Più di 20.000 migranti salvati dal 2016 nel deserto del Sahara dall’Iom

Ma nessuno sa quanti siano i morti nel tentativo di attraversare il Sahara

[26 Giugno 2019]

Dall’aprile 2016 ad oggi, 6 soli team dell’International Organization for Migration (Iom) hanno soccorso più di 20.000 migranti nel deserto del Sahara. L’ultima operazione di soccorso è stata quella del 15 giugno che ha portato al salvataggio di 406 migranti, tra i quali 7 donne e 4 bambini, che erano stati abbandonati al loro destino nel deserto del Sahara.

Il portavoce dell’Iom, Joel Millman ha sottolineato che «quest’ultima operazione è stata la 18esima missione umanitaria dell’Iom nel deserto del Ténéré in Niger». Il Niger sarebbe uno dei “Paesi sicuri” nei quali i Paesi europei – Italia compresa – hanno investito in soldi e rifornimenti e addestramento militare per fermare la migrazione.

Secondo l’Iom questo ennesimo gruppo di migranti proveniva da 14 Paesi dell’Africa Occidentale, soprattutto dalla Guinea, dal Mali e dalla Costa d’Avorio e Millman  ha precisato che «Sono stati trasportati nella città di Assamaka dove ha la base il team dell’Iom».

Uno dei migranti salvati, Amadou, di 27 anni, proveniente dal Mali in guerra civile e con i jihadisti, racconta: «Abbiamo marciato per ore sotto il sole bruciante del deserto, senza acqua né idea della nostra direzione. Fortunatamente, ho visto il camion dell’Iom venire nella nostra direzione. Ci hanno dato del cibo e dell’acqua e siamo stati portati ad Assamaka, poi ad Arlit l’indomani».

Il Sahara e un passaggio spesso mortale per i migranti che cercano di raggiungere l’altrettanto mortale mediterraneo per poter arrivare in Europa. All’Iom spiegano che durante la traversata del deserto «I camion che trasportano i migranti a nord vanno spesso in panne. In alcuni casi I migranti si perdono dove io passeur abbandonano semplicemente le persone al loro destino».

Alhassane Adouel, punto di riferimento dell’IOm in Niger, non ha ancora fatto l’abitudine a questa umanità disperata che scappa da guerre e povertà rischiando la vita nel deserto: «Benché abbia aiutato numerosi gruppi di migranti, per me è sempre difficile ogni volta che un nuovo che arriva un nuovo gruppo, con i neonati tra le braccia, il viso ricoperto di sabbia e i vestiti a brandelli. Dopo tanti arrivi, quello che mi spezza ancora il cuore e vedere quel che sono costretti a vivere».

Le operazioni umanitarie dell’Iom sono condotte sua in maniera proattiva che reattiva nelle zone dell’Agadez, di Arlit e di Dirkou. Dal 2017, l‘Iom e la Direction générale de la protection civile nigérienne (DGPC) conducono missioni congiunte di ricerca e salvataggio a Dirkou. Per le missioni proattive I team dell’Iom vengono inviati sulle rotte della migrazione per cercare migranti dispersi o in difficoltà. Martin Wyss,a capo della missione Iom in Niger, evidenzia che «L’ambiente operativo difficile, la situazione di sicurezza pericolosa e l’afflusso immenso di migranti mettono alla prova il lavoro di salvataggio del personale dell’Iom. Ma finora  I team dell’Iom sono riusciti ad adattarsi ai cambiamenti imprevisti. Seguiamo la situazione da vicino con i  nostri partner per assicurare che i migranti in difficoltà siano assistiti e protetti, prima che sia troppo tardi. Siamo più che soddisfatti di aver evitato innumerevoli decessi e fieri di aver potuto assicurare la sicurezza e rassicurare almeno migliaia di persone»-

L’Iom fa notare che se  i morti nel Mediterraneo vengono regolarmente censiti (per quel che si conosce e si può) «E’ difficile valutare il numero di vite perdute nel  Sahara. Il terreno è considerato come di accesso molto difficile da parte dei rappresentanti dell’Iom in Niger. E i migranti salvati sono spesso indeboliti mentalmente e fisicamente, ma anche feriti e disidratati». Ai migranti che riescono a sfuggire alla morte atroce nel deserto, l’Iom fornisce aiuti umanitari urgenti, soprattutto cibo e acqua, cure mediche e sostegno psico-sociale. Dopo i migranti vengono informati degli aiuti disponibili e viene proposto loro di essere portati ad Arlit, un grande centro urbano a 235 km dalle rotte dei migranti nel Sahara. Una volta nel centro di transito dell’Iom, i migranti che vogliono tornare nel loro Paese di origine possono aderire al programma di ritorno volontario  che fa parte dell’iniziativa congiunta Unione europea Iom  per la protezione e il reintegro dei migranti. Il 98% dei migranti  salvati e portati ad Arlit, compreso  Amadou, scelgono di tornare a casa.

Amadou conclude: «Molta gente lotta e muore lungo la rotta: uomini, donne incinta, bambini. Io non voglio diventare un altro corpo sotterrato nel deserto. Rientro subito a casa mia».

Ma per un Amadou salvato quanti sono quelli abbandonati a morire nel deserto, imprigionati e torturati in Libia, affogati nel Mediterraneo?  Parlare di “pacchia” come ha fatto e fa qualche ministro italiano di fronte a tanta sofferenza è non solo inumano, ma stupido, perché porta a ignorare, nascondere e irridere fino a disumanizzarle le ragioni che portano migliaia di disperati ad attraversare un deserto mortale per arrivare in un Paese in guerra e finire nelle mani degli aguzzini libici che organizzano i loro ultimo e pericolosissimo viaggio in mare. Capire e affrontare quelle ragioni e le loro profonde radici servirebbe a impedire che migliaia di persone fuggano attraverso un deserto immenso per cercare un briciolo di futuro e di pace.