Iran e Arabia Saudita riprendono i rapporti diplomatici. Pace fatta grazie alla Cina

Un accordo tra i due regimi che potrebbe cambiare le sorti della guerra nello Yemen e il mercato di idrocarburi

[13 Marzo 2023]

Dopo 4 giorni di serrati colloqui a Pechino, Ali Shamkhani, segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran, e Musaad bin Mohammed al-Aiban,  consigliere per la sicurezza nazionale dell’ Arabia saudita, hanno concordato di «Riprendere le relazioni, di riaprire le loro ambasciate e missioni entro massimo due mesi» ed evidenziano che «L’accordo include il rispetto della sovranità degli Stati e la non ingerenza negli affari interni”. I due Paesi nemici, leader del fronte sciita e del fronte sunnita e che si fanno guerra per procura in Yemen e Siria,  hanno inoltre deciso  di attivare un accordo di cooperazione sulla sicurezza che avevano firmato nel 2001 e uno ancora precedente su commercio, economia e investimenti.

Il mediatore dell’accordo tra la monarchia assoluta saudita e la repubblica islamica dell’Iran è stato Wang Yi, membro dell’ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC) e capo dell’ufficio del Comitato Centrale degli Affari Esteri del PCC  e membro del Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese e, presentando «Il contesto, la situazione concreta e i risultati dei colloqui» un portavoce del ministero degli esteri cinese ha affermato che «La Cina si aspetta che le parti saudita e iraniana rafforzino la comunicazione e il dialogo ed è disposta a continuare a svolgere un ruolo attivo e costruttivo a tal fine. Grazie agli sforzi congiunti di tutte le parti, i colloqui saudita-iraniani a Pechino hanno raggiunto risultati significativi. Le due parti hanno definito chiaramente una roadmap e un calendario per il miglioramento delle relazioni, gettando una solida base per le prossime cooperazioni tra le due parti e voltando una nuova pagina nelle relazioni saudita-iraniane. I colloqui e l’accordo raggiunto tra l’Arabia Saudita e l’Iran sono un esempio per i Paesi della regione di risolvere i conflitti e le differenze e di raggiungere il buon vicinato attraverso il dialogo e la consultazione, il che favorisce la liberazione dei Paesi regionali dalle interferenze esterne e la presa nelle mani proprie del loro destino futuro. Le parti saudita e iraniana hanno sottolineato ancora una volta la loro adesione ai principi della Carta delle Nazioni Unite e alle norme fondamentali delle relazioni internazionali, come la non interferenza negli affari interni di altri Paesi e la volonta di stare al passo con i tempi. La Cina apprezza molto tale atteggiamento delle due parti e si congratula con loro».

Per Wang, «Questa è una vittoria per il dialogo e una vittoria per la pace, fornendo notizie buone e importanti e inviando segnali chiari al mondo travagliato di oggi. L’Ucraina non è l’unico problema in questo mondo. Ci sono molte altre questioni relative alla pace e al sostentamento delle persone che richiedono l’attenzione della comunità internazionale».

Il vero vincitore è il presidente cinese Xi Jinping, fresco del terzo mandato quinquennale conferitogli dal PCC che nei giorni scorsi ha rilanciato una campagna per sfidare l’ordine liberale occidentale guidato dagli Stati Uniti, avvertendo Biden di non passare la linea rossa del «conflitto e confronto». Anche l’Onu ha accolto favorevolmente il riavvicinamento saudita-iraniano e ha ringraziato la Cina per il ruolo svolto: «Le relazioni di buon vicinato tra Iran e Arabia Saudita sono essenziali per la stabilità della regione del Golfo», ha detto il portavoce Onu Stéphane Dujarric.

L’acordo tra iraniani e sauditi è un vero schiaffo in faccia al premier israeliano Benjamin Netanyahu e al suo giro di vite contro i palestinesi e probabilmente la nostra premier Giorgia Meloni non riuscirà a mantenere la promessa fatta a Netanyahu durante la sua recentissima visita a Roma di lavorare per rinsaldare il patto anti-iraniano che alcuni Paesi arabi avevano stretto con Tel Aviv contro Teheran.

L’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett è convinto che l’accordo rappresenti «Un colpo critico agli sforzi per costruire una coalizione regionale contro Teheran» e Bennet ha accusato l’attuale governo di estrema destra di Netanyahu: «Il ripristino delle relazioni tra i sauditi e l’Iran è uno sviluppo grave e pericoloso per Israele e rappresenta una vittoria diplomatica iraniana […] Questo è un incredibile fallimento del governo Netanyahu ed è il risultato di una combinazione di negligenza diplomatica, generale debolezza e conflitto interno nel Paese».

