portano a Khartoum. I soldati hanno bloccato l’accesso alla città e hanno detto che questi sono gli ordini che hanno ricevuto. Dicono che gli ingressi devono essere limitati e questo è fonte di preoccupazione perché è lì che si trovano le istituzioni governative, è lì che si trovano il palazzo presidenziale e gli uffici del primo ministro».

Che i militari avrebbero fatto qualcosa per non lasciare il governo di transizione ai civili era nell’aria: i militari – che pure facevano parte in maniera predominante del governo di transizione nato dopo la caduta della trentennale dittatura (militare) di Omar Hassan Ahmad al-Bashir – accusavano da giorni Hamdok e i ministri civili di non essere in grado di affrontare la crisi del Darfur ad ovest, quella alla frontiera con i profughi del Tigray ad est, e la disputa sulla diga sul Nilo con l’Etiopia e per il petrolio con il Sud Sudan.

La Sudanese Professionals Association (SPA), che aveva guidato le proteste contro il regime di al-Bashir e impedito che nel 2019 i militari si impadronissero di tutto il potere, ha subito denunciato che si tratta di un «golpe militare». Gli Usa che, solo ieri, avevano inviato un loro emissario a parlare  con il premier Hamdok, per bocca dell’inviato statunitense per il Corno d’Africa, Jeffrey Feltman,.si sono detti  «Profondamente preoccupati» per la presa del potere da parte dei militari che va «contro la dichiarazione costituzionale che regola la transizione nel Paese e le aspirazioni democratiche del popolo sudanese».

I militari hanno subito tagliato Internet e telecomunicazioni sono sempre più incerte e l’unico canale di informazione rimasto sono i comunicati stampa del ministero dell’Informazione pubblicati su Facebook, secondo i quali «La maggior parte dei ministri e dei membri civili del Consiglio di sovranità sono stati arrestati dalle forze militari», ha annunciato un primo post. In un secondo post si legge che «Dopo che si è rifiutato di sostenere il golpe, le forze armate hanno arrestato il primo ministro Abdallah Hamdok e lo hanno portato in un luogo non identificato».

Nonostante tutto, nelle strade di Khartoum sono scesi molti manifestanti che accusano il generale Abdel Fattah al-Burhane, che guida il Consiglio di sovranità di essere ll’autore del golpe. Jeune Afrique scrive che «In molti sono confluiti sull’asse principale del centro cittadino dove i filo-civili avevano organizzato giovedì 21 ottobre una dimostrazione di forza con grida di “rivoluzione” per rifiutare quello che i militanti già definivano “un golpe rampante”». Anche l’Umma Party, il più grande partito politico del Paese, ha descritto gli arresti di premier e ministri civili  come un tentativo di golpe e ha invitato le persone a scendere in piazza in segno di resistenza.

Il nuovo golpe sembra interrompere la precaria transizione del Sudan, segnata da divisioni politiche e lotte di potere da quando i militari, pressati dalle enormi manifestazioni di piazza, avevano inizialmente spinto l’ex presidente al-Bashir ad andarsene nell’aprile 2019. Dall’agosto dello stesso anno il Paese è governato da un Consiglio Sovrano composto per metà da civili e per metà da soldati.

Ma negli ultimi giorni la tensione fra militari e civili era aumentata: il 16 ottobre, militanti pro-esercito appartenenti al National Congress Party (il partito del deposto dittatore al-Bashir)  hanno piantato le loro tende davanti al palazzo presidenziale, sede delle autorità di transizione, divise tra civili e militari che avrebbero dovuto completare la transizione verso un governo totalmente civile nel 2023. In risposta, il 21 ottobre, i pro-civili hanno portato in piazza in  diverse città del paese decine migliaia di persone  che sono sfilate pacificamente chiedendo che venisse salvata  la loro rivoluzione che sembrava aver messo fine alla dittatura.

Ma il sit-in pro-esercito si è esteso ad altre parti di Khartoum e il 24 ottobre i manifestanti pro-golpe hanno bloccato uno dei principali ponti della città creando enormi ingorghi. La sera hannoi di nuovo bloccato le strade bruciando pneumatici dall’altra parte della strada. La Sudanese Professionals Association  e l’Unione dei Medici, molto attivi anche nella rivoluzione del 2019, hanno invocato la disobbedienza civile di fronte a un evidente tentativo di innescare un golpe che poi si è davvero concretizzato. E la polizia, che aveva lasciato che i manifestanti pro-militari bloccassero la capitale sudanese,  ha sparato gas lacrimogeni e ha arrestato un certo numero di manifestanti  pro-democrazia. L’African Center for Justice and Peace Studies (ACJPS) ha chiesto «Un’indagine urgente sul ferimento di 17 manifestanti a Khartoum dopo che la polizia ha usato gas lacrimogeni e munizioni vere per disperdere le proteste mentre centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza giovedì a sostegno di una transizione democratica pacifica e per chiedere un governo civile».

I militari si sono mossi perché la leadership del Paese doveva essere consegnata ai civili fra un mese per guidare loro la piena transizione entro il 2023 con le prime elezioni libere in 30 anni. Ma i civili stessi sono divisi.  I manifestanti  che organizzato la grande manifestazione di Khartoum, che si sono autonominati Forces for Freedom and Change-the Founding Platform (FFC-FP), dicono di essere loro a rappresentare davvero le Forces of Freedom and Change, la grande alleanza anti-Bashir formatasi nel 2019, non le organizzazioni professionali.

Il golpe è avvenuto dopo che il generale Burhane e il tecnocrate Hamdok avevano assicurato allo statunitense Feltman e ad altri alti diplomatici occidentali il loro attaccamento alla “cooperazione civile-militare” e alla transizione democratica. A Khartoum circolava la voce che fosse imminente un rimpasto di governo e che l’esercito stesse cercando di espandere la propria influenza all’interno delle autorità di transizione. Ma Hamdok, che da giorni parlava di una «Crisi più grave e pericolosa per la transizione», aveva smentito. Poi è arrivato il golpe e il Sudan sembra nuovamente nelle mani degli amici di Al-Bashir.