E Renzi chiede al M5S di appoggiare le nuove estrazioni petrolio e gas offshore

Parlamento e governo: aumentare le sperse militari fino al 2% del PIL

Milex: significa passare da 25 miliardi all’anno (68 milioni al giorno) a 38 miliardi (104 milioni al giorno)

[17 Marzo 2022]

La Camera ha approvato un ordine del giorno, collegato al cosiddetto “Decreto Ucraina” proposto dalla Lega Nord e sottoscritto da deputati di Partito Democratico, Forza Italia, Italia Viva, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia, che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa per arrivare al 2% del Prodotto lnterno Lordo. Questo il testo integrale:

«La Camera, premesso che: già lo scorso 29 settembre, a fronte della crescente instabilità internazionale, in occasione della conferenza stampa sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, il Presidente del Consiglio Mario Draghi aveva affermato che “ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora”; più recentemente, il 1° marzo scorso, intervenendo alla Camera, il Presidente del Consiglio ha inoltre affermato che “la minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora”; l’invasione russa dell’Ucraina sta in effetti dimostrando la necessità ancora più acuta che i Paesi europei destinino più risorse alle loro Difese, potenziando in particolare gli investimenti nell’acquisizione delle capacità indispensabili a fronteggiare evenienze che si ritenevano in precedenza molto improbabili ed oggi appaiono invece concretamente possibili; in seguito allo scoppio delle ostilità tra Russia e Ucraina, in diversi Stati dell’Unione europea e dell’Alleanza Atlantica sono già stati annunciati sensibili incrementi delle spese per la Difesa; la Germania, in particolare, ha rivelato di essere intenzionata ad elevare al livello dei 100 miliardi di euro annui il proprio bilancio per la Difesa, portandolo di fatto al 2 per cento del Pil, da tempo raccomandato come obiettivo dall’Alleanza Atlantica; un’indicazione ad aumentare le spese militari è giunta anche dal recente Consiglio europeo svoltosi a Versailles; anche l’Italia dovrebbe dare un segnale immediato, avviando l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil con un opportuno rapporto tra le componenti relative agli investimenti, all’esercizio ed al personale; com’è stato recentemente evidenziato anche dal Capo di Stato Maggiore della Difesa italiana, il conflitto russo-ucraino ha enfatizzato la necessità di acquisire nuovi sistemi, inclusi missili da crociera da imbarcare sulle piattaforme navali disponibili; si dovrebbe altresì al contempo ovviare all’esigenza di rinnovamento che riguarda alcune componenti del parco materiali; un primo, significativo passo, sarebbe l’aumento già nell’anno in corso delle risorse destinate al Fondo per le esigenze di difesa nazionale, di cui all’articolo 615 del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, recante il Codice dell’ordinamento militare, impegna il Governo: ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal Presidente del Consiglio il 1° marzo scorso e predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacità di deterrenza e protezione, a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici; ad assicurare che la ripartizione delle risorse sia allocata secondo i criteri della delega di cui alla legge n. 244 del 2012; nell’immediato, ad incrementare alla prima occasione utile il Fondo per le esigenze di difesa nazionale, di cui all’articolo 615 del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, recante il Codice dell’ordinamento militare».

Nel corso della stessa seduta è stato anche approvato l’Ordine del giorno a firma Gagliardi che chiede un «incremento della spesa annuale complessiva del settore difesa in misura non inferiore al 3,5 per cento del totale del bilancio finale dello Stato».

Secondo Milex – Osservatorio sulle spese militari italiane, conferma che «Ciò significherebbe, citando le cifre fornite dal Ministro della Difesa Guerini (mentre qui trovate la valutazione di spesa militare del nostro Osservatorio Milex), passare dai circa 25 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno). Allo stato attuale delle cose, anche considerando il totale della spesa pubblica compresi gli interessi sul debito, ciò configurerebbe una spesa minima di circa 26,5 miliardi di euro quindi abbastanza prossima al livello attuale di spesa militare (e molto inferiore alla linea derivante dal rapporto del 2% con il PIL). Ricordiamo che l’indicazione di spesa di almeno il 2% del PIL in ambito NATO deriva da un accordo informale del 2006 de Ministri della Difesa dei Paesi membri dell’Alleanza poi confermato e rilanciato al vertice dei Capi di Stato e di Governo del 2014 in Galles (obiettivo da raggiungere entro il 2024), in cui si è anche indicata una quota del 20% di tale spesa da destinarsi ad investimenti in nuovi sistemi d’arma. Queste dichiarazioni di intenti al momento non stono mai state ratificate formalmente dal Parlamento italiano con un voto avente forza legislativa e quindi non costituiscono un obbligo vincolante per il Bilancio dello Stato. Inoltre la quota indicata del 2% rispetto al PIL non ha mai avuto una giustificazione specifica e di natura militare (dettata da esigenze operative) ma è stata usata come spinta alla crescita della spesa. Va infine notato che collegare preventivamente un livello di spesa pubblica con un parametro che comprende anche la produzione di ricchezza privata, ed è soggetto a fluttuazioni indipendenti dalle decisioni fiscali, rende del tutto aleatoria e scollegata da reali esigenze la definizione tecnica e concreta di tale spesa».