Un alto funzionario israeliano che venerdì ha accompagnato Netanyahu in Italia ha cercato di incolpare il precedente governo e l’amministrazione Biden: «C’era un senso di debolezza americana e israeliana, quindi l’Arabia Saudita si è rivolta ad altri canali. Imembri del governo precedente dovrebbero chiedersi perché i colloqui Iran-Arabia Saudita siano iniziati durante il suo mandato del 2021». In realtà era stato lo stesso Netanyahu ad aver addirittura ipotizzato un’alleanza militare con i sauditi in caso di attacco massiccio contro l’Iran per impedirgli di sviluppare la sua industria nucleare e la bomba atomica (che gli israeliani hanno e i sauditi vogliono).

Anzi, la ruota sembra girare nella parte opposta: Mohammed Abdulsalam, portavoce del movimento yemenita sciita Ansarullah. che controllo il nord dello Yemen e la capitale Sana’a e che è in guerra con l’Arabia saudita e i suoi alleati, ha subito seguito le indicazioni dei suoi alleati iraniani che arrivano dal vertice di Pechino: «La regione ha bisogno del ripristino di relazioni normali tra i suoi Paesi affinché la Ummah islamica riacquisti la sicurezza perduta a causa dell’interferenza straniera e, soprattutto, dell’ingerenza americano-sionista. Gli interventi stranieri hanno agito nella direzione di sfruttare le differenze regionali e hanno utilizzato l’iranofobia per creare conflitti e aggressioni nello Yemen»

In Libano, Il segretario generale di Hezbollah, Seyyed Hassan Nasrallah, ha dichiarato che «Il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita non andrà a scapito dello Yemen, della Siria e della Resistenza».

E un altro ex potenziale (e di fatto) alleato di Israele, il regno di Giordania fedelissimo degli Usa, si rallegra per l’accordo e per la possibilie svolta. In un’intervista rilasciata all’agenzia ufficiale russa Ria Novosti, l’ex ministro della cultura e della gioventù, Mohammed Abu Rumman, apre a Tehran: «Abbiamo bisogno di normalizzare le relazioni con l’Iran. Secondo me, la normalizzazione delle relazioni tra Giordania e Iran è una cosa necessaria per la diplomazia giordana. Auspico che tutti gli ostacoli che si trovano di fronte a questo si dissolvano» Rumman ha ricordato che «Nel 2016 la Giordania ha ritirato il suo ambasciatore dall’Iran su sollecitazione dell’ Arabia Saudita. La Giordania ha interessi in Siria e Iraq. Questi interessi saranno rafforzati se si svilupperanno le relazioni tra Giordania e Iran. La Giordania non ha più alcun motivo per non far tornare il suo ambasciatore in Iran».

La risposta di Netanyahu che è in gravi difficoltà interne per le gigantesche proteste contro la sua riforma della giustizia, è stata un nuovo bombardamento contro “postazioni iraniane” in Siria e l’uccisione di diversi militanti palestinesi nei Territori Occupati. E la risposta del presidente degli Stati Uniti Joe Biden  è stata quella estendere per un anno lo stato di emergenza contro l’Iran firmato il 14 novembre 1979 dall’allora presidente Usa  Jimmy Carter.

In realtà gli Usa hanno in realtà fatto diplomaticamente buon viso a cattivo gioco e l’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha detto che gli Stati Uniti  accolgono con favore «Qualsiasi sforzo per aiutare a porre fine alla guerra nello Yemen e allentare le tensioni nella regione del Medio Oriente». Ma il Dipartimento di Stato Usa ha subito aggiunto: «Certo, resta da vedere se il regime iraniano onorerà la sua parte dell’accordo».

Secondo il principale analista per l’Iran dell’International Crisis Group, Naysan Rafati, «Non è chiaro se i risultati saranno positivi per gli Usa. Il rovescio della medaglia è che in un momento in cui Washington e partner occidentali stanno aumentando la pressione contro la Repubblica islamica , Teheran crederà di poter rompere il suo isolamento e, visto il ruolo della Cina, di poter avere la copertura delle grandi potenze».

