La guerra in Ucraina non deve farci dimenticare la tragedia dell’Afghanistan

Il Consiglio di sicurezza rafforza le priorità Onu in Afghanistan, ma la fuga di NATO e Usa ha lasciato un intero popolo nella miseria e nella disperazione

[18 Marzo 2022]

Le TV e i giornali sono occupati da esperti, meno esperti, giornalisti riciclati e showman/woman che danno già per rovinata politicamente ed economicamente  la Russia perché non ha ancora liquidato la resistenza ucraina dopo bel 3 settimane di guerra. Sono più o meno gli stessi e le stesse che durante la ventennale guerra di occupazione afghana – che doveva durare qualche giorno e portare pace e prosperità e uguaglianza alle donne – si sono completamente disinteressati di u conflitto che coinvolgeva (come quello in Iraq) anche soldati italiani, una guerra che è costata inutilmente migliaia di miliardi di dollari e che ha provocato la distruzione economica e sociale di un Paese che, alla fine, è stato vergognosamente risconsegnato nelle mani dei talebani dai quali volevamo liberarlo.

Passata presto l’emozione degli afghani filo-occidentali che si aggrappavano agli aerei che decollavano, per i bambini abbandonati e per le donne picchiate, insultate e uccise… l’Afghanistan sembra già appartenere a un vergognoso passato del quale è meglio non parlare. Meglio indignarsi per le guerre degli altri.

Ma cosa sta ancora accadendo in Afghanistan, a 7 mesi dalla fuga della Nato da Kabul, lo ha ricordato ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha rinnovato per un anno il mandato dell’United Nations Assistance Mission in Afghanistan (UNAMA), affidandole una serie di priorità. Con 14 sì e l’astensione della Russia è stata approvata la risoluzione 2626 che prevede che «Alla luce della rapida evoluzione della situazione sul campo, la missione si concentra sul coordinamento della fornitura di assistenza umanitaria, fornendo contatti e buoni uffici per il dialogo e promuovendo il buon governo e lo stato di diritto».

Altri compiti dati all’UNAMA includono «La promozione dei diritti umani, il sostegno e la promozione dell’uguaglianza di genere e il monitoraggio, la comunicazione e la difesa della situazione dei civili». E il Consiglio di sicurezza invita tutte le parti afghane, compreso il governo talebano, a «Garantire la sicurezza e la libertà di movimento del personale Onu».

Secondo l’ambasciatrice all’Onu della Norvegia, Mona Juul, prima firmataria della risoluzione, «Il testo invia un chiaro messaggio che il Consiglio sostiene fermamente il popolo afgano in un momento di sfide e incertezza senza precedenti.  La risoluzione chiede all’UNAMA di impegnarsi con tutti gli attori afgani, compresi i talebani, su questioni rilevanti per la popolazione del Paese.  Rafforza inoltre le attività della Missione nella promozione dei diritti delle donne e della loro partecipazione alla vita pubblica».

Anche per l’ambasciatrice del Regno Unito all’Onu, Dame Barbara Woodward, «Il Consiglio ha parlato con una sola voce a sostegno dell’UNAMA e del suo ruolo cruciale», ma si è detta preoccupata «Per le azioni delle  autorità talebane de facto  dell’Afghanistan» e ha citato rapporti  su «Rappresaglie contro ex funzionari del governo e attacchi e intimidazioni contro membri di gruppi minoritari e della società civile. I talebani devono dimostrare che i gruppi estremisti non sono più in grado di prosperare nel Paese». Poi si è detta rammaricata per il fatto che «Un membro del Consiglio abbia deciso di astenersi dal voto di oggi, proprio quando la popolazione del Paese ha più bisogno di sostegno». Viene da ricordare che il Regno Unito non solo è tra i maggiori responsabili del disastro militare e politico afghano ma che fin dall’Impero Britannico partecipa al “grande gioco” delle potenze – compresa l’occupazione sovietica – che ha incatenato l’Afghanistan in una guerra eterna e ha portato al potere i talebani che ora vengono invitati alla moderazione dopo averli attaccati perché amici degli estremisti…

E l’astensione russa serve proprio a rientrare in gioco in Afghanista, dove gli ex nemici comunisti sono diventati i nuovi amici putiniani. L’ambasciatore russo Vassily A. Nebenzia ha detto  di  essere stato costretto ad astenersi poiché «I tentativi di ottenere il consenso del Paese ospitante [l’UNAMA] per una presenza delle Nazioni Unite sono stati ignorati» e ha avvertito tutti gli altri Paesi di «Non continuare sulla strada dell’ignoranza ostinata e del perseguimento di approcci irrilevanti», sottolineando che «Un maggiore sostegno da parte delle  autorità de facto  aiuterebbe l’UNAMA a realizzare il suo mandato e a evitare di trasformarla in una missione impossibile delle Nazioni Unite».

