Haiti in mano a bande criminali, senza governo e piegata da cambiamento climatico e deforestazione

Haiti: stato di terrore e disastro politico

Il Paese più povero delle Americhe rischia di scomparire dall’agenda internazionale

[17 Giugno 2022]

La Rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per Haiti, Helen La Lime, ha informato il Consiglio di sicurezza Onu del rapido deterioramento della sicurezza nel Paese più povero delle Americhe s e sui preoccupanti focolai di violenza nella capitale Port-au-Prince. Haiti, che non si è mai ripresa dal catastrofico terremoto del 2010, è praticamente un Paese senza governo dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse avvenuto nel luglio 2021. La La Lime ha detto che «I colloqui sulla formazione di un futuro governo, sono in una situazione di stallo prolungata».

Intanto il Paese, che deve fare anche i conti con gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici e della deforestazione, è praticamente nelle mani di bande criminali organizzate.

Solo a maggio, la Police Nationale d’Haïti (PNH) ha denunciato 201 omicidi intenzionali e 198 rapimenti, quasi 7 casi al giorno.

La rappresentante speciale Onu per Haiti ha demnunciato che «Le orribili violenze che hanno colpito le periferie di Cité Soleil, Croix-des-Bouquets e Tabarre tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, durante le quali donne e ragazze sono state particolarmente esposte a violenze sessuali, non è che un esempio dello stato di terrore in cui è precipitato Il cuore politico ed economico di Haiti».

Nella capitale Port-au-Prince, la morsa delle cosche mafiose si allunga inesorabilmente. I rapimenti e gli omicidi sono aumentati rispettivamente del 36 e del 17% rispetto agli ultimi cinque mesi del 2021. Helen La Lime, che dirige anche il Bureau intégré des Nations Unies en Haïti (BINUH), ha ricordato ai potenti del mondo che in un Paese poco lontano dalle coste del più potente stato del Mondo e da New York, «Decine di scuole, centri medici, aziende e mercati hanno dovuto chiudere. Molte persone sono intrappolate nei loro quartieri o addirittura nelle loro case. Almeno altre 17.000 persone sono state sfollate dalle loro case e molte di loro faticano a trovare i beni di prima necessità (cibo, acqua e medicine). Il traffico lungo le principali strade nazionali che collegano la capitale al resto del Paese è gravemente compromesso poiché le bande hanno eretto barricate per limitare l’accesso alle aree che controllano, compromettendo gravemente la circolazione delle merci».

Di fronte a  quello che ha definito «Un pervasivo e crescente sentimento di insicurezza», la La Lime ha evidenziato «L’apparente incapacità della polizia di affrontare la situazione e la manifesta impunità con cui vengono commessi atti criminali che indeboliscono pericolosamente lo Stato di diritto nel Paese».

La rappresentante speciale di Guterres ha raccontato al Consiglio di sicurezza Onu che «Meno di una settimana fa, il tribunale di Port-au-Prince è stato invaso da una gangs  locale, che ha saccheggiato e bruciato file e reperti, mentre, in altre parti del Paese, i vigilantes agiscono  contro i sospetti membri delle gangs stanno godendo di un crescente sostegno popolare.

La La Lime ha chiesto «L’assistenza immediata degli Stati membri dell’Onu per sviluppare la Police nationale haïtienne in modo che possa combattere la crescente criminalità e violenza. Alla polizia di Haiti al momento mancano risorse umane, materiali e finanziarie per adempiere efficacemente al proprio mandato».

Gran parte di questa instabilità deriva dal prolungato vuoto istituzionale che sta vivendo Haiti: il Parlamento non si riunisce da due anni e mezzo e l’assassinio del presidente Moïse  ha scioccato il Paese e la sua gia screditata classe politica. La rappresentante speciale ha fatto notare che «Ad oggi, le molteplici iniziative e proposte per andare avanti hanno prodotto pochi risultati concreti. Il BINUH si concentra sul rilancio dei contatti tra le parti, attraverso una serie di incontri informali, con l’obiettivo di trovare una strada verso possibili elezioni future».

La giustizia è ormai quasi completamente paralizzata, come evidenzia lo stallo delle indagini sull’assassinio del defunto presidente Moïse: in 11 mesi si sono succeduti ben 5 giudici incaricati delle indagini. I problemi incancreniti del sistema giudiziario haitiano sono: risorse finanziarie e materiali limitate, scioperi frequenti e deterioramento della sicurezza. Per questo la rappresentante speciale dell’Onu  ha evidenziato che «Sono necessari sforzi risoluti non solo per consentire ai tribunali di trattare e processare una miriade di casi pendenti, ma anche per ridurre in modo sostenibile i livelli di detenzione preventiva prolungata. Inoltre, il Governo e le istituzioni giudiziarie competenti devono trovare urgentemente un consenso sulla nomina dei giudici della Corte suprema affinché le sue attività possano riprendere. E’ inoltre necessaria un’azione sulla riforma del codice penale, per allineare il quadro alle norme e agli standard internazionali».

La La Lime ha aggiunto che «La protratta insicurezza e la protratta incertezza politica, combinate con una terribile situazione economica e crescenti bisogni umanitari, stanno seriamente ostacolando lo sviluppo socioeconomico del Paese, aggravando le disuguaglianze economiche e minando gli sforzi di costruzione della pace. Con il prodotto interno lordo in contrazione dell’1,8% nel 2021, i bisogni umanitari continuano a crescere, soprattutto a seguito del terremoto che ha devastato la penisola meridionale lo scorso agosto. Quest’anno, si prevede che circa 4,9 milioni di haitiani avranno bisogno di assistenza umanitaria, inclusi almeno 4,5 milioni di persone che dovrebbero aver bisogno di aiuti alimentari di emergenza».

La La Lime teme che la poverissima e sfortunata Haiti venga completamente dimenticata dal mondo occidentale del quale teoricamente fa parte e ha concluso: «E’ essenziale che Haiti rimanga in prima linea nelle preoccupazioni della comunità internazionale e che le autorità haitiane ricevano un’assistenza adeguata per affrontare queste sfide. Tuttavia, solo gli haitiani hanno la chiave per uscire dalla lunga crisi del loro Paese. Il BINUH continuerà a incoraggiare tutte le parti a impegnarsi in modo costruttivo e a unirsi per tracciare un percorso comune verso un ritorno alla democrazia».