Quel che è certo che con questo accordo con la dittatura saudita il regime repressivo dell’Iran prende una boccata d’aria e non a caso a febbraio l’intransigente presidente di destra dell’Iran, Ebrahim Raisi era stato ospite per lunghi colloqui a Pechino con i leader comunisti della Cina che è tra i principali acquirenti di petrolio saudita. Xi aveva visitato Riyadh a dicembre per incontri con le petromonarchie sunnite del Golfo ricche di petrolio, cruciali per l’approvvigionamento energetico della Cina, ma che ospitano basi militari statunitensi e NATO.

Jeffrey Feltman, ex alto funzionario Usa e Onu e attuale membro del think tank Brookings Istitution è molto diretto: «Questo sarà probabilmente e correttamente interpretato come uno schiaffo in faccia all’amministrazione Biden e come prova che la Cina è la potenza in ascesa». E anche per Jon Alterman, il direttore del programma per il Medio del Center for Strategic and International Studies, «La partecipazione della Cina rafforza la sua crescente influenza, che contribuisce alla narrazione di un declino globale della presenza americana. Il messaggio non proprio sottile che la Cina sta inviando è che mentre gli Stati Uniti sono la potenza militare dominante nel Golfo, la Cina è una potente presenza diplomatica».

Dopo aver firmato l’accordo, il saudita Al-Aiban ha ringraziato l’Iraq e l’Oman per la mediazione tra l’Iran e e l’Arabia saudita e ha aggiunto: «Pur apprezzando ciò che abbiamo raggiunto, speriamo che continueremo a continuare il dialogo costruttivo».

Il  presidente del Parlamento iraniano, Mohammad Baqer Qalibaf, ha sottolineato che «La ripresa delle relazioni con Riad è un passo importante per la stabilità della regione e del Golfo Persico e per lo sviluppo politico ed economico della cooperazione a livello regionale. Auspico che l’altra parte dimostri la sua buona volontà, non interferendo negli affari interni dell’Iran e che prenda decisioni benevoli in merito alle questioni regionali, in particolare su Libano, Yemen e Palestina».

Le nazioni del Medio Oriente sono sempre più legate al gigante asiatico e, prima dell’accordo con l’Iran, il ministro degli esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan al-Saud, aveva ricordato che «La Cina è il principale partner commerciale di Riyadh, come la maggior parte dei paesi arabi. Per noi la Cina è un partner importante e prezioso in tanti campi. Abbiamo ottimi rapporti di lavoro in tanti settori. Ma come abbiamo detto e ripetiamo sempre, cureremo i nostri interessi. E li cercheremo in Occidente e in Oriente».

Trita Parsi, diplomatico statunitense in Asia con l’amministrazione Obama e vicepresidente esecutivo del Quincy Institute,  ha definito  l’accordo «Una buona notizia per il Medio Oriente. La Cina è diventata un attore che può risolvere le controversie piuttosto che vendere armi alle parti in conflitto. La domanda è se questo sia un segno di ciò che accadrà in futuro. Potrebbe essere un precursore di uno sforzo di mediazione cinese tra Russia e Ucraina quando Xi visiterà Mosca?».

Intanto il ministero degli esteri cinese si gode il successo diplomatico e assicura: «Rispettiamo lo status dei paesi mediorientali come proprietari di questa regione e ci opponiamo alla concorrenza geopolitica in Medio Oriente. La Cina non ha intenzione e non cercherà di riempire il cosiddetto “vuoto” o stabilire blocchi di esclusione. La Cina sarà un promotore di sicurezza e stabilità, un partner per lo sviluppo e la prosperità e un difensore dello sviluppo del Medio Oriente attraverso la solidarietà».

E la Cina passa subito all’incasso: secondo il Wall Street Journal, ha invitato l’Iran e i paesi arabi del Golfo a tenere un vertice a Pechino quest’anno tra l’Iran e i Paesi del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti). Un summit prospettato da Xi Jinping nel dicembre 2022, a margine del vertice arabo-cinese di Riyadh, che aveva ottenuto subito il consenso di Teheran.

Che qualcosa stesse rapidamente cambiando lo si era capito il 9 marzo, quando il ministro degli esteri saudita aveva annunciato che «L’Arabia Saudita intende rafforzare le relazioni in tutti i campi con la Russia e allo stesso tempo fare ogni sforzo per facilitare una soluzione diplomatica del conflitto in Ucraina. Siamo pronti a lavorare con tutte le parti per trovare una soluzione pacifica». Il ministro degli esteri russi Lavrov aveva risposto: «Mosca è grata agli amici sauditi per la loro posizione equilibrata e il genuino interesse a facilitare il progresso verso una soluzione politica».