La guerra in Siria ha ucciso oltre 306.000 civili in 10 anni

Bachelet: non sono inclusi moltissimi civili morti a causa della perdita dell'accesso ad assistenza sanitaria, cibo, acqua potabile e altri diritti umani essenziali

[29 Giugno 2022]

In occasione dell’Human Rights Council in corso a Ginevra, l’United Nations Human Rights Office (UNHR) ha pubblicato il  “Report of the Working Group on the Universal Periodic Review – Syrian Arab Republic”  che, a seguito di una rigorosa valutazione e analisi statistica dei dati disponibili sulle vittime civili, stima che «Tra il 1 marzo 2011 e il 31 marzo 2021, siano stati uccisi in Siria 306.887 civili a causa di il conflitto. Questa è la stima più alta finora delle morti civili legate al conflitto in Siria». L’UNHR avverte che «Di conseguenza, il totale delle vittime civili è stimato in 306.887 con un intervallo credibile di circa il 95%. Questo intervallo credibile del 95% implica che, dati i dati osservati e supponendo che il modello sia corretto, c’è una probabilità del 95% che il numero reale di morti tra i civili sia compreso tra 281.443 e 337.971».

Il rapporto faceva riferimento a 143.350 morti di civili che sono state documentate da varie fonti con informazioni dettagliate, tra le quali almeno il nome completo, la data e il luogo della morte. Inoltre, sono state utilizzate tecniche di stima statistica per collegare i punti dove mancavano elementi di informazione e l’UNHR stima che «Si siano verificati altri 163.537 civili morti, portando il bilancio totale stimato delle vittime civili a 306.887».

Presentando il rapporto, la Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha ricordato che «Le cifre delle vittime legate al conflitto in questo rapporto non sono semplicemente un insieme di numeri astratti, ma rappresentano singoli esseri umani. L’impatto dell’uccisione di ciascuno di questi 306.887 civili ha avuto un impatto profondo e riverberante sulla famiglia e sulla comunità a cui appartenevano. Il lavoro delle organizzazioni della società civile e delle Nazioni Unite nel monitoraggio e nella documentazione dei decessi legati ai conflitti è fondamentale per aiutare queste famiglie e comunità a stabilire la verità, cercare la responsabilità e perseguire risarcimenti efficaci. Questa analisi darà anche un senso più chiaro della gravità e della portata del conflitto. E voglio essere chiara: queste sono le persone uccise come risultato diretto delle operazioni di guerra. Questo non include i moltissimi altri civili che sono morti a causa della perdita dell’accesso all’assistenza sanitaria, al cibo, all’acqua potabile e ad altri diritti umani essenziali, che restano da valutare».

Il rapporto contiene anche dati disaggregati per le morti documentate, inclusi quelli per età, sesso, anno, governatorato, presunti responsabili e causa della morte per tipo di arma. L’UNHR fa notare che «La stima di 306.887 significa che in media, ogni singolo giorno, negli ultimi 10 anni, 83 civili hanno subito morti violente a causa del conflitto».

Il rapporto rileva che «L’entità delle vittime civili negli ultimi 10 anni rappresenta uno sbalorditivo 1,5% della popolazione totale della Repubblica araba siriana all’inizio del conflitto, sollevando serie preoccupazioni per il fallimento delle parti in conflitto nel  rispettare le norme del diritto internazionale umanitario sulla protezione dei civili».

Questo terrificante lavoro statistico si basa sugli sforzi precedenti per valutare le morti legate ai conflitti diretti. Nel 2013 e nel 2014, l’UNHR ha commissionato tre analisi statistiche sugli omicidi documentati in Siria, ma questo lavoro è stato interrotto perché la situazione nel Paese è diventata sempre più complessa e pericolosa, compromettendo la capacità dell’Ufficio UNHR  di mantenere gli standard di qualità e verifica richiesti. Nel 2019 l’Ufficio ha ripreso la raccolta di informazioni e l’analisi sulle vittime, compresa la Siria, nella sua relazione globale sull’indicatore degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu  sulle morti legate ai conflitti (indicatore SDG 16.1.2).

Il rapporto illustra i problemi per la registrazione delle vittime durante una guerra: «Laddove gli attori della società civile intraprendono la registrazione delle vittime, gli sforzi… possono mettere a rischio gli stessi registratori. Inoltre, devono affrontare molteplici sfide nei loro sforzi di documentazione, incluso il collasso delle loro solite reti di informazioni quando le persone sono in movimento, sfollate o in aree in cui vi è una chiusura generale delle informazioni; il limitato o il mancato accesso a dati mobili, Internet ed elettricità per raccogliere e trasmettere informazioni; limitazioni ai loro movimenti; e sorveglianza». Nonostante queste difficolta, «Da oltre un decennio c’è stato un lavoro coerente e sistematico nella documentazione delle vittime sul campo. I dati utilizzati per il rapporto si basano sul lavoro coraggioso di tali individui e gruppi».

Per produrre la relazione, l’Ufficio UNHR ha utilizzato 8 fonti di informazione: Damascus Center for Human Rights Studies; Center for Statistics and Research–Syria; Syrian Network for Human Rights; Syrian Observatory for Human Rights; Violations Documentation Center; Syria Shuhada; Governo siriano; dati dello stesso UN Human Rights Office. E il rapporto sottolinea che «Il lavoro svolto dai registratori di scontri nel documentare informazioni verificabili individualmente su ogni scontro è fondamentale. Il processo è incentrato sulla vittima, mettendo al centro gli individui, le loro famiglie e le comunità, assicurando che le persone uccise non vengano dimenticate e che le informazioni siano disponibili per i processi relativi alla responsabilità e per accedere a una serie di diritti umani. Fino alla fine del conflitto, persiste il rischio di morte di civili. E’ quindi fondamentale che tutti gli Stati, le Nazioni Unite e la società civile utilizzino tutti i mezzi disponibili per porre fine al conflitto e sostenere una transizione verso la pace».