Anche la Cina ha buoni rapporti con il governo talebano e l’ambasciatore all’Onu Zhang Jun ha addirittura detto che «Dagli eventi dello scorso agosto l’Afghanistan è entrato in una nuova fase di ricostruzione pacifica. La ripresa economica è il compito più urgente che il Paese deve affrontare ora e dovrebbe essere una priorità assoluta per l’UNAMA. La  comunità globale dovrebbe aderire ai principi di Afghan-led e Afghan-owned, combattere il terrorismo in tutte le sue forme e ripristinare lo sviluppo economico. Abbiamo ancora molti dubbi sull’adeguatezza dei compiti stabiliti in questo mandato. La situazione è ancora in rapida evoluzione e chiedo la flessibilità necessaria per apportare modifiche al mandato in qualsiasi momento». Insomma, un’apertura di credito al governo talebano di Kabul e qualche calcio negli stinchi alle potenze occidentali che hanno miseramente fallito in Afghanistan.

Schermaglie geopolitiche che l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha riportato alla tragica realtà di un Paese occupato, bombardato, sedotto e abbandonato dagli Usa e dalla NATO. Grandi ha rivolto alla comunità internazionale un appello «Affinchè venga assicurato un sostegno continuo al popolo afghano» e perché «Garantisca aiuti consistenti per rispondere alle esigenze umanitarie del Paese e dei rifugiati afghani all’estero».

Al termine di una missione di 4 giorni in Afghanistan, dove ha presenziato all’apertura di un ambulatorio medico a Kandahar e ha visitato una scuola femminile a Jalalabad costruiti grazie all’Onu, il capo dell’UNHCR  ha detto: «Per quanto siamo tutti giustamente preoccupati per la guerra in Ucraina, l’Afghanistan continua a vivere una crisi estremamente grave. Parliamo con persone che non sanno se avranno da mangiare per il prossimo pasto, donne capofamiglia preoccupate per la salute e il benessere dei propri figli, madri e padri disperati che non sanno come sostentare le proprie famiglie. Le esigenze, qui, sono enormi».

In Afghanistan Grandi ha incontrrato il governo ad interim afghano ad interim, personale Onu e delle Ong che nonostante tutto continuano ad assicurare aiuti vitali in tutto il Paese e ha assicurato che «L’UNHCR è fermamente decisa a garantire assistenza umanitaria al popolo afghano».

Infatti l’agenzia umanitaria dell’Onu – forse l’organismo più diffamato dalla destra europea perché colpevole di accogliere i profughi che oggi esponenti della destra vanno maldestramente e con non molta fortuna ad accogliere con un codazzo di telecamere al confine polacco – ad oggi in Afghanistan ha assicurato aiuto a oltre 500.000 afghani, comprese più di 130.000 persone che hanno ricevuto aiuti di emergenza o assistenza diretta in denaro per sopravvivere all’inverno e oltre 370.000 persone che hanno fruito di ambulatori medici, scuole, sistemi di approvvigionamento idrico e altre infrastrutture costruite dall’UNHCR in aree prescelte per il ritorno di rifugiati e sfollati interni.

Grandi ha ricordato le cifre c della tragedia umana che ci siamo lasciati dietro abbandonando gli afghani al loro destino: «Circa 3,4 milioni di persone sono sfollate all’interno del Paese a causa del conflitto, il sistema sanitario soffre gravi carenze in una fase segnata dalla pandemia di CovidD e da un’epidemia di morbillo, gli operatori impegnati in servizi vitali quali scuole e ospedali non stanno percependo lo stipendio, mentre la crisi di liquidità e i costi in crescita dei generi alimentarie dell’energia su scala mondiale stanno avendo effetti devastanti. 24 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria in Afghanistan quest’anno e ci appelliamo ai donatori affinché finanzino un’estesa operazione umanitaria che, come ho potuto constatare, sta assicurando risultati di vitale importanza».

