Le inumane condizioni dei lavoratori migranti nei campi di detenzione in Arabia saudita, Yemen e Libia

Situazioni terribili anche negli altri Paesi del Golfo. I migranti capro espiatorio del coronavirus

[2 Ottobre 2020]

Il Committee on the protection of the rights of all migrant workers and members of their families dell’ONU, che monitora il rispetto dell’International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of Their Familie da parte di tutti i Paesi del mondo, ha lanciato un drammatico appello ai governi ad «agire immediatamente per affrontare le condizioni disumane dei lavoratori migranti bloccati nei campi di detenzione e garantire che possano avere un ritorno ordinato, sicuro e dignitoso alle loro case nei loro Paesi».

Gli esperti indipendenti del Comitato Onu sottolineano che «I migranti, per lo più dai Paesi dell’Africa e dell’Asia meridionale, vengono regolarmente considerati i capri espiatori per la diffusione del coronavirus. Ogni singolo giorno, ci sono segnalazioni di maltrattamenti e persino torture nei campi di detenzione, con accuse che i detenuti non ricevano cure mediche. Alcuni sono addirittura lasciati morire».

Il Comitato si è detto profondamente preoccupato per la situazione dei lavoratori migranti, in particolare quelli detenuti nei paesi del Golfo, tra i quali Arabia Saudita e Yemen, e in Paesi del Nord Africa come la Libia.

All’inizio di settembre, sono cominciate a circolare le notizie e le immagini di migliaia di lavoratori migranti africani rinchiusi in campi angusti e antigienici in Arabia Saudita. Video che mostrano i lavoratori migranti detenuti che dormono e mangiano in strutture con fogne all’aria aperta che scorrono sul pavimento e che «sono la prova di condizioni scioccanti che richiedono un’azione immediata da parte della comunità internazionale».

Il Comitato ricorda che «La pandemia di Covid-19 sta attualmente scatenando il caos in tutto il mondo. In molti Paesi, il bilancio delle vittime è in aumento, i sistemi sanitari sono messi a dura prova e i tassi di disoccupazione sono elevati, senza precedenti. Mentre i governi fanno del loro meglio per controllare il disastro sanitario più significativo dal 1918, devono essere consapevoli del fatto che questa pandemia rende i lavoratori migranti, che non hanno accesso ad acqua pulita, sanità mentale e assistenza sanitaria, molto più vulnerabili dei residenti locali. Mentre la pandemia di Covid-19 continua, è più importante che mai che le violazioni dei diritti umani perpetrate contro i migranti cessino immediatamente».

Il Comitato ricorda la Joint Guidance Note on the Impacts of the COVID-19 Pandemic on the Human Rights of Migrants. e conclude: «Esortiamo i governi dei Paesi ospitanti e di transito a proteggere rigorosamente i diritti umani di tutti i migranti e a cooperare senza indugio con i Paesi di origine per garantire un ritorno ordinato, sicuro e dignitoso dei migranti imprigionati».