Haiti: non c’è più tempo da perdere per rispondere all’aumento della fame e della violenza

Senza una rinnovata e robusta assistenza umanitaria, Haiti affronterà la carestia

[12 Dicembre 2022]

E’ difficile credere che a sole due ore di volo da Miami, l’incredibile cifra di 4,7 milioni di persone – metà della popolazione di Haiti – sia alle prese con una crisi alimentare. Nel quartiere Cité Soleil di Port-au-Prince, 19.000 persone soffrono la fame a livello di “catastrofe” sulla scala globale per misurare l’insicurezza alimentare.

Negli anni ’80 visitavo Haiti durante i viaggi di famiglia; mia madre era fuggita negli Stati Uniti negli anni ’60 e io sono cresciuto nella periferia di Washington, DC. Il Paese allora era molto povero ma in grado di autoalimentarsi. Ora, mentre assisto alla sua lotta, coordinando la risposta del World Food Programme, non posso negare di sentirmi colpito a livello profondamente personale.

Parlo creolo. Sono cresciuto mangiando riso djon djon e zuppa joumou . Sono sempre stato profondamente consapevole della ricca storia di Haiti.

Negli anni ’90 ci furono una serie di colpi di stato e un embargo commerciale; le persone rischiavano la vita per partire sulle barche. Le politiche liberiste hanno rovinato i piccoli agricoltori di Haiti e hanno lasciato il Paese fortemente dipendente dalle importazioni di cibo. E’ seguita una serie di disastri, tra cui il terremoto del 2010 e l’epidemia di colera, l’uragano Matthew nel 2016 e il terremoto del sud del 2021.

Ora, le cose sono a un punto di rottura. Questa crisi non passerà: ha bisogno di una rinnovata e robusta assistenza umanitaria.

Spesso mi viene chiesto perché le cose vadano così male, così vicino alla casa adottiva della mia famiglia. Rispondo che Haiti muore di fame perché le gangs hanno preso il controllo di porti e strade. Questo ha tagliato fuori le comunità sia dalle fattorie che le nutrono sia dagli aiuti umanitari essenziali. Nell’ultimo anno, i prezzi del cibo e del carburante sono saliti alle stelle.

A settembre sono scoppiate proteste e diffusi saccheggi. I blocchi stradali hanno portato il Paese a un punto morto, quello che gli haitiani chiamano peyi lok (blocco). Il peyi lok iniziato il 12 settembre è stato molto simile a quelli che si sono verificati in tutto il mondo durante i primi mesi della pandemia di Covid, tranne per il fatto che le persone ora sono costrette a restare a casa dalla paura e dalla violenza, piuttosto che da una pericolosa malattia.

Gruppi armati avevano sequestrato il principale terminal di importazione di carburanti, bloccando i flussi di gasolio, linfa vitale dell’economia. Anche gli operatori umanitari sono stati attaccati; due dei magazzini del WFP sono stati saccheggiati, privando migliaia di persone di aiuti alimentari essenziali. Per il personale del WFP, raggiungere l’ufficio significava superare blocchi stradali e resistere alle minacce.

Durante il peyi lok, sono esplosi gli acquisti dettati dal panico. Gli scaffali dei supermercati si sono assottigliati con il passare dei giorni. Di recente ho incontrato un gruppo di donne a Cité Soleil mentre aspettavano il cibo tanto necessario dal WFP. Hanno detto che il lavoro è difficile da trovare, che semplicemente non possono permettersi di comprare il cibo di cui hanno bisogno. Hanno detto che stavano bevendo acqua piovana. Per cena a volte fanno bollire l’acqua e aggiungono sale perché semplicemente non c’è nient’altro da mangiare. Mentre parlavamo, risuonarono spari e proiettili ci passarono sopfra. Purtroppo, il popolo di Haiti è stato condizionato dalla violenza e dalla fame.

In questo contesto, quest’anno il WFP e i suoi partner hanno fornito cibo a oltre 1 milione di haitiani, comprese oltre 100.000 persone dopo il lockdown. L’unico modo sicuro per entrare e uscire da Port-au-Prince è l’aereo. L’UN Humanitarian Air Service , gestito dal WFP, ha aiutato a traghettare carichi vitali per la risposta al colera. Ma mentre le razioni di emergenza e i ponti aerei manterranno in vita le persone, non offriranno loro un futuro.

I gruppi armati non hanno più il controllo del terminal di rifornimento di Varrreux, ma occupano ancora parti della città. La loro morsa sulla società haitiana deve finire. Le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite a coloro che le sostengono sono un passo nella giusta direzione. Ma il lavoro umanitario ad Haiti ha bisogno di un cambio di rotta.

Soprattutto, dobbiamo aiutare gli agricoltori haitiani a sfamare la loro gente. Il WFP sta lavorando con 75 cooperative agricole per fornire pasti agli scolari.

Grazie a questo programma, ogni giorno di scuola, 100.000 bambini ricevono un pasto scolastico di provenienza locale. Ma i disordini sociali tengono i bambini lontani dalle scuole e gli agricoltori dai mercati. Il peyi lok deve finire, in modo che la ricostruzione dei sistemi alimentari distrutti di Haiti possa riprendere.

Quello che Haiti sta vivendo ora non è semplicemente un periodo di instabilità che si placherà come parte di un ciclo regolare a cui il mondo è abituato. Haiti sta attraversando una crisi senza precedenti che può solo peggiorare, a meno che non agiamo in fretta e con maggiore urgenza da parte di tutti noi.

di Jean-Martin Bauer  

Haiti country director for the UN World Food Programme