Israele-Palestina: senza un’azione decisiva, rischio di escalation mortale della violenza

Tor Wennesland: gli insediamenti israeliani e le demolizioni aumentano le tensioni e la disperazione

[1 Dicembre 2021]

Mentre il mondo è alle prese con le ondate e le varianti del Covid-19 e deve affrontare nuove guerre e crisi che scoppiano in molte aree, ogni giorno la violenza che continua in tutti i Territrori Palestinesi occupati e circondati da Israele e  il  coordinatore speciale per il processo di pace in Medio Oriente,  Tor Wennesland, ha nuovamente esortato il Consiglio di sicurezza dell’Onu ad adottare un approccio più coordinato alla regione.

Wennesland ha detto ai potenti del mondo, in gran parte colpevoli di una guerra mai finita e di non aver imposto a Israele il rispetto di innumerevoli risoluzioni Onu,  che «I recenti sviluppi sul campo sono preoccupanti» ed ha evidenziato quanto sia drammatica la situazione in Cisgiordania e a Gaza e le sfide che deve affrontare la sempre più debole e screditata Autorità palestinese.  «Sottolineo quindi ancora una volta – ha detto – l’importanza degli sforzi concertati delle parti per calmare le acque. Temo che se non agiamo in modo rapido e deciso, rischiamo di precipitare in un’altra micidiale escalation di violenza». Il problema è che in Palestina la comunità internazionale non è mai intervenuta in modo rapido e deciso e che a Israele è stato consentito e viene consentito di fare quello (e di più) che per altri Stati avrebbe comportato sanzioni durissime e un boicottaggio internazionale.

Wennesland ha informato il Consiglio di sicurezza dell’Onu che, «Nell’ultimo mese, le violenze hanno provocato la morte di quattro palestinesi, tra cui due bambini, e il ferimento di altri 90, tra cui 12 bambini, a causa dell’azione delle Forze di sicurezza israeliane (ISF). Nello stesso periodo, un civile israeliano è stato ucciso e nove civili, tra cui una donna e un bambino, e sei membri delle ISF sono rimasti feriti».

Come se non bastasse, «Una grave crisi fiscale ed economica sta minacciando la stabilità delle istituzioni palestinesi in Cisgiordania.  Allo stesso tempo, la violenza in corso e le misure unilaterali, tra cui l’espansione degli insediamenti israeliani e le demolizioni, continuano ad aumentare le tensioni, alimentano la disperazione, erodono la posizione dell’Autorità palestinese e riducono ulteriormente la prospettiva di un ritorno a negoziati significativi».

Se nella Striscia di Gaza il cessate il fuoco concordato da Hamas col governo israeliano resiste, l’inviato speciale ha fatto però notare che «Sono necessarie ulteriori misure da parte di tutte le parti per garantire una soluzione sostenibile che alla fine consenta il ritorno delle legittime istituzioni del governo palestinese nella Striscia».

Ma è tornato soprattutto a denunciare la principale causa di tutto quel che sta succedendo in questi giorni: «La violenza legata ai coloni rimane a livelli allarmanti. Nel complesso, coloni e altri civili israeliani nella Cisgiordania occupata hanno perpetrato circa 54 attacchi contro palestinesi, provocando 26 feriti. I palestinesi hanno perpetrato 41 attacchi contro i coloni israeliani e altri civili, provocando un morto e nove feriti. Ci sono stati alcuni annunci di costruzione di nuove unità abitative negli insediamenti, tutti gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale e rimangono un ostacolo sostanziale alla pace».

Nel frattempo, le autorità israeliane hanno anche avanzato piani per costruire circa 6.000 unità abitative per palestinesi nel quartiere occupato di Gerusalemme Est di al-Issawiya e circa 1.300 unità abitative per palestinesi che vivono nell’Area C (una delle aree amministrative della Cisgiordania occupata, concordata in base all’Accordo di Oslo).  L’inviato speciale ha accolto con favore questi  passi, ma ha esortato Israele a «Portare avanti più piani e a rilasciare permessi di costruzione per tutti i piani precedentemente approvati per i palestinesi nell’area C ea Gerusalemme est».

Passando alla situazione nella più grande prigione a cielo aperto del mondo, la Striscia di Gaza. l’inviato speciale ha affermato che «Sono proseguiti gli sforzi umanitari, di recupero e di ricostruzione, insieme ad altri passi per stabilizzare la situazione sul terreno. E’ incoraggiante il graduale allentamento delle restrizioni all’ingresso di merci e persone, ma la situazione economica, della sicurezza e umanitaria rimane gravemente preoccupante».

Wennesland  ha anche denunciato «La precaria situazione finanziaria dell’United Nations  Relief and Works Agency for Palestine Refugees (UNRWA), alla quale quest’anno mancano ancora 60 milioni di dollari per sostenere i servizi essenziali.  L’agenzia deve ancora pagare gli stipendi di novembre di oltre 28.000 dipendenti delle Nazioni Unite, inclusi insegnanti, medici, infermieri e operatori sanitari, molti dei quali sostengono le famiglie allargate, in particolare nella Striscia di Gaza, dove la disoccupazione è alta».

Una situazione disperata ed incancrenita, alla quale il mondo – compresi i Paesi arabi – guarda ormai distrattamente, ma dalla quale potrebbe partire la nuova scintilla che infiammerebbe il Medio Oriente in una nuova guerra disperata tra le vittime di una politica “realistica” e chi continua ad agire impunemente violando ogni norma internazionale.