Il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni conferma che «Questo significa passare da 68 a 104 milioni di euro al giorno, da 25 a 38 miliardi ogni anno. Ben 13 miliardi in più. Faccio solo notare che l’ultimo Documento di Economia e Finanza del Governo Draghi prevede un taglio di 6 miliardi di euro della spesa sanitaria, per gli anni 2023 e 2024. E pensare che fino a ieri non si trovavano nemmeno 50 milioni per il bonus salute mentale… È così che il governo intende prepararsi alla “Pace”? Io ho ovviamente votato contro questo ennesimo scempio».

Anche per i co-portavoce di Europa verde Angelo Bonelli ed Eleonora Evi e i deputati di Europa verde-Verdi europei Cristian Romaniello, Devis Dori, Elisa Siragusa e Paolo Romano «E’ vergognosa la richiesta dell’aumento di spese militari reclamata oggi attraverso un ordine del giorno presentato alla Camera dei deputati, la componente parlamentare Europa verde-Verdi europei ha votato convintamente contro, a differenza di tutti gli altri partiti presenti che hanno votato a favore. Ricordiamo che i 27 Paesi dell’Unione europea già oggi, secondo i dati Sipri di Stoccolma, spendono 233 miliardi di dollari l’anno in spese per gli armamenti, che è più del triplo di quello che spende la Russia. In questi anni le spese militari sono cresciute del 9,6 per cento: si tratta di una scelta eticamente inaccettabile di fronte alla grave crisi sociale e ambientale. La Camera, con questa scelta che riteniamo inaccettabile, rinuncia a finanziare e a sostenere la crescita sociale ed economica del nostro paese prediligendo le armi. Invece di lavorare per costruire una politica estera e di difesa tramite un esercito europeo comune che razionalizzi i 27 eserciti dei paesi Ue, sceglie la strada del riarmo, assolutamente non giustificata né giustificabile. Come Europa verde siamo e saremo sempre contro il riarmo non solo del nostro Paese, ma dell’Europa intera»

Come abbiamo già scritto, la guerra di Putin sta spostando gli equilibri anche in Europa e non certo verso il progresso e la giustizia sociale e climatica.  Sempre ieri, a pochi giorni da un drammatico rapporto dell’IPCC che avverte che la schiavitù dai combustibili fossili sta portando il mondo verso una catastrofe climatica, ambientale,  economica e umana, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi ha chiesto al Movimento 5 Stelle di abbandonare la sua contrarietà di principio all’estrazione di gas e petrolio od offshore in Italia. E’ lo stesso Renzi che, durante le primarie che lo portarono a diventare segretario del PD, che promise che, con lui premier, l’Italia avrebbe prodotto entro pochi anni il 50% di energia rinnovabile e avrebbe dichiarato guerra alle fonti fossili inquinanti. Lo stesso Renzi che poi boicottò e fece fallire il referendum contro le trivelle e che ora fa il ben pagato conferenziere/consulente della dittatura monarchica petrolifera saudita che ha invaso e bombarda lo Yemen  e che si è appena sbarazzata di 80 oppositori eseguendo condanne a morte di massa.

La deputata di Facciamo ECO Rossella Muroni conclude: “Il governo continua a sbagliare e a puntare sul gas per mitigare il carbone. Peccato che questa è una falsa soluzione che contrasta contro gli impegni sul clima assunti a livello internazionale e che non farà scendere le bollette. La soluzione c’è, basta smetterla di ostacolare le rinnovabili e investire su fonti pulite, sistemi di accumulo, innovazione e smart grid. L’installazione della prima pala eolica del Mediterraneo, a Taranto, va proprio in questa direzione. Non deve essere un fatto isolato, deve diventare sistema: velocizziamo i processi e snelliamo la burocrazia, ne trarranno giovamento anche le nostre tasche». E anche questa è economia di pace.