L’UNHCR è presente da 40 anni in Afghanistan, dove ha visto cambiare regimi di ogni tipo e ha sempre assicurato aiuti di emergenza e sostegno agli afghani sfollati e a quelli che fanno ritorno. Attualmente, l’UNHCR è impegnata in 55 programmi territoriali per agevolare la reintegrazione e a sviluppare le capacità di resilienza e la stabilità delle comunità nell’ambito della Strategia di soluzioni per i rifugiati afghani, che prevede di assicurare sostegno a più di 11.000 villaggi in Afghanistan e alle aree che accolgono rifugiati nei Paesi limitrofi.

Ma Grandi sottolinea che «La capacità di garantire i diritti e il benessere degli afghani richiede una stabilità politica ed economica a lungo termine. La comunità internazionale deve continuare a operare in Afghanistan. Tuttavia, le sole operazioni umanitarie non saranno sufficienti. L’impegno a rivitalizzare il sistema bancario e l’economia dell’Afghanistan e a riprendere i progetti di sviluppo può contribuire a gettare le basi su cui sfollati e rifugiati afghani potranno considerare di fare volontariamente ritorno quando le condizioni lo permetteranno. A tal fine, inoltre, è necessario che le autorità di fatto instaurino un rapporto di fiducia con le persone sfollate. Durante gli incontri che ho tenuto con loro, ho fatto notare come il miglior modo di conseguire tale obiettivo sia quello di assicurare che tutti gli afghani, ovvero uomini, donne, bambine, bambini e minoranze, possano esercitare i propri diritti e accedere al mercato del lavoro e ai servizi su base paritaria».

Grandi ha accolto con favore le promesse fatte a riguardo dai talebani,  non solo a Kabul, ma anche a Kandahar e a Jalalabad, e dice che «Tutti i funzionari hanno riconosciuto l’importanza di erogare servizi a tutti gli afghani» ma ha detto ai capi talebani che «Adesso, le buone intenzioni mostrate devono tradursi in decisioni e azioni concrete, a partire dalla riapertura di scuole per bambine e bambini».

Ma l’Occidente che ha bruciato trilioni di dollari in una guerra ventennale perduta ora fatica a dare i finanziamenti necessari per suturare le ferite che ha provocato. L’UNHCR ha ricordato che «Le Agenzie operative in Afghanistan necessitano con urgenza di 4,44 miliardi di dollari nell’ambito dell’Humanitarian Response Plan/HRP per far fronte alle esigenze vitali di 22 milioni di afghani e prevenire l’insorgere di fame, malattie, malnutrizione, morte ed esodi. Inoltre, nell’ambito del quadro Transitional Engagement Framework (TEF) delle Nazioni Unite, le agenzie richiedono un’ulteriore cifra di 3,6 miliardi di dollari per implementare programmi sociali essenziali volti ad aiutare i 38 milioni di residenti presenti nel Paese.

Quest’anno, l’UNHCR necessita di 340,3 milioni per l’Afghanistan al fine di supportare le attività di risposta alle esigenze della popolazione sfollata e di altri afghani vulnerabili. Il lavoro dell’Agenzia nel Paese è ad oggi finanziato al 28%, con soli 97 milioni di dollari ricevuti».

Grandi è molto preoccupato: «Le conseguenze derivanti da finanziamenti tardivi o inadeguati destinati a questi appelli avranno un impatto profondo sulle persone. Il TEF e il piano HRP, insieme al Refugee Response Plan/RRP da 623 milioni di dollari volto a sostenere quasi 6 milioni di rifugiati afghani e altre persone presenti nei Paesi limitrofi, sono alla base di una visione transfrontaliera che in definitiva punta a migliorare la situazione umanitaria complessiva degli afghani e a farne progredire la protezione, anche in relazione alla conseguimento di soluzioni durature. “Le necessità sono evidentemente enormi, ma lo sono anche le opportunità, come ho potuto riscontrare nella scuola per ragazze di Jalalabad. Spetta ora alla comunità internazionale farsi avanti per aiutare il resiliente popolo afghano, cosicché possa sviluppare al meglio il proprio potenziale. In assenza di sostegno al lavoro portato avanti da Nazioni Unite e partner, tuttavia, le avversità di cui sono stato testimone questa settimana a Jalalabad, Kandahar e Kabul aumenteranno».