Porto sicuro: «In tutta la Libia regnano violenza, atrocità e impunità»

Corte penale internazionale: «L’implosione della Libia deve pesare fortemente sulla coscienza della comunità internazionale»

[8 Novembre 2019]

Mentre il governo Italiano confermava, per chiedendo di rivederlo, l’accordo sui migranti con il governo fantasma libico assediato a tripoli la procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) Fatou Bensouda, di fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu denunciava che «La Libia rimane intrappolata in un ciclo di violenza, atrocità e impunità». A quasi 10 anni dall’inizio delle indagini della Cpi in Libia la Bensouda ha detto che «C’è stata un’escalation di violenza» e ha citato rapporti che indicano «Un alto numero di morti civili, migliaia di sfollati interni e un forte aumento di rapimenti, sparizioni e arresti arbitrari in tutta la Libia».

Questo sarebbe il «Porto sicuro» sbandierato dall’ex ministro degli interni Salvini e nel quale fingeva di credere anche il suo predecessore MInniti. La Bensouda ha invece sottolineato che «Senza il supporto inequivocabile del Consiglio di sicurezza dell’Onu della comunità internazionale per porre fine al conflitto libico, il Paese rischia di essere coinvolto in un conflitto persistente e protratto e nel continuo fratricidio».

Mentre in Italia si “scopre” che scafisti, guardia costiera libica, capi delle milizie armate – filo e anti governative – coincidono, la procuratore della Cpi ha detto all’Onu che «I mandati di arresto sono ancora in sospeso per tre fuggitivi dalla Cpi accusati di gravi crimini internazionali, inclusi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui persecuzioni, prigionia, tortura e altri atti disumani. I responsabili di gravi crimini internazionali sono incoraggiati quando credono di non dover mai affrontare la giustizia. Questo ciclo di impunità ha fornito un terreno fertile per le atrocità in Libia. In generale, con i fuggitivi la giustizia sfugge ancora alle vittime dei loro presunti crimini».

Citando «informazioni attendibili«, la Bensouda ha affermato che «si ritiene che Saif Al-Islam Gheddafi si trovi a Zintan, in Libia; Al-Tuhamy Mohamed Khaled è al Cairo, in Egitto; mentre Mahmoud Mustafa Busayf Al-Werfalli si trova nella zona di Bengasi, nella Libia orientale. L’impunità serve sia come ostacolo che come minaccia alla stabilità e deve essere controllata attraverso la forza della legge».

E questi latitanti sono impunemente protagonisti della tragedia umanitaria, politica e sociale in corso in Libia. la Bensouda ha detto che «Al-Werfalli sembra essere stato ricompensato per il suo comportamento, essendo stato promosso due volte dalla leadership dell’autoproclamata Libyan National Army (LNA) che sta ancora assediando la capitale Tripoli – per la prima volta nel 2017, dopo che i video raffiguranti le prime quattro esecuzioni illegali da lui presumibilmente perpetrate, erano stati pubblicati online».

Nonostante gli impegni più volte presi, l comandante dell’LNA, il generale Khalifa Haftar, «Non ha nessuna intenzione di perseguire veramente Al-Werfalli per i quali è accusato nel mandato di arresto della Cpi – ha detto la procuratore – Chiedo al generale Haftar e a chi lavora con lui di facilitare l’arresto e la consegna senza perdere altro tempo di Al-Werfalli alla Cpi, al fine che possa rispondere dei suoi crimini di fronte a un tribunale e che la verità venga stabilita».

La procuratore – sapendo bene di parlare di fronte anche ad alleati dell’LNA come la Francia – ha ricordato che «Il potere effettivo di arrestare e consegnare i sospetti della Cpi spetta esclusivamente agli Stati. Il mio ufficio sta sviluppando, in coordinamento con gli Stati, strategie e metodologie potenziate per rintracciare e arrestare i sospetti. Gli autori di gravi crimini sono incoraggiati quando pensano che non saranno mai tradotti di fronte alla giustizia. Il ciclo dell’impunità fornisce un terreno propizio alle autrocità in Libia. Per Per interrompere questo circolo vizioso, è necessario uno sforzo internazionale concertato per garantire che vengano ritenuti responsabili per i reati di atrocità. Attraverso l’arresto e la resa dei fuggitivi dei ricercati dalla Cpi, la comunità internazionale può iniziare a rendere giustizia alle vittime in Libia e contribuire a prevenire futuri crimini. Invito tutti gli Stati a fare tutto il possibile per garantire la resa di tutti e tre i fuggitivi libici dalla Corte penale internazionale.

Tornando al salviniano porto sicuro, la Bensouda si è detta «Profondamente allarmata per i rapporti che indicano che da aprile (quando Salvini era saldamente in sella al v Viminale e in piena campagna elettorale per le europee, ndr) più di 100 civili sono stati uccisi, 300 feriti e 120.000 sfollati durante i combattimenti, Chiedo a tutti i combattenti di prestare attenzione alle regole del diritto internazionale umanitario. Condanno tutte le violenze illegali in Libia. Sia chiaro: non esiterò a presentare nuove richieste di mandati d’arresto contro i maggiori responsabili di presunti crimini che rientrano nella giurisdizione della Cpi».

Per quanto riguarda i crimini contro i migranti, la Bensouda ha ricordato che «La Cpi è un tribunale di ultima istanza e agisce solo quando gli Stati non investigano e perseguono gravi crimini internazionali». Proprio come ha fatto il governo italiano voltando la faccia dall’altra parte e riconsegnando profughi nelle mani di noti criminali che gestiscono traffici di carne umana direttamente dalla tolda delle navi della Guardia Costiera libica comprate e armate con i soldi dei contribuenti italiani.

La procuratore Cpi ha pero sottolineato che «Attraverso la raccolta e l’analisi di prove documentali, digitali e testimoniali su presunti crimini nei centri di detenzione, il mio ufficio ha facilitato i progressi in una serie di indagini e azioni penali relative ai crimini contro i migranti in Libia. Il il prossimo anno quel Paese continuerà a essere una priorità per il mio ufficio. Il popolo libico merita pace e stabilità».  E ha concluso: «L’implosione della Libia deve pesare fortemente sulla coscienza della comunità internazionale e incitare a prendere delle misure significative per aiutare le autorità libiche a stabilizzare il Paese e a mettere fine al ciclo della violenza, alle atrocità e all’impunità».