I rifugiati eritrei intrappolati nella guerra del nel Tigray

Bloccati gli aiuti umanitari che potrebbero salvare la vita a decine di migliaia di persone

[28 Luglio 2021]

Il portavoce dell’United Nations high commissioner for refugees (Unhcr) Babar Baloch – ha detto che l’Agenzia Onu per i rifugiati «E’ profondamente preoccupata per la difficile situazione di migliaia di rifugiati eritrei attualmente bloccati in due campi profughi nel Tigray, in Etiopia, mentre i combattimenti tra gruppi armati si intensificano all’interno e intorno ai campi».

Tra l’apparente indifferenza dell’Italia per la tragedia in corso da mesi nelle sue ex colonie sabaudo/fasciste abissine ed eritree, circa 24.000 rifugiati eritrei fuggiti dalla dittatura si trovano in trappola nei campi di Mai Aini e Adi Harush, nell’area di Mai Tsebri, nel Tigray e Babar ha denunciato che «Sono soggetti a intimidazioni e vessazioni e vivono nella paura costante, privati ​​degli aiuti umanitari. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto dal campo di Mai Aini informazioni inquietanti e credibili che almeno un rifugiato è stato ucciso da elementi armati che operano all’interno del campo. Quest’ultima morte si aggiunge all’omicidio di un altro rifugiato avvenuto il 14 luglio».

L’Unhcr esorta tutte le parti in conflitto a «rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale, compreso il rispetto del carattere civile dei campi profughi, nonché il diritto dei rifugiati e di tutti i civili a essere protetti dalle ostilità».

Babar ha sottolineato che «Il nostro personale non ha avuto accesso ai campi profughi nelle ultime due settimane. I rifugiati intrappolati hanno urgente bisogno di assistenza salvavita. L’acqua potabile scarseggia, non è disponibile alcun servizio sanitario e la fame è una minaccia reale. L’ultima distribuzione di cibo nei due campi è avvenuta alla fine di giugno, con razioni per un mese».

I recenti scontri armati hanno provocato lo sfollamento di migliaia di persone anche nello Stato etiope dell’Afar, confine con il Tigray a est, dove sono ospitati anche altri 55.000 rifugiati eritrei. Secondo alcuni rapporti, sono in corso scontri armati vicino ai luoghi dove vivono i rifugiati eritrei. Intanto, la principale via di rifornimento umanitario tra Semera nell’Afar e la capitale del Tigray Mekelle (Macallè), riconquistata dalle milizie del Tigray People’s Liberation Front, è completamente bloccata dal 18 luglio. I soccorsi dell’Unhcr, come quelli di altre Agenzie e ONG, sono bloccati a Semera dal governo centrale etiope.

Il direttore esecutivo del World Food Programme (WFP) David Beasley, ha detto che la sua agenzia il 29 luglio finirà il cibo in Tigray: «Circa 170 camion che trasportano cibo e altre forniture sono “incagliati” nella vicina regione di Afar. Chiedo che questi camion possano circolare ora. Nel Tigray sono necessari 100 camion di questo tipo al giorno. La gente ha fame».

L’Unhcr «esorta tutte le parti in conflitto a garantire un accesso umanitario immediato e garantire la sicurezza degli operatori umanitari che stanno facendo del loro meglio per fornire assistenza salvavita».

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sta cercando di raggiungere entro quest’anno almeno 2,3 milioni di persone con l’assistenza sanitaria, ma finora, dal 1 maggio, è stata in grado di aiutare solo  87.000 persone con servizi sanitari.

La portavoce l dell’Oms Fadéla Chaib, ha ammesso che «Da questo si può vedere che tra le esigenze che abbiamo e ciò che siamo stati in grado di fare il divario è molto ampio. Vogliamo rifornire strutture sanitarie e ospedali, poiché le forniture sanitarie stanno arrivando in quantità limitate nell’area e alcune strutture sanitarie sono state saccheggiate o danneggiate. Inoltre, gli operatori sanitari non possono essere pagati. Quindi, ci sono problemi di denaro, carburante, forniture sanitarie, sicurezza e accesso in questa regione».

L’OMS è profondamente preoccupata per il crescente rischio di grave malnutrizione nel l Tigray e ha ricordato che «L’anno scorso e l’anno precedente, in questa regione non erano mai stati segnalati più di 300 casi di malnutrizione acuta grave ogni settimana».

La Cahib conclude: «Da metà maggio di quest’anno, abbiamo assistito a un aumento significativo e preoccupante del numero di casi di malnutrizione acuta grave segnalati a settimana, in metà dei siti che siamo stati in grado di visitare e segnalare. C’è quindi una reale sottostima della malnutrizione nella regione. Dal 1° al 15 luglio sono stati ricoverati e curati nei centri un totale di 458 bambini affetti da malnutrizione acuta grave dal programma di stabilizzazione per gli ospedali della regione di Mekele. Quando c’è un bambino che soffre di malnutrizione grave e contrae una malattia come la malaria o il morbillo, è davvero una condanna a morte per il bambino. Con 92 centri di stabilizzazione, l’Oms ha bisogno di 200 centri in più per fornire l’assistenza sanitaria necessaria, perché è un’esigenza sanitaria molto specializzata quando si tratta di bambini o adolescenti. o anche di adulti che soffrono di malnutrizione grave».