Le disuguaglianze economiche tra i gruppi etnici sono forti, anche all’interno dello stesso Paese

1,3 miliardi di persone sono multidimensionalmente povere, circa la metà sono bambini

[7 Ottobre 2021]

Secondo il rapporto “Unmasking disparities by ethnicity, caste and gender”, pubblicato da United Nations Development Programme (UNDP) e Oxford Poverty and Human Development Initiative, «Le differenze nella cosiddetta povertà multidimensionale tra i gruppi etnici sono costantemente elevate in molti Paesi».1,3 miliardi di persone sono multidimensionalmente povere; circa la metà (644 milioni) sono bambini di età inferiore ai 18 anni; quasi l’85% vive nell’Africa subsahariana (556 milioni) o nell’Asia meridionale (532 milioni); più del 67% vive in Paesi a reddito medio.

La ricerca per realizzare il rapporto è stata condotta in 109 Paesi nei quali vivono 5,9 miliardi di persone, e presenta una disaggregazione etnica/razza/casta, per 41 nazioni.

Il rapporto si basa sul Multidimensional Poverty Index  (MPI) che ha inoltre rilevato che, «In 9 gruppi etnici specifici intervistati, oltre il 90% della popolazione è intrappolato nella povertà. In alcuni casi, le disparità tra i gruppi etnici e razziali sono maggiori che tra le regioni all’interno di un Paese. Inoltre, nell’indice le disparità per l’etnia sono maggiori di quelle in tutti i 109 Paesi e di tutte le altre variabili testate».

Oltre al reddito, l’MPI misura la povertà utilizzando diversi  indicatori, tra i quali problemi di salute, istruzione insufficiente e basso tenore di vita.

L’UNDP evidenzia che «All’interno di un Paese, la povertà multidimensionale tra i diversi gruppi etnici può variare enormemente. Ad esempio, in America Latina, i popoli indigeni sono tra i più poveri. In Bolivia, le comunità indigene rappresentano circa il 44% della popolazione, ma rappresentano il 75% dei poveri multidimensionali».

Ma l’analisi multidimensionale evidenzia anche altri problemi: il MPI combina l’incidenza e l’intensità della povertà e ne viene fuori che «I  due gruppi etnici più poveri in Gambia – i Wollof e i Sarahule – hanno all’incirca lo stesso valore di MPI, ma le loro privazioni differiscono, suggerendo che sono necessarie diverse azioni politiche per ridurre la povertà multidimensionale».

La società è particolarmente ingessata in India, dove l’ascensore sociale è ancora più inceppato, visto che  cinque persone su sei in povertà multidimensionale provengono da tribù o caste inferiori.

Il rapporto comprende anche un’analisi intrafamiliare della povertà multidimensionale incentrata sul genere: «Nel mondo circa due terzi delle persone multidimensionalmente povere (836 milioni) vivono in famiglie in cui nessuna donna o ragazza ha completato almeno 6 anni di scuola. Un sesto di tutte le persone multidimensionalmente povere (215 milioni) vive in famiglie in cui almeno un ragazzo o un uomo ha completato 6 o più anni di scuola ma nessuna ragazza o donna l’ha fatto». Il rapporto rileva inoltre che «Le donne e le ragazze che vivono in condizioni di povertà multidimensionale sono a maggior rischio di violenza da parte dei partner intimi».

I dati dipingono un quadro cupo  della realtà quotidiana delle persone multidimensionalmente povere: 1 miliardo di poveri è esposto a combustibili solidi per cucinare, un altro miliardo vive con servizi igienici inadeguati e un altro miliardo ha alloggi scadenti; 788 milioni vivono in un nucleo familiare con almeno una persona denutrita; 568 milioni mancano di acqua potabile depurata a meno di 30 minuti di cammino andata e ritorno.

Secondo l’amministratore dell’UNDP Achim Steiner, «La pandemia di Covid-19 ha eroso i progressi dello sviluppo in tutto il mondo e stiamo ancora cercando di comprenderne appieno gli impatti. L’indice di povertà multidimensionale (MPI) di quest’anno ci ricorda la necessità di un completo immagine di come le persone sono colpite dalla povertà, chi sono e dove vivono, se vogliamo costruire meglio su questa crisi e progettare risposte efficaci che non lascino indietro nessuno».

Sebbene la povertà multidimensionale rimanga elevata, in alcuni paesi ci sono stati incoraggianti segnali di progresso, almeno fino all’inizio del Covid-19. Degli 80 paesi e cinque miliardi di persone per i quali sono disponibili dati nel tempo, 70 hanno ridotto l’IMP in almeno un periodo, con le variazioni più rapide in Sierra Leone (2013-2017), seguita dal Togo (2013/2014-2017). Alcuni Paesi hanno visto le riduzioni assolute più rapide nelle loro regioni più povere, contribuendo a mantenere il loro impegno a non lasciare indietro nessuno. Queste aree includono il centro nord in Liberia (2013-2019/2020) e la provincia 2 in Nepal (2016-2019).

Anche se non sono ancora disponibili i dati completi sugli impatti del Covid-19 sull’MPI, l’UNDP dice che «La pandemia ha messo in luce crepe nei sistemi di protezione sociale, nell’istruzione e nella vulnerabilità dei lavoratori in tutto il mondo».  Il rapporto dimostra che «Queste crepe sono più profonde nei Paesi con livelli più elevati di povertà multidimensionale. Ad esempio, milioni di bambini in tutto il mondo hanno smesso di frequentare la scuola durante la pandemia, ma tale interruzione dell’istruzione formale è stata più diffusa nei paesi con MPI superiore. In Zambia, ad esempio, la differenza tra la quota di famiglie con bambini che frequentavano la scuola prima della pandemia e coloro che hanno partecipato all’apprendimento assistito dagli insegnanti durante la pandemia era di circa 80 punti percentuali. Le esperienze di emergenze sanitarie passate suggeriscono che molti di questi bambini potrebbero non tornare mai più a scuola».

Sabina Alkire, direttrice dell’Oxford Poverty and Human Development Initiative conclude: «Raggiungere un futuro in cui tutte le persone godano di capacità fondamentali che apprezzano e hanno motivo di apprezzare richiede che la comunità globale risolva le disuguaglianze strutturali che opprimono e ostacolano il progresso. La disaggregazione dei dati multidimensionali sulla povertà per etnia, razza, casta ed esplorazione dei modelli di genere e all’interno delle famiglie smaschera le disparità e costituisce una guida vitale per i policymakers  per non lasciare indietro nessuno nell’ultimo decennio per l